Il 57% degli italiani pensa che all’estero si possano costruire una carriera e una vita migliori. In dieci anni più di un milione hanno lasciato il Paese
![Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte](https://www.repstatic.it/content/nazionale/img/2024/06/29/214311884-b7381c1c-3bbf-4cf0-95aa-75cedce3c8b9.jpg)
(Ilvo Diamanti – repubblica.it) – Viviamo tempi difficili. Soprattutto per i giovani. Perché il mondo intorno a loro – e a noi – è sempre più “critico”. Agitato da guerre e da “crisi” economiche ricorrenti. Così è difficile, per loro, pensare a progetti di vita (e lavoro) stabili oltre confine. Come in passato. Quando la “migrazione” dei giovani dall’Italia, per motivi di studio e lavoro, ha costituito un progetto ricorrente. Secondo le stime dell’Istat, infatti, gli italiani fra 20 e 34 anni emigrati verso i principali Paesi europei, dal 2011 al 2021, sarebbero circa 400 mila.
Ma la cifra, delineata da altri istituti statistici europei, è quasi tre volte superiore. Cioè, oltre un milione. E la differenza si spiega con la prudenza dei giovani espatriati nel segnalare la propria presenza all’estero, quando non si tratta di un trasferimento definitivo. Per non perdere alcuni benefici essenziali, come l’assistenza sanitaria italiana. Questi dati sono sufficienti a suggerire come le preoccupazioni sollevate da molte parti – politiche e non solo – di fronte al fenomeno migratorio siano inadeguate. Perché si riferiscono, principalmente, all’immigrazione “esterna”. Agli stranieri che provengono da altri Paesi. Mentre sottovalutano l’e-migrazione dei nostri giovani, che vanno altrove. Per motivi di studio e lavoro. E spesso non rientrano. Il problema, peraltro, è accentuato dal declino demografico che accentua il declino del nostro Paese. Il numero medio di figli per donna, infatti, in Italia è 1,2 mentre in Europa, dove pure risulta in calo, si attesta su 1,46.
È, quindi, significativo e inquietante osservare i dati del sondaggio condotto da Demos. Che rileva come quasi il 60% degli italiani (per la precisione, il 57%) intervistati sia d’accordo con l’affermazione: “per i giovani che vogliano fare carriera l’unica speranza è andare all’estero”. Si tratta di una misura in calo rispetto al decennio scorso, quando aveva superato il 70%. Ma appare comunque molto elevata. Troppo, per un Paese che invecchia. E non riesce a motivare i giovani, che continuano a (pre)vedere il proprio futuro altrove. Oltre i nostri confini.
Il grado più elevato di consenso all’idea migratoria, riferita ai nostri giovani, si osserva presso coloro che hanno più di 30 anni. Fra i quali supera il 70%. Circa tre persone su quattro, fra gli “adulti” (30-64 anni) pensano, infatti, che occorra lasciare l’Italia. Migrare altrove, per costruire un progetto professionale pro-positivo. Solo gli anziani, con 65 anni e oltre, esprimono un’idea diversa. Probabilmente, pensano a se stessi. Non tanto per motivi egoistici. Ma perché non sopportano l’idea di essere circondati da vecchi – come loro.
Anche il livello di istruzione influenza gli atteggiamenti sull’argomento. La vocazione migratoria, alla ricerca di percorsi di studio e lavoro che favoriscano le possibilità di carriera, cresce fra quanti dichiarano un livello di istruzione – e dunque un titolo di studio – più elevato. Tuttavia, non si osservano grandi differenze sulla base della professione svolta. È interessante, peraltro, osservare come la convinzione più ampia, al proposito, emerga fra gli operai e, in misura un po’ più ridotta, fra i tecnici e i lavoratori autonomi. Comunque, tra figure professionali con posizioni diverse, più e/o meno elevate, su base professionale. Appare significativo, invece, il sostegno limitato verso l’idea di spingere i giovani a studiare e fare esperienza professionale in altri Paesi, fra i liberi professionisti. E i disoccupati. Per ragioni, probabilmente, opposte. I liberi professionisti: perché pensano che il loro ambiente costituisca un luogo di formazione e di perfezionamento efficace. E utile. Senza ri-volgersi altrove. I disoccupati: perché vedono la migrazione dei giovani come una fuga da un Paese che dovrebbe affrontare la questione del “non lavoro”, anzitutto, in casa propria.
È, comunque, necessario valutare la questione del lavoro giovanile in relazione stretta con la questione europea. Perché i giovani sono una “generazione europea”. Che considera l’Europa la propria casa.
Più che una “generazione Z”, infatti, si tratta di una “generazione E”. Europea. Sulla quale investire le nostre speranze per un futuro diverso. E migliore. Perché i giovani sono “il nostro futuro”. Anzi. Sono “il futuro”. E senza di loro rischiamo di rassegnarci a “un eterno presente”. Che scivola indietro. Verso il passato.
importiamo schiavi e mafie ed esportiamo gioventù istruita e coraggiosa,
a noi restano cuochi e camerieri e forse manco loro.
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I nostri giovani, anche laureati, vanno in UK a fare i camerieri per “imparare l’inglese”. I giovani che arrivano in Italia dall’estero lo parlano già. Come mai nessuno ha ancora riformato il nostro sistema scolastico introducendo dalla 1a superiore lezioni esclusivamente in inglese e, ammettendo, che l’inglese è ormai indispensabile?
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Un articolo che ha un fondamento di verità ed allo stesso tempo è ben condito da abbondante dose di politically correct.
Alcune storie le ho già raccontate in altri commenti e ne avrei da scrivere al riguardo.
Le faccio brevi
L’ex bracciante calabrese incontrato a Braunschweig in Germania; non una parola di tedesco, inglese ancora meno; era li; in Caabria non gli registravano nemmeno le “giornate” che gli avrebbero consentito di prendere “la disoccupazione”, a manna dal cielo.
Il cameriere di Marsala, incontrato a Kapfenberg in Austria; un paesino, molto carino, sconosciuto alla stragrande magggioranza dell’umanità; aveva lasciato un lavoro nella sua cittadina a 700€ al mese senza orari e senza conoscere riposi per un lavoro in regola con ferie pagate, busta paga regolare, malattia, meglio retribuito, riposi regolari.
L’ingegnere sardo qui in Lussemburgo; che aveva un lavoro a casa sua, regolare ma che non gli permetteva di vivere; mentre qui pagando 1500€/mese di affitto per 50 mq riesce ad andare anche al ristorante.
Due OPERAI, uno del Senegal ed uno della Costa D’Avorio; che hanno vissuto per anni in Italia ed adesso sono sempre qui in Lussemburgo.
Questa però la racconto, si verifica in Italia.
L’azienda per la quale lavoro ha un uffico commerciale a Milano, quando sono in Italia ogni tanto ci vado.
Una mattina vado al bar che c’è nel complesso dove ci sono gli uffici a prendere un caffè e sento due, uno un pò più avanti negli anni, l’altro un giovane neolaureato, credo appena assunto, parlare tra di loro.
Udendo la loro conversazione capisco che sono due ingegneri chimici; appartenendo alla stessa brutta razza non mi riesce diffcile intromettermi.
Ci mettiamo a parlare e mi fanno delle domande riguardo al mio lavoro ed altrettanto faccio io con loro.
Durante la conversazione mi dicono che nelle aziende farmaceutiche ( loro fanno impianti per l’industria farmaceutica) non ci sono grossi problemi di sicurezza.
Al che io replico che è vero, in altre aziende del comparto chimico che trattano prodotti infiammabili o prodotti corrosivi ci sono molti più problemi di sicurezza; avendo lavorato per l’industria microelettronica , sempre in ambito chimico, sapevo benissimo che in ambito farmaceutico ci fossero problemi legati alla qualità.
Al che il tizio pià “anziano” mi dice che trovava la mia figura professionale interessante, mi da il suo biglietto da visita e mi dice che loro cercavano personale con le mie caratteristiche.
Facci in pensiero, mi dice.
Trovai la cosa estremamente lusinghiera, per di più in un ambito che mi ha da sempre interessato quale l’ambito farmaceutico.
Li incontro il gorno dopo e mi chiedono dove ero in trasfrta, rispondo e nel corso della conversazione mi dice che erano andati recentemente a “farsi un talco” in Cina.
Primo dubbio: “azienda farmaceutica” (??????), che “fa un talco” ( certo non mi apsettavo che, da azienda italiana andassero in giro a fare impianti per la produzione di fattore VIII , un farmaco che serve a fermare l’emorragia negli emofiliaci, o l’Urokinase, un farmaco che serve per sciogliere i grumi trombolitici) ma kazzo un talco!!!!???
Arriva il venerdì e la mattina incontro una delle segretarie; la vedo che aveva il viso provato; le faccio qualche domanda e mi risponde che stava preparando i pagamenti per il personale trasfertista e tra le cose figuravano i rimborsi kilometrici ed il carburante
Al che io chiedo: ma non avete vetture aziendali o una convenzone con società di noleggio auto?
Risposta: si ma solo per i dirigenti
Comprensione: I trasfertisti sono usati come bancomat.
Sono ancora qui
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