(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Jean-Luc Mélenchon, che dopo il primo exit poll arringa la folla in Place de la République, tronfio, supponente, come un Napoleone ad Austerlitz e mentre ingiunge a Macron, ora e qui, l’incarico per formare il nuovo governo è la prima istantanea del mistero buffo francese. Di un fraintendimento collettivo (sondaggi compresi) dove tutti hanno ballato a turno la Marsigliese per poi alla fine chiedersi perplessi (tutti tranne il compagno Bonaparte): e adesso come ne usciamo?

Il Nouveau Front Populaire ha vinto le elezioni ma i socialisti, che hanno più che raddoppiato i seggi, e i verdi festeggiano con sobrie dichiarazioni evitando di accodarsi al leader della France Insoumise, il cui programma gridato profuma di immediata bancarotta dei conti pubblici. Come al solito si palesano due sinistre almeno: quella che sogna la rivoluzione e poi casca dal letto; quella con i piedi piantati per terra dei Glucksmann e Ruffin che già dialoga con il centro meno sottomesso al marito di Brigitte.

A Emmanuel Macron avevano attribuito una dichiarazione della vigilia troppo saggia per essere sua: una vittoria magari risicata del Rassemblement per costringere la peggiore demagogia continentale a governare problemi sociali giganteschi, dopodiché come dopo una febbre salutare Marine e Bardella sarebbero tornati nell’angolo spianando nel 2027 la strada dell’Eliseo a qualche nuovo figlio delle élite. Poi tutto è andato per aria, cosicché l’inquilino dell’Eliseo ora si muove smarrito come un bambinetto tra le macerie del Lego sovrastate da una bandiera rossa. È la fotografia, del casinista che fa le pentole ma non i coperchi (“machiavellico”, si sbrodola Renzi massimo esperto di catastrofici testacoda). La terza immagine la dobbiamo a Stefano Montefiori che sul Corriere della Sera si chiede “che cosa penserà il famoso elettore di Rn, uno dei dieci milioni? Forse si sentirà disprezzato, trattato da cittadino di serie B”. Ha detto al Fatto Gérard Biard, caporedattore di Charlie Hebdo che “c’è una enorme frattura sociale con una frangia della Francia periferica che la sinistra ha lasciato da parte: gli operai, gli abitanti dei piccoli centri”. E che oggi gli unici a non farli sentire sbagliati sono quelli di Rn “quando sia la destra istituzionale che la sinistra li hanno crocifissi ed esclusi, con le riforme economiche o con le politiche per l’ambiente”. Dieci milioni di voti che ora si sentono truffati e potrebbero incazzarsi di brutto. “Il bullo, il casinista e i fregati”. Potrebbe essere il titolo del prossimo western francese.