(di Emanuele Buzzi – corriere.it) – La resa dei conti nel M5S è ormai in atto. Gli attacchi si fanno continui da ambo le parti. E i big si schierano apertamente. Ieri è tornato a tuonare Beppe Grillo con un’intervista a se stesso (e un fotomontaggio con Giuseppe Conte in stile Ritorno al futuro) sul suo blog. Il garante usa toni più soft rispetto agli attacchi lanciati nel suo show («Conte ha vaporizzato il M5S»), ma mette paletti netti e decisi. 

Anzitutto, sembra appoggiare Virginia Raggi sulla linea politica del Movimento: «Dobbiamo tornare a proporre idee radicali e visionarie, smarcandoci da una collocazione che è vecchia e superata da decenni. Parlare di sinistra e destra è come parlare di ghibellini e guelfi». Poi stoppa l’ipotesi di un terzo mandato: «Il limite alla durata dei mandati è non solo un principio fondativo del movimento, ma è anche un presidio di democrazia fin dai tempi dell’antica Atene». Il fondatore punge il leader («Sono d’accordo con tutte le cose che dice. Che poi sono tre») e prova implicitamente a dettare un’agenda parlando di temi. 

Ma soprattutto propone velatamente un allargamento della cabina di comando del M5S. «Mi piacerebbe riprendere a fare gli stessi incontri che facevamo con Casaleggio. Quindi non solo con Conte, ma anche chi vuole darci una mano a tracciare la rotta dei prossimi anni», dice allusivo, con parole che sembrano indirizzate a Roberto Fico e e Virginia Raggi.

Le parole di Grillo innescano l’ala contiana. Il partito si spacca in due. «Il progetto del Movimento non può essere quello di 15 anni fa», dice all’Adnkronos la deputata Vittoria Baldino. Interviene anche Alessandra Todde. «Il Movimento 5 Stelle non è padronale, è una comunità di persone», dice la governatrice sarda. E attacca: «Adesso qualcuno, in maniera estemporanea, propone ricette, ma sono gli stessi personaggi che non ho visto in campagna elettorale e forse non sono neanche andate a votare». Il livore nei confronti del garante è notevole. E non mancano i propositi di vendetta. «Grillo è un nostro collaboratore, prende 300mila euro: perché non rendiconta l’attività di comunicazione? Se non lo fa, allora smettiamo di versare i soldi al partito». C’è chi invece vuole imporre il tetto dei mandati anche a lui: «Perché non lo deve avere anche il garante?».

Ad accendere l’anima contiana del Movimento ha contribuito l’editoriale di Marco Travaglio. Il direttore del Fatto indica colpe e responsabilità, a suo avviso, del crollo M5s: «C’entra semmai l’essere entrati con le mutande in mano nel governo Draghi». E ancora: «Conte, che all’epoca non era neppure iscritto ma lasciò fare, ha chiesto scusa a nome del Movimento. Ora toccherebbe a Grillo: se è vero che il M5S si è “vaporizzato”, la vaporizzazione risale al 2021 e porta la sua firma», scrive Travaglio, che non lesina altre critiche (dure) al garante. «Io commento i fatti», spiega Travaglio interpellato dal Corriere. 

«Il passaggio su Draghi è stato determinante». Il direttore del Fatto, tuttavia, getta acqua sul fuoco: «Non mi pare ci siano alle viste degli sconvolgimenti». Precisa: «Ora devono trovare una nuova piattaforma programmatica con idee forti, non devono decidere chi è il nuovo leader. Non ho sentito dire “cambiamo leader”». Ma condivide l’idea di un M5S né di destra né di sinistra: «È stata la loro fortuna e può esserlo ancora, visto com’è ridotta la “sinistra” guerrafondaia italiana ed europea. Il che non vuol dire rifiutare alleanze: quelle sono imposte dalla legge elettorale, altrimenti i 5 Stelle sarebbero ancora in piazza a urlare e non avrebbero realizzato nessuna delle riforme dei governi Conte 1 e 2».

È quindi Travaglio lo stratega dietro la linea politica stellata? Lui smentisce: «È una leggenda metropolitana. Mai avuto simili velleità: mi limito a scrivere ciò che penso e di solito non vengo neppure ascoltato. Scrissi che era un errore salvare Salvini dal processo Diciotti e l’hanno salvato, scrissi che entrare nel governo Draghi era un suicidio e ci sono entrati… Bello stratega, no?».