Antisemitismo, lasciano due cape della giovanile. Nell’inchiesta di Fanpage insulti anche a Schlein. Riunione tra Donzelli e la sorella della premier. E si studia un rimpasto nel partito

Meloni contro l’inchiesta su FdI giovani: “Metodi da regime”. E chiama in causa Mattarella: “È lecito infiltrarsi tra i partiti?”

(di Lorenzo De Cicco – repubblica.it) – Un lavoro di inchiesta come quella di Fanpage, “perché non è mai successo in 75 anni di storia repubblicana? perché Fanpage lo ha fatto solo con FdI? I fatti meritano di essere commentati, non provo imbarazzo e non ci sono ambiguità. Ma è consentito? lo chiedo ai partiti politici e al presidente della Repubblica”. Giorgia Meloni decide di rovesciare totalmente la linea di FdI. E lo fa nella notte, appena terminato il Consiglio europeo.

La sua è una reazione carica di rabbia, parla di “infiltrati nei partiti”, di “metodi da regime”, chiama in causa il presidente Mattarella. Sono ore di nervi tesissimi già per le nomine di Bruxelles e l’isolamento dell’Italia. In più le arrivano sul cellulare le frasi che i suoi «stupendi» (ipsa dixit) militanti di Gioventù Nazionale, la giovanile della fiamma, pronunciano contro Ester Mieli, senatrice di Fratelli d’Italia, ex portavoce della comunità ebraica di Roma.

“In altri tempi – aggiunge – sono i metodi che usavano i regimi, infiltrarsi nei partiti politici. Non è un metodo giornalistico, perché sono stati utilizzati anche degli investigatori. Se infiltrasse l’organizzazione giovanile di un partito politico che dice che è possibile occupare abusivamente le case – e io non ho mai istigato a violare la legge – quelli che candidano persone indagate per far parte della banda del martello, nel movimento giovanile potrebbe trovare qualcuno che dice cose sbagliate”.

Gli stralci della seconda puntata di Fanpage sulla “Gioventù meloniana” creano a via della Scrofa un problema politico interno da risolvere in fretta. Perché se nella prima puntata una giornalista infiltrata aveva ripreso i cori «duce, duce, duce» e addirittura il nazista «Sieg Heil», stavolta viene derisa una parlamentare di FdI. E conta soprattutto questo, nel giro Meloni: i rapporti con la senatrice e con la stessa comunità ebraica. Molto più delle altre sortite apologetiche sul fascismo, persino sul nazismo, o contro la segretaria del Pd, Elly Schlein, che i virgulti del melonismo vorrebbero «vedere impalata» (e dire che Meloni solo lunedì sosteneva che fosse l’opposizione a volere lei «a testa in giù»).

È a quel punto che la premier capisce che non si può continuare a fischiettare. Si sente dunque coi suoi colonnelli. Subito dopo sente Mieli. E le assicura: «Sono frasi intollerabili, interverremo». E infatti lo farà nel cuore della notte belga. Ma a modo suo. «Prendo atto che è una nuova frontiera dello scontro politico: da oggi è possibile infiltrarsi nei partiti politici e sindacati riprendere le riunioni e pubblicarle. È uno strumento che si potrà utilizzare a 360 gradi». E aggiunge: «Infiltrarsi nelle riunioni dei partiti politici è un metodo da regime». Ad ogni modo, conclude, «i sentimenti antisemiti sono incompatibili con Fdi».

Il capo dell’Organizzazione, Giovanni Donzelli, la sorella della premier, Arianna Meloni, segretaria politica di FdI, e il deputato a capo di Gioventù Nazionale, Fabio Roscani avevano passato ore a via della Scrofa, per capire come uscirne. Alla fine arriverà questa decisione, l’unica possibile: allontanare gli iscritti. Saranno «sospesi cautelativamente» ai probiviri. Poi espulsi. Ma Meloni, sottotraccia, è tentata dal non fermarsi qui. Da mesi rimugina su un rimpasto nella segreteria del partito, che non ha portato a dama per gli impegni di governo. Ma adesso, chiusa la pratica Ue, potrebbe intervenire. Non subito, perché per indole non ha proprio voglia di reagire per un’inchiesta giornalistica. Ma nelle prossime settimane.

Nel calderone di FdI, c’è chi arriva a ipotizzare che possa essere messo in discussione persino Donzelli, un fedelissimo, che ha retto il partito negli anni del boom. Altri ritengono l’ipotesi «lunare». Deciderà Meloni. Intanto, dalla mattina, Repubblica dà conto che le due dirigenti di Gn più inguaiate dall’inchiesta, le uniche coi galloni non di semplici militanti, si sono dimesse dai loro incarichi istituzionali.

La prima a farlo è Flaminia Pace, quella che irride Mieli. Si è dimessa dal Consiglio nazionale dei Giovani, organo che si interfaccia col governo. Era stata nominata in quota FdI. Pace si è dimessa una settimana fa. Quasi costretta dall’organismo. Ma via della Scrofa si era ben guardata dal darne notizia. Poi in tarda mattinata lascia il posto da capo-segreteria della deputata Lucaselli, un’altra esponente di Gn, Elisa Segnini. Aveva rivendicato di essere «razzista e fascista». Non è chiaro se sarà sospesa Ilaria Partipilo, presidente della giovanile a Bari e collaboratrice di Donzelli, che in chat scriveva: «Ebreo infame». Pure lo stato maggiore della fiamma, quando non si può più difendere l’indifendibile, prende posizione. Anche se con toni molto diversi.

La più netta è Chiara Colosimo, che si sarebbe sentita prima con Meloni. La giovane presidente dell’Antimafia non minimizza, non parla di casi isolati. Anzi, dice di essere «profondamente delusa» per lo spaccato che emerge della “sua” ex giovanile. Guido Crosetto, che missino non lo è mai stato, invoca «provvedimenti immediati ed esemplari». Durissimo – parrebbe anche con la gestione del partito – Fabio Rampelli, il capo dei Gabbiani: «Ora è il partito che deve dimetterli».

Altri sono decisamente meno netti. Donzelli condanna sì, alla fine, le uscite «razziste e antisemite», ma poi continua a prendersela con Fanpage. Il presidente del Senato bolla come inaccettabili «razzismo e antisemitismo». Non menziona mai il fascismo. «Ma lo sanno tutti che La Russa ha simpatie per il duce», sostiene il forzista Flavio Tosi. Dalla Lega si fa vivo con un commento blandissimo Matteo Salvini: «L’antisemitismo va combattuto». Per le opposizioni tutte è stato superato il segno.