Virginia Raggi? Era mal consigliata. Conte e Grillo? Non li sento più. Il “vaffa”? Andava dosato meglio. Mentre i 5 stelle rischiano di finire in polvere, intervista a una ex della prima ora

Roberta Lombardi, 50 anni (Armando Dadi / AGF)

(di Lorenzo D’Albergo – repubblica.it) – ROMA. «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente?». Cita Nanni Moretti la 5 Stelle che nel 2013 presentò agli italiani il Movimento di Grillo in streaming – dall’altra parte del tavolo c’era uno stupito Pier Luigi Bersani – per poi finire assessora nel Lazio con il dem Nicola Zingaretti presidente. Per dieci anni Roberta Lombardi ha fatto surf istituzionale cavalcando l’onda più sorprendente della politica italiana. Cadute e soddisfazioni. Come quella di vedersi affibbiare l’altisonante soprannome di “Faraona”.

Mentre la figlia Bianca Stella («Sì, Stella come quelle del Movimento») la chiama per la piscina, Lombardi ci rimugina su: «“Faraona” mi trasmetteva grandezza. Insomma, o sei la parente del tacchino o una figura di un certo standing. Un’imperatrice, una divinità».

Lo ammetta, la politica le manca.

«Sono un’attivista non praticante. Mi sono data ad altro».

Vita di palazzo e vita reale.

«Le ho sempre vissute entrambe. Sono sempre rimasta la Roberta che va al mercato dal lattaio e dal pescivendolo di fiducia».

Il limite dei due mandati le ha impedito di continuare. Un peccato, no?

«È una regola sana. Altrimenti anche nel Movimento sarebbero tutti preoccupati dalla riconquista del consenso personale. Invece bisogna essere radicali, non tiepidi dorotei in contraddizione con il motivo per cui è nato il M5S».

E il risultato delle Europee? Non c’erano big in lista.

«Ho visto altre forze salire e scendere. Non abbiamo mai preso così poco, ma alle Europee non siamo mai andati benissimo».

Tranchant, radicale. Un po’ antipatica?

«Mi servirebbe un elimina code per le persone a cui sto antipatica».

Virginia Raggi è ancora in fila.

«La verità? Ci volevano tenere lontane. Un peccato. Lei con la sua potenza mediatica e io con la mia potenza operativa avremmo rigirato Roma».

Sta dicendo che la Capitale ha perso un’occasione?

«Dico che ci hanno diviso scientificamente. Casaleggio mi incaricò di seguire la campagna delle Comunali in cui poi lei venne eletta sindaca. Con me c’erano Taverna e Di Battista. Già allora uscivano ricostruzioni che servivano a tracciare un solco tra me e Virginia. Quella narrazione è continuata con il direttorio».

Prima di lasciarlo ha detto qualcosa a Raggi?

«No, solo un “me ne vado”».

E poi?

«Ogni tanto ci scappa un messaggio… ma su temi personali. Io la vedevo in una certa maniera. Lei si è circondata di cattivi consiglieri».

Ecco la bocciatura.

«Roma da soli non si governa».

E qui arriva il secondo soprannome. La “Rompicoglioni”.

«Ne vado fierissima. Sono anche un po’ stronza. Per me significa non avere una sacra riverenza nei confronti di nessuno. Con me l’autorevolezza te la devi guadagnare, altrimenti ti passo sopra come un trattore. Chiedetelo a Grillo e a Conte. Lo sa bene anche Casaleggio. Così ho finito per essere una delle poche di cui Gianroberto si fidava».

Torniamo al famoso streaming.

«Sono stata percepita come rude, mi dispiace. Non avevo nulla contro Bersani. Era un tema politico, la mia era l’incredulità di che è entrato in Parlamento con un ruolo e si sentiva chiedere di far partire il governo in qualche modo, in qualsiasi modo. Mi sono cadute le braccia. Il mio era scoramento. De core».

Ai fan 5S piacque. Grillo e Conte li sente ancora?

«No, nessuno dei due. Qualche sms d’affetto con Grillo. Non ho più sentito Conte».

L’avvocato degli italiani.

«Un pragmatico disincantato. Non è la naturale evoluzione di quello che siamo stati, non è un segreto. Ma è una persona importante. Ha fatto il premier due volte e…».

E?

«Una volta grazie a me. In un’intervista a Repubblica ruppi per prima il tabù dell’alleanza 5S-Pd. Conte colse l’opportunità».

Gli sta dando dell’opportunista?

«Non userei mai questa parola per riferirmi a Conte».

Sono lontani i tempi del “vaffa”.

«“Il “vaffa” delle origini era sano. Ma andava dosato meglio».

Si sta pentendo?

«C’è un “vaffa” che non andava detto. Quello al fronte progressista, urlato in momenti inspiegabili. Ora con Conte vige la cura delle parole».

E con Zingaretti si è trovata bene?

«C’era poco in Regione, faceva il segretario. Gli ho fatto gli auguri per la candidatura. Mentre a Elly Schlein ho scritto dopo le elezioni, eravamo insieme nella conferenza delle Regioni. Ci occupavamo entrambe di ambiente. In giunta regionale avevo mano libera. E il Pd non mi è mai venuto a rompere. Ho ingaggiato tanti spalla a spalla… divertentissimo».

Per esempio?

«Con me le lobby delle rinnovabili le hanno provate tutte. Anche farmi avvicinare da gente insospettabile. Ha presente le chat delle mamme a scuola?».

Sì.

«Ecco, non vado oltre».

Da quel tunnel poi è uscita.

«Ma non sono stata mai avulsa dalla vita reale. Altrimenti non sarei nelle chat delle mamme, no? Ora mi manca la possibilità di incidere sulla vita quotidiana delle persone».

È il momento dei bilanci.

«A 50 anni ho capito cosa voglio fare da grande. Il tema centrale è la sostenibilità. Lavoro con le piccole e medie imprese come consulente».

Avrà anche un po’ di tempo libero in più.

«Sì, ho scoperto le serie tv. Grey’s Anatomy, Bridgerton, la Casa di Carta, New Amsterdam. E poi i libri. Ne ho uno bello cicciotto da leggere quest’estate: La donna dalle cinque vite: nasce aristocratica, diventa agente segreto e poi musa».

Cinque vite, 5 Stelle. Si rivede nella protagonista?

«Laurea, master, lavoro, capogruppo, assessora».

La Faraona.

«Una volta mi hanno chiamato anche “La Fenice”. Mi piace. Sono risorta dopo aver partorito la mia seconda figlia, non ero stata bene. Sono anche sopravvissuta alle grandi manovre di Di Maio, le Giginiadi. In questi dieci anni ho visto tanta merda e adesso faccio solo cose belle».