L’Alta velocità soffre perché è al limite, ma il vero problema sono le autostrade

Viaggi da incubo: code e ritardi per i 55 milioni di italiani che si spostano ogni giorno per lavorare

(lastampa.it) – Solo ieri sulla rete dell’alta velocità un «incidente tecnico» ad un treno sulla Roma-Firenze poco dopo aver lasciato la stazione Tiburtina, un «inconveniente tecnico» alla linea Milano-Bologna all’altezza di Piacenza ed una persona investita da un treno sulla Verona-Bologna hanno prodotto la solita sequenza di ritardi a cascata. Attorno alle 11, tanto per fare un esempio, alla stazione di Bologna, tutti i treni dell’alta velocità risultavano in forte ritardo: 120 minuti il Frecciarossa per Roma delle 9.47, 100 minuti l’Italo delle 10.06 per Torino, 80 minuti due treni per Venezia, dai 30 ai 55-75 minuti un’altra decina di convogli. Non è andata meglio a quanti hanno scelto l’autostrada: bastava ascoltare ieri pomeriggio «Rai Isoradio» per avere notizia di disagi altrettanto seri: 12 chilometri di coda per un mezzo in fiamme a Fabbro sulla A1 Firenze-Roma, 3 km di coda in direzione opposta e del solito imbuto («code a tratti») in zona galleria di Valico.

Disagi quotidiani per milioni di italiani

Storie di ordinario disagio per chi si deve spostare su e giù per l’Italia, o se vogliano una istantanea di quanto sia fragile (per le ragioni più disparate) la rete nazionale di trasporto dove ogni giorno si muovono 55 milioni di italiani usando bus, tram, metro, auto, pullman e treni lumaca e treni veloci. Più che le ferrovie, spiegano gli esperti, la vera criticità riguarda le autostrade. «Dopo gli anni Settanta, periodo in cui eravamo primi in Europa in termini di sviluppo della rete praticamente si è fermato tutto» spiega Antonello Fontanili, direttore di Uniontrasporti, società consortile delle Camere di commercio che si occupa di assistenza tecnica e progettuale in materia di infrastrutture, trasporti e logistica. «Ma non si è passati a modalità di trasporti più sostenibili – avverte Fontanili -. Infatti il trasporto su gomma di passeggeri e merci è cresciuto molto più rapidamente di quello ferroviario col risultato che oggi abbiamo reti stradali in gran parte congestionate, soprattutto nelle aree del Nord».

«C’è un problema di rigenerazione delle infrastrutture che vale un po’ per tutta Italia: è questo il nostri problema», spiega Ennio Cascetta, ordinario di Pianificazione dei sistemi di trasporto all’università Federico II di Napoli ed uno dei massimi esperti del settore. «Dal dopoguerra sino a tutti gli anni ’80 abbiamo realizzato quasi tutti i 7 mila chilometri di rete attuale, poi ci stiamo fermati mentre Germania, Franca e Spagna ci superavano. Parliamo di opere realizzate 50-60 anni fa che per poter durare per i prossimi 50 anni oggi hanno bisogno di interventi profondi».

«La sveglia forte e chiara» come la definisce Cascetta ce l’ha data il crollo del ponte Morandi. Dopo quella tragedia sono state riviste le norme che risalivano al 1960 e quindi è stata fatta tutta un serie di verifiche puntuali e dettagliate della staticità di ponti, gallerie e di tutto il resto per cui ora si rende necessario mettere in campo miliardi di euro di investimenti. «È un tema nazionale gigantesco, a cui peraltro il Pnrr non riserva nemmeno un euro – spiega l’esperto -. I soldi concretamente non ci sono per cui finirà che tutti i lavori li pagheranno gli automobilisti ed i camionisti attraverso i pedaggi».

Bianco e Brennero, il nodo dei tunnel

E sempre un problema di «rigenerazione» è quello che riguarda il Monte Bianco. «Abbiamo un doppio collegamento stradale, Monte Bianco e Frejus. In realtà è come se ne avessimo uno solo perché il tunnel del Bianco, nato come una bellissima opera di ingegneria di cui per anni siamo andati giustamente fieri, oggi è praticamente un fossile vivente, perché una galleria con una canna sola è incompatibile con tutti gli standard di sicurezza europei – spiega ancora Cascetta – . Sono anni che l’Italia chiede giustamente alla Francia di realizzare una seconda galleria scontrandosi però con una strutturale opposizione francese che non vuole un aumento del traffico pesante in val d’Isère. Peccato, perché una seconda canna consentirebbe tutt’altra tempistica dei lavori; che invece, se dovessero protrarsi per vent’anni come si prevede ora, farebbero uscire definitivamente il Bianco dalle rotte commerciali».

Oltre al Bianco, segnala a sua volta Fontanili, c’è il problema del Brennero su cui da tempo con l’Austria si consuma una battaglia diplomatica e legale, situazione che a breve potrebbe precipitare visto che appena dall’altra parte del confine c’è un ponte che deve essere completamente rifatto. «Si tratta di una situazione simile a quella del Bianco – sostiene il direttore di Uniontrasporti – ma almeno da questa parte, anche se vecchia di 150 anni, in attesa della nuova galleria di valico prevista per il 2032 c’è una alternativa ferroviaria che riesce ancora a performare bene. Sul fronte del Bianco, invece, non ci sono proprio alternative». Cascetta conferma: «Sul versante con la Francia la situazione ferroviaria è assolutamente lontana dagli standard di qualità e capacità che si richiedono oggi alle ferrovie europee. A parte la frana che la blocca la linea del Frejus risale all’800, roba da archeologia ferroviaria, ci possono passare pochi treni, corti e a costi molto alti».

E l’alta velocità è fragile anche lei? «Nel senso letterale del termine si può dire di sì, ma è una fragilità, in positivo, legata al suo successo» commenta Francesco Ramella, docente di trasporti all’Università di Torino. «Le linee sono saturate “a tappo” – aggiunge Cascetta – venisse realizzata una nuova linea Nord-Sud sono convinto che si saturerebbe pure quella». Solo le merci faticano a viaggiare spedite. «Mentre l’alta velocità ha cambiato il modo di muoversi dei passeggeri, sul fronte delle merci trasportate ci siamo fermati, tanto che gli obiettivi per il riequilibrio modale non potranno essere raggiunti: oggi il trasporto ferroviario assorbe appena l’11-12% contro il 18-20% di media europea quando si dovrebbe arrivare al 30% entro il 2030, ovvero domani. Impossibile». Le ragioni? «Mancano reti ferroviarie performanti e si tende sempre a dare la precedenza all’alta velocità, alla lunga percorrenza ed al trasporto locale e quindi le stesse imprese preferiscono il trasporto stradale anche se meno sostenibile».

Secondo Cascetta sul fronte ferroviario l’Italia è sulla strada giusta: «Tutte le grandi scelte che dovevano essere fatte l’Italia le ha fatte. È solo una questione di tempo. Ci sono il terzo valico, il tunnel di base del Brennero e la Napoli-Bari in costruzione, l’alta velocità al Sud tra mille discussioni è comunque partita – sintetizza -. Manca sono il completamento del Brennero, perché mancano ancora progettazione e finanziamento del raccordo con Verona». Quanto ai ritardi che affliggono la rete dell’alta velocità, a suo parere, una parte dei problemi è legata ai cantieri ed ai lavori in corso, «ma in buona parte saranno superati con l’intervento sul nodo critico di Firenze, dove dopo anni di discussioni sono finalmente partiti i lavori per la nuova stazione Av ed il bypass».

Reti e cantieri, i progetti in campo

Contromisure? Tra i tanti progetti Rfi ha da poco iniziato i lavori sulla tratta alta velocità tra Roma e Firenze investendo 200 milioni di euro nell’upgrade del sistema (l’Ertms) che controlla del distanziamento dei treni. Sul fronte autostrade, in base al decreto Aiuti quater, il piano di Aspi invece prevede di realizzare una dozzina di interventi: in particolare opere strategiche e attese da anni, come la Gronda di Genova e il passante di Bologna, dovrebbero essere approvati tra fine 2024 e inizio 2025. Per guadagnare tempo su questi ed altri lavori (vedere grafico dei progetti in campo) Aspi ha stanziato 250 milioni di euro per avviare i «lotti zero» e realizzare tutte le attività propedeutiche al decollo dei cantieri, dalla costruzione dei campi base alla rimozione delle eventuali interferenze, dalle indagini archeologiche alle bonifiche da ordigni bellici, sperando che il via libero definitivo ai progetti arrivi poi rapidamente.