(Giancarlo Selmi) – Ha uno strano concetto di giornalismo la presidento. Le piace un giornalismo che non s’immischia. Un giornalismo che non va oltre la superficie delle cose. Semplicemente: le piacciono i lecchini. Se fosse stato così, come lei pretende, non ci sarebbe stato il Watergate. E, forse, perfino Vespa avrebbe potuto competere per il Pulitzer.

Fortunatamente non è così. Il giornalismo d’inchiesta esiste. E copre una esigenza primaria di tutti, in una democrazia, la necessità di essere informati. Anche, e soprattutto, su quanto la politica vuole occultare, riuscendo spesso a farlo. Ha fatto bene il presidente Giuseppe Conte a chiedere la difesa del giornalismo d’inchiesta. E sul fatto che quel tipo di giornalismo ci protegga dai soprusi di una politica sempre più dominante e protagonista.

Le parole di Donzelli prima, e quelle ancora più gravi di Meloni dopo, comunicano insofferenza. L’insofferenza del potere, la stessa già palesata da altri, vedi Renzi. Un’insofferenza che denota solo una cosa: la voglia di avere mani libere. Cosa non proponibile in nessun sistema che si richiami ai valori della democrazia.

Meloni faccia pulizia in casa propria, se ci riesce. Prenda le distanze dalle urla inneggianti al fascismo e al nazismo e dai gesti connessi. Se ci riesce. Condanni fermamente le manifestazioni di antisemitismo e di razzismo. Se ci riesce. Chieda scusa, visto che i protagonisti sono gli stessi con i quali lei giubilò, e che abbracciò su un palco. Ma lasci in pace i giornalisti. Che, per definizione, non sono infami né appartenenti ad alcun servizio segreto. Ma professionisti che, quando fanno bene il loro lavoro, come in questo caso, sono garanzia di democrazia.