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(lindipendente.online) – Julian Assange è stato liberato su cauzione dalla prigione londinese di Belmarsh ed è salito su un aviogetto all’aeroporto di Stansted a nord di Londra in direzione del suo paese natio Australia, con una tappa di due giorni (oggi e domani mercoledì) nelle Isole Marianne Settentrionali. Lì dovrà presentarsi davanti ad una corte statunitense, dichiararsi colpevole del reato di uso improprio di documenti ufficiali, ricevere una sentenza di cinque anni, ovvero quelli già trascorsi a Belmarsh, ed uscire dal tribunale come uomo libero. È previsto che raggiungerà poi l’Australia mercoledì sera. Le Isole Marianne Settentrionali costituiscono, dal 1986, un “territorio non incorporato” degli USA dopo essere stato un territorio fiduciario strappato ai giapponesi nel 1944 durante la seconda guerra mondiale. La corte marianna, che ha sede nella capitale Saipan, è la giurisdizione statunitense più lontana dalla terraferma USA e la più vicina all’Australia. Secondo Sarah Galashan, esperta legale dell’emittente canadese CBC News, il patteggiamento consisterà nell’accettazione di un documento già concordato con gli avvocati di Julian e depositato in tribunale insieme ad una lettera rivolta al giudice di Saipan. Il documento descrive in dettaglio l’asserito reato “commesso” da Assange insieme al suo informatore (whistleblower) Chelsea Manning, accettandolo Julian dovrà confessare in cambio di una sentenza di 62 mesi ma con il riconoscimento del tempo da lui già passato in carcere.
Presumibilmente verranno annullate le udienze del 9 e del 10 luglio davanti all’Alta Corte del Regno Unito, che doveva decidere sulla legittimità o meno della richiesta di estradizione di Assange negli Stati Uniti.
Lo scorso agosto, l’ambasciatrice degli Stati Uniti in Australia, Caroline Kennedy (figlia del Presidente J.F. Kennedy), aveva già lasciato intendere l’esistenza di trattative in corso per un non meglio specificato patteggiamento. Tuttavia, la famiglia di Assange – la moglie Stella Moris e il padre John Shipton – avevano sempre negato decisamente l’esistenza di qualsiasi trattativa.
La questione è infatti delicata: riconoscendosi colpevole di una serie di reati, anche se minori, Assange confermerà la tesi del Dipartimento di Giustizia statunitense secondo la quale è reato divulgare informazioni segrete, per quanto ciò sia nell’interesse generale a difesa del diritto dei cittadini di sapere gli eventuali misfatti dei loro governanti che questi cercano di celare ponendoli sotto Segreto di Stato. Si tratta di un precedente estremamente pericoloso per la sopravvivenza del giornalismo investigativo ed è in palese contrasto con una sentenza del 1971 della Corte Suprema statunitense che dichiarava perfettamente legale rivelare materiale segretato purché sia stato fatto, appunto, nell’interesse generale.
Già due anni fa, chi scrive, aveva ipotizzato l’esistenza di trattative tra Assange e le autorità britanniche e statunitensi, interpretando la misteriosa apparizione di una lettera scritta da Julian al Re Carlo in occasione della sua coronazione. Ora tutto è chiaro: quella lettera era, infatti, un segnale lanciato da Julian all’inizio delle trattative, per dire che non avrebbe scambiato la propria libertà per una promessa di silenzio una volta liberato e un impegno a non riattivare il suo sito WikiLeaks. Oggi, invece, dopo due anni di negoziati, sembra che Julian sia arrivato ad un compromesso in grado di soddisfare sia i suoi principi, sia le esigenze della giustizia oltre atlantico. Secondo quanto trapela, almeno fino ad ora, nell’accordo non vi sarebbe nessun impegno da parte di Assange in cui assicura di non ricominciare a fare attività giornalistica.
The Intercept, importante giornale di giornalismo investigativo, ha scritto oggi che «i difensori della libertà di stampa hanno accolto con favore la fine della saga di Assange, ma sono preoccupati per i risvolti». Il giornale cita poi Jameel Jaffer, direttore esecutivo del Knight First Amendment Institute della Columbia University: «Questo accordo prevede che Assange accetta la pena di cinque anni di carcere per attività che i giornalisti svolgono quotidianamente» e questo potrebbe risultare un pericoloso precedente.
Il condizionale è d’obbligo, però. Infatti, conosciamo i documenti in base ai quali il giudice di Saipan dovrà rilasciare Assange entro domani; ma non sappiamo le promesse fatte e gli impegni presi a monte della stipula del patteggiamento. Questo lo sapremo solo dai fatti, nei mesi a venire. Quello che conta per ora è che entro 48 ore Julian dovrebbe poter abbracciare non solo la moglie Stella, ma anche i figli Gabriel (anni 6) e Max (anni 4), i quali non hanno mai visto il loro padre in libertà. Quante festeggiamenti gioiosi ci saranno poi in tutto il continente australiano dove la popolarità di Julian non è continuata a crescere durante la prigionia, raggiungendo l’80% della popolazione.
Da oltre quindici anni Julian, che compirà 53 anni il prossimo 3 luglio, è stato braccato, confinato, imprigionato soltanto perché ha osato dire la verità in faccia al potere, quello che dovrebbe fare ogni giornalista. Ora il cofondatore di WikiLeaks potrà tirare un sospiro di sollievo e ripensare il suo futuro. Chissà quali sorprese ci riserverà.
[di Patrick Boylan – autore del libro Free Assange e co-fondatore del gruppo Free Assange Italia]
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Un altro che ha capito (è stato costretto a capire) che NON NE È VALSA LA PENA!
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Keyboard lyon?
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sono commosso per lui…e ammiro la sua risoluzione di liberta’….e l’esempio di tutti noi…
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…………….e così ci rosicchiano un altro pezzetto di libertà.
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Giù il cappello davanti a questo uomo.
Per capire quanto sia gigantesco Assange basta confrontarlo con gli gnomi delle orecchie a punta che infestano le nostre edicole e studi tv
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Assange è unico, qualunque figuretta si possa mettere a confronto sparisce per la vergogna.
Lui è Lui e basta. E’ un eroe. Ne nasce uno così forse ogni centinaio d’anni…
Pensare a Julian Assange riempie il cuore di speranza. Forse ce la possiamo fare…?
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Credo di sì, ce la possiamo fare, nonostante sia tutto impostato in maniera bipolare, anche la visione globale: da una parte il bene assoluto, pur con qualche timida critica volta a minimizzare i massacri compiuti dall’ occidente; dall’ altra le entità geopolitiche descritte e narrate secondo dettami appartenenti al suprematismo xenofobo e razzista su base geopolitica. Questo orrendo schema va abbattuto, con una pacifica ma ferma lotta di liberazione. E Assange ne ha tracciato il solco, indelebile.
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Ma voi credete seriamente che questo tipo di lotta possa essere alla portata dell’uomo, fosse anche il miglior Assange esistente? Siete, con tutta la stima che ho per voi, absit iniuria verbis, degli illusi!
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Ripropongo qui…
Assange libero, ma i crimini di guerra vengono assolti
Date: 25 Giugno 2024Author: ilsimplicissimus 1 Comment
La detenzione illegale del giornalista Julian Assange nella prigione britannica di Belmarsh è finalmente giunta al termine. Ma senza gloria per lui e senza onore per i suoi carcerieri, perché la liberazione che tutto il mondo chiedeva, salvo ovviamente i giornalisti occidentali, il cui mestiere è palesemente un altro, si è concretizzato nell’ambito di un putrido accordo che ha inferto un duro colpo alla libertà di stampa. Il fondatore di WikiLeaks, è ora in viaggio verso le isole Marianne che sono sotto la giurisdizione degli Stati Uniti: lì Assange si dichiarerà colpevole e sarà condannato a cinque anni di carcere, che ha già scontato a Belmarsh. Poi sarà libero di tornare in Australia.
La sua grave colpa è stata quella di aver rivelato i crimini di guerra degli Usa, come fece una volta Seymour Hersh durante la guerra del Vietnam: solo che allora gli Stati Uniti dovevano assolutamente conservare l’immagine patinata di Paese libero, perché esisteva il pungolo ideologico dell’ Unione Sovietica che fungeva in qualche modo da diga contro il rivelarsi dei più bassi istinti. Il risultato finale di tutto questo è decretare grottescamente che chi denuncia crimini di guerra deve andare in galera mentre rimane libero e riverito chi quei reali [reati, ndr.] li ha commessi o ordinati. Questo è il sistema giudiziario statunitense, secondo cui la colpa è denunciare chi svela le atrocità e non chi le [ha, ndr.] perpetrate. Così la vicenda mette bene in luce lo stato dei diritti fondamentali nell’Occidente, guidato dall’egemone USA e dai suoi vassalli europei.
Per fortuna oggi non c’è più bisogno di un eroe come Assange: gli Usa e i suoi alleati come Israele o i Paesi della Nato commettono ormai stragi alla luce del sole come dimostrano l’azione terroristica in Crimea e naturalmente la pulizia etnica nella striscia di Gaza. Sono giunti a tal punto di decozione etica da aver perso qualsiasi freno inibitorio, il che naturalmente accade regolarmente all’inizio della fine.
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“..possa essere alla portata dell’uomo..”
Dell’ uomo forse. Spero in una donna.
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Sì, vabbè, palla in tribuna.
Le donne moderne poi te le raccomando: fuck the EU!
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Gatto, si deve pur avere qualcosa in cui sperare, altrimenti bisogna fare harakiri…
E non arrendersi. Mai. Combattere fino alla fine e morire non da rassegnati ma da Persone non da zerbini, porca miseria!
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Ciò che volevo dire, non è perdere la speranza, ma saperla riporre nelle cose giuste. Altrimenti chiamarsi Chia o don abbonDIO non fa molta differenza.
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Possibile che nessun miserabile foglietto da W.C. si sia preso la briga e il coraggio di pubblicare un servizio decente su un fatto così eclatante?
Non so che combineranno i tiggì, tanto non li guardo…
Sono proprio disgustata di ‘sto paese zerbino, puah!
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