(di Giovanni Valentini – ilfattoquotidiano.it) – La televisione condiziona pesantemente il processo elettorale, sia nella scelta dei candidati, sia nel loro modo di combattere la contesa elettorale, sia infine nel far vincere chi vince. (da “Homo videns” di Giovanni Sartori – Laterza)

Senza nulla togliere alle capacità e ai meriti di Giorgia Meloni, convalidati dall’esito delle elezioni europee, è lecito chiedersi se – ed eventualmente in quale misura – il responso delle urne possa essere stato favorito dal controllo pressoché totale del potere politico sui mass media. Non è un quesito tendenzioso né tanto meno provocatorio. E non può neppure risultare sospetto, dal momento che proprio qui avevamo già denunciato l’influenza del governo in carica sul sistema dell’informazione e in particolare sulla televisione, pubblica e privata. Questo effetto s’è realizzato attraverso l’esposizione e la valorizzazione dei risultati vantati in 18 mesi dall’esecutivo, spesso sovradimensionati o addirittura contraffatti, esercitando una sorta di moral suasion, una persuasione occulta, quasi subliminale, sull’elettorato italiano. Ma chi governa, per dirla con Bersani, “non può raccontare che gli asini volano”.

Sono proprio i dati più sorprendenti e rilevanti dell’exploit elettorale di Fratelli d’Italia, per quanto legittimo e indiscutibile, a ispirare interrogativi di questo genere. Il governo Meloni risulta il più votato d’Europa; anzi, l’unico a essere stato rafforzato dagli elettori. Questo è avvenuto a scapito della Lega e a favore di Forza Italia che ha superato Salvini ed è diventato il secondo partito della coalizione. La stessa premier, nonostante che la sua fosse una candidatura-civetta, ha raccolto un consenso personale di due milioni e mezzo di preferenze, mentre il suo partito abbia perso circa 700 mila voti rispetto alle politiche di due anni fa. È chiaro, dunque, che – a parte le simpatie o antipatie personali – la presidente Meloni ha beneficiato in questa campagna elettorale di una sovraesposizione mediatica che ha accresciuto e amplificato le sue benemerenze. E chissà che cosa sarebbe accaduto se fosse stato autorizzato il controverso “duetto” televisivo con Elly Schlein su Rai 1, in violazione della par condicio. In compenso, ci ha pensato il direttore del Tg La 7 a compiacere la premier con uno “sketch imbarazzante”, come ha scritto Marco Travaglio, all’insegna di una “complicità tra comari”.

Non trascuriamo poi il trattamento di favore riservato a Giorgia detta Giorgia, nella doppia veste di presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, dalle reti televisive private che fanno capo al partito-azienda suo alleato. Non a caso Forza Italia è stata gratificata anch’essa dalle circolari interne emesse dall’immarcescibile Confalonieri, tanto da superare i combattenti e reduci della Lega. Si torna così al regime televisivo a reti unificate di berlusconiana memoria. Per non parlare, infine, della batteria di una dozzina fra giornali, giornalini e giornaletti della stampa padronale, di cui omettiamo i nomi per mancanza di spazio. Tutti puntualmente ospitati, compresi quelli clandestini o semi-clandestini, nelle rassegne stampa diurne e notturne di Raiset a lode e gloria della nostra “imperatrice”. Un battage propagandistico con un’informazione “drogata” che ha prodotto un one woman show quotidiano, di cui non ha goduto nessun altro premier europeo. Forse Giorgia Meloni avrebbe raggiunto gli stessi risultati anche senza questo bombardamento a tappeto. Ma non c’è una controprova. E invece la premier – se mai volesse – potrebbe dare ora un segnale concreto e apprezzabile avviando la riforma della Rai, per affrancarla dalla subalternità alla partitocrazia e al governo, magari riconoscendo una presidenza di garanzia alle opposizioni.