NESSUNA TRASPARENZA – I colossi del settore riescono a ottenere sconti differenti nei diversi Paesi europei. Così le nazioni più ricche pagano meno di quelle povere. È il caso del Kaftrio per la fibrosi cistica

(DI LORENZO BUZZONI, EURYDICE BERSI E MAXENCE PEIGNE* – ilfattoquotidiano.it) – “Se il documento salta fuori, rischiamo che si apra il vaso di pandora e l’azienda farmaceutica ci faccia una causa milionaria”. Questa è stata la reazione della direttrice di una azienda sanitaria (Asl) del centro Italia quando Investigate Europe(IE) l’ha contattata per avere spiegazioni su un atto di acquisto trovato online tra l’Asl e la casa farmaceutica Vertex per la fornitura di Kaftrio, un medicinale usato per curare la fibrosi cistica. Dopo la chiamata, l’Asl ha immediatamente rimosso dalla Rete il contratto che riportava il prezzo reale del medicinale pagato dall’azienda sanitaria, per errore reso pubblico. Questo perché in Europa e altrove non è dato sapere il prezzo reale di un farmaco. In cambio della riservatezza, le strutture sanitarie godono di uno sconto sull’acquisto del farmaco di Big pharma. In questo modo, “le aziende pensano di poter negoziare accordi migliori Paese per Paese, e gli Stati di poter negoziare accordi più forti. In particolare quei Paesi che hanno una maggiore potenza economica”, spiega Paul Fehlner, presidente dell’azienda farmaceutica reVision Therapeutics.

Una delle ragioni addotte dalle case farmaceutiche per mantenere il sistema segreto dei prezzi, che secondo alcune fonti è iniziato a diffondersi in Europa intorno al 2010, è che permette di fare prezzi differenziati nei vari Paesi europei, facendo pagare un prezzo minore ai Paesi meno ricchi. “Nel mercato farmaceutico globale, i prezzi di uno stesso prodotto variano da un Paese all’altro. Ciò è spesso vantaggioso per i Paesi più poveri, che possono accedere ai farmaci a un prezzo inferiore”, ha detto a IE Leif Rune Skymoen, direttore generale dell’Associazione dell’industria farmaceutica norvegese. L’inchiesta di Investigate Europe mostra un quadro diverso, dove in alcuni casi le nazioni ricche pagano meno di quelle dell’Europa centrale e orientale.

Partendo dai registri aziendali e dai dati sanitari e di bilancio delle autorità nazionali, IE ha elaborato una stima dei prezzi di alcuni farmaci usati per curare la fibrosi cistica, dividendo i ricavi locali di Vertex Pharmaceuticals, l’azienda che produce quei farmaci, con il numero dei pazienti in terapia nel 2022, in modo da ricavare il costo unitario del trattamento.

Se in Europa occidentale, la media, al netto dell’Iva, è stata stimata in circa 71.000 euro in Francia, 81.000 euro in Italia, 87.000 euro in Spagna e 88.000 euro nei Paesi Bassi, IE stima che il prezzo per paziente nel 2023 per la Polonia fosse di 109.000 euro, Iva inclusa, mentre nella Repubblica Ceca il costo annuale stimato nel 2022 è stato di 140.000 euro (non è chiaro se la cifra sia comprensiva o meno di Iva). In Lituania il governo ha dichiarato di essere pronto a pagare fino a 8,4 milioni di euro per fornire i farmaci per curare la fibrosi cistica a un massimo di 48 pazienti. Ciò potrebbe equivalere a 175.000 euro a persona.

I Paesi stringono accordi segreti nella speranza di contenere i costi, ma i prezzi dei farmaci innovativi sono aumentati ovunque. “I farmaci costosi sono una sfida crescente per i bilanci nazionali e per i singoli pazienti. I nuovi farmaci hanno un prezzo sempre più alto”, si legge in un report della Commissione Ue. Nei Paesi Bassi, la parte del budget ospedaliero nazionale per questi farmaci “è passata dallo 0,6 al 10% negli ultimi 15 anni”, afferma l’oncologo olandese Wim van Harten; un trend confermato anche dalle autorità norvegesi. In Italia, la spesa dei nuovi farmaci è passata da 5,17 miliardi di euro nel 2014 a 8,54 miliardi nel 2022, con una spesa farmaceutica complessiva (pubblica e privata) che ha toccato i 34 miliardi (circa 9 miliardi in più rispetto al 2012).

E intanto i profitti di Big pharma crescono. Ricercatori statunitensi hanno confrontato i profitti annuali di 35 grandi aziende farmaceutiche con quelli di 357 società di altri settori dell’indice borsistico S&P 500. Per il periodo 2000-2018, il margine di profitto lordo mediano dei gruppi farmaceutici era del 76,5%, mentre negli altri settori era del 37,4%.

“Con la trasparenza dei prezzi, tutti i Paesi saprebbero qual è il prezzo realmente pagato dagli altri Stati e quindi potrebbero mettersi d’accordo per fare in modo che il prezzo scenda”, dice Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto Mario Negri. Secondo lo scienziato, ciò non avviene perché “le condizioni dei vari Paesi sono diverse, come la differenza di reddito o la presenza o meno dell’industria farmaceutica nel Paese”.

Così, quando nel 2019 gli Stati membri dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno adottato una risoluzione, non vincolante, proposta dall’Italia dell’allora governo Conte, per migliorare la trasparenza sui prezzi dei farmaci, la Germania e il Regno Unito, sostenuti da Stati Uniti, Giappone, Svizzera, Danimarca e Svezia – tutti Paesi con importanti settori produttivi farmaceutici – hanno tentato in tutti i modi di indebolire la risoluzione. Alla fine è stato raggiunto un compromesso al ribasso che permette alle aziende farmaceutiche di non rivelare i costi di ricerca e sviluppo, i sussidi pubblici ricevuti e i dati degli studi clinici. Oltre ai prezzi dei farmaci negoziati al netto degli sconti.

Quando Giorgos Pamboridis, ex ministro della Sanità di Cipro, ha scoperto che alcune volte i loro prezzi erano “doppi, tripli o addirittura quintuplicati rispetto a quelli pagati da altri Paesi”, si è detto sconcertato dal fatto che l’Ue permetta a Big pharma di trattare i suoi membri in modo così diverso. Ci sono stati dei tentativi da parte degli Stati europei di unire le forze e negoziare insieme, tentativi che hanno portato a successi limitati. Quando nel 2017 dieci Paesi, tra cui Cipro, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna, hanno firmato la Dichiarazione della Valletta per cooperare nell’acquisto di farmaci, l’industria non ha mostrato alcun interesse e l’iniziativa si è arenata, hanno dichiarato diversi partecipanti a IE.

L’iniziativa Beneluxa (cioè la rete tra Austria, Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi) è riuscita a negoziare, seppure solo in tre casi, i prezzi di alcuni farmaci ad alto costo soprattutto con piccole aziende, ma Big pharma non è ben disposta a collaborare. “Le grandi aziende farmaceutiche non sembrano supportare questo tipo di iniziative”, dice Paolo Pertile, professore di economia all’Università di Verona. L’unica volta che le case farmaceutiche hanno negoziato a livello europeo è stato per i vaccini anti-Covid. Ma anche in questo caso i prezzi erano segreti. “Se l’Ue avesse usato la sua forza per non accettare clausole di riservatezza, avrebbe potuto cambiare le carte in tavola”, afferma Sabine Vogler, responsabile di Farmacoeconomia presso l’istituto nazionale austriaco per la salute pubblica.

Intanto, il sospetto che ogni volta che c’è un accordo di riservatezza qualcuno ottenga condizioni peggiori si è rivelato fondato quando nel gennaio 2022 è trapelato il prezzo del vaccino Covid di AstraZeneca. In Sudafrica il prezzo era 2,5 volte superiore rispetto alla maggior parte dei Paesi Ue.

*Tutti gli articoli pubblicati in queste due pagine e nelle due seguenti fanno parte dell’inchiesta “Prezzi mortali” di Investigate Europe