IL MOVIMENTO 5 STELLE – Dopo la débâcle. I conti Le liste senza traino, il teatro al posto della piazza, i vice rimasti in panchina: così sono spariti metà degli elettori

(DI LUCA DE CAROLIS – ilfattoquotidiano.it) – Ultimo venne il teatro, quel tour da solo sul palco come centro della campagna elettorale. Lui, Giuseppe Conte, primo attore e tutti gli altri sullo sfondo, ad ascoltare il caro leader. “L’idea di girare l’Italia negli spazi al chiuso evitando le piazze è stata tutta sua, di Giuseppe, e non le dico i commenti dei parlamentari in questi giorni…”, sbuffa un veterano del Movimento il giorno dopo la disfatta. Rispetto alle Politiche del 2022, quelle in cui issò il M5S a un miracoloso 15 per cento abbondante con 80 parlamentari eletti, l’avvocato ha smarrito per strada due milioni di voti e la sensazione di poter ancora essere ancora centrale nel gioco della politica. Ora invece questa caduta, che fa riemergere il fastidio per il Conte accentratore, quello che ha costruito un Movimento dove non ci potevano essere veri numeri due o numeri tre, senza una vera segreteria, dove il radicamento territoriale è rimasto una bella promessa. Un po’ perché “Giuseppe è rimasto scottato dagli anni delle lotte con Luigi Di Maio” sostengono, un po’ perché Conte è un leader più che un segretario di partito, e non ha mai fatto nulla per nasconderlo.
Ma ora i nodi, cioè certe scelte, presentano il conto. A cominciare da quella di non sfiorare il totem dei due mandati. “Beppe Grillo non vuole toccarlo” ripetono come eterna giustificazione dai piani alti. Ma chissà se e come il Garante avrebbe potuto dire di no alla candidatura di due nomi storici – e membri del comitato di garanzia, l’unico organo che conti davvero qualcosa, da lui voluto – come Roberto Fico e Virginia Raggi. Senza dimenticare che in panchina sono rimasti altri pretoriani come Paola Taverna, Alfonso Bonafede e Stefano Buffagni. E che Alessandro Di Battista, il figliol prodigo a cui negarono il rientro a casa per le Politiche, è rimasto a distanza con il suo notevole potenziale di voti. Risultato: liste fragili, zeppe di esterni sovente semi-sconosciuti, oltretutto visti con parsimonia in tv.
Così è naturale che dalle macerie del post urne risalga la richiesta di sciogliere l’ultima regola, nel Movimento che le ha superate o diluite tutte. Forse la prima delle urgenze, perché la sensazione è che tre o quattro parlamentari siano già pronti a traslocare altrove è più che diffusa. Ed è un problema di forma ma pure di sostanza, perché meno parlamentari significa anche meno restituzioni e quindi meno risorse, per un movimento – o simil-partito – che non ha più rossori nell’adoperare e chiedere fondi pubblici (vedi la richiesta del 2 per mille, invocata a suo tempo pure dagli iscritti).
Ma oltre a guardarsi in casa, Conte deve già decidere che fare con il Pd, che voleva trattare da pari a pari e ora è lontano un oceano lungo 14 punti. Ed è già questo il peggiore dei bivi. “Se scegliamo di starcene da soli, rischiamo di diventare un partitino, irrilevante, ma nel centrosinistra potremmo ridurci a fare la ruota di scorta” si macera un maggiorente. E ovviamente a questo dilemma si intreccia quello sulla rotta politica, e quindi sull’identità di un Movimento a cui il Pd di Enrico Letta aveva lasciato una prateria a sinistra, e ora invece vede certe parole d’ordine assediate o sottratte da Schlein (dal salario minimo alla riduzione dell’orario di lavoro). Mentre nel cosiddetto “centro”, Forza Italia tiene ed è un altro piccolo problema per l’ex premier.
Ora deve trovare un punto di equilibrio, l’avvocato che la sua prima vita l’ha trascorsa a mediare ai tavoli degli arbitrati. E forse stavolta non dovrà farlo da solo. Perché un’altra istanza che riaffiora è quella di una “vera segreteria”. Diversa dai cinque vicepresidenti – secondo lo stesso Conte talvolta troppo passivi, raccontano – certamente lontanissima dal Consiglio nazionale, organo infarcito di eletti e referenti vari che il leader non convoca praticamente mai.
Urge collegialità, si dicono i colonnelli che a Conte non vogliono rinunciare, ma che lo vorrebbero meno solitario nelle scelte, insomma meno autocrate. Talvolta troppo sicuro di sé, sussurrano. “Giuseppe ha sottovalutato Elly Schlein, credeva che le correnti del Pd l’avrebbero intrappolata, e invece…”, raccontano. E invece ora lei guida il presunto centrosinistra, e chi vuole seguirla è pregato di chiedere permesso.
Detto questo, c’è un Movimento che paga anche vecchie faide. “A Napoli siamo il primo partito, eppure per le spaccature tra le diverse fazioni locali non siamo riusciti a eleggere neppure un napoletano” fanno notare. Ruggini riaffiorate anche a Roma come in Sicilia. E questa non può certo essere solo colpa di Conte. L’avvocato che questa volta deve difendere innanzitutto se stesso.
È stato lasciato solo da Grillo e infatti osteggiato dal mitico, oggi Gargarante, che non ha mai nascosto la sua viscerale ostilità verso di lui. È una persona integra, che risulta naturalmente odiosa alle primedonne, ai piddi, ai frustrati e ai fasci. Se va avanti cosí non avrà vita lunga politicamente, in questa Italiaccia dove un votante sbraita e l’altro preferisce farsi le ***** pensando alla crana non ha futuro.
Secondo me dovrebbe rimanere per affrontare le prossime politiche, ma a una condizione: citofonare domani sera a casa di Di Battista, e andarsi a fare una pizza con lui. Per una chiacchieratina.
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Ah, adesso si va a chiedere consiglio ai duri e puri? Ma come: i duri e puri non fanno il paio con i frustrati, i quali a loro volta fanno il paio con le primedonne e i fasci? Te la do io la pizza!
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Hai ragione Martina, questo è anche il mio pensiero… i tempi richiedono che si faccia un salto di qualità, la tua intuizione è quella giusta.
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dovrebbe invitare anche la raggi, lezzi e laricchia, nella speranza che, visto il disprezzo manifestato nei loro confronti siano disposte ed accettare
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Ma quale disprezzo. Tutte sciocchezze.
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purtroppo questo movimento non sa fare opposizione. Tutte brave persone ma non guadagnano titoli sui giornali. Dopo l’ingresso nel governo Draghi ha perso il vero zoccolo duro di chi voleva la democrazia diretta che non tornerà. Per riportare quelle persone a votare c’è bisogno di un Dibattista che riprenda il discorso della democrazia diretta. Oggi il M5S è il partito dei poveri, ma i poveri per andare a votare devi convincerli, devi andare nei quartieri degradati a stare ogni domenica con lo stand a spiegare quello che succede. I poveri in genere non votano, informandosi attraverso pomeriggio5 o 5colonna mica attraverso il tg la7. Oggi il M5S ha ancora buoni messaggi ma mezzi di comunicazione non adeguati al target
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Il m5s ha diverse anime: secondo me ciascuna ha bisogno dell’altra. E come suggerivo piú su ora piú che mai queste dovrebbero sinergizzare (credo che la pluralitá di cui oggi ciancia goffamente la piddopapera armocromata secondo me sia ancora il lato migliore del popolo a 5 stelle), altrimenti la spinta del Movimento si esaurirà del tutto. Sarebbe un peccato: della nostra scena politica rimarrebbe solo il solito circo delle pulci italiota, per di piú geneticamente modificato.
Sui canali di informazione dei poveri io ho i miei dubbi, la gente con serie difficoltá ha altri ***zi a cui pensare. È compito della politica che ha a cuore il bene della gente cercare di risolvere i loro problemi e di contrastare il fascio, che invece dei loro problemi se ne sbatte.
Il miglior “target” è essere se stessi. Mio modesto parere.
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2.012.473 per la precisione, più 6 miGlioni, fanno 8.012.473!!!
Siamo tutti capaci di distruggere (e a costruire invece?), ho visto scritto stamattina: beh, con così tanto zelo, non proprio tutti.
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mai visto on gato fare el pastore!
brai solo a incalcarse de moreje e vomitar 😂
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De sicuro gnanca i cani!
Brai solo a majar quel che buta su i gati!
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Che Conte si prenda pure tempo per riflettere, ma facesse in fretta.
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Ma non si facesse intimidire.
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