Meloni senza freni attacca pm e Vaticano: “Sanzioni ai giudici”. È scontro con l’Anm

A "Dritto e rovescio" su Retequattro Paolo Del Debbio intervista Giorgia Meloni

(di Emanuele Lauria – repubblica.it) – La premier stronca le critiche di Zuppi al premierato: “Oltretevere non c’è una repubblica parlamentare”. Difende la separazione delle carriere e addita i magistrati: “L’arresto di Toti sotto elezioni”. Lite in maggioranza sulla riforma

ROMA — Giorgia Meloni mette alla sbarra i magistrati. Per dare forza alla riforma della giustizia, e difenderla dalle critiche dell’Anm, contesta alcune decisioni di giudici e pm, ne sollecita altre. La premier utilizza la ribalta offerta da Dritto e rovescio, su Rete 4, per giocare in contropiede. Andando dritta sui singoli casi. L’arresto del governatore ligure Giovanni Toti? «Guarda caso avviene in campagna elettorale». Deciderà Toti se dimettersi, dice Meloni.

Ma dopo la riforma, garantisce, «le cose funzioneranno meglio». Invoca sanzioni certe per le toghe che cadono in errore, spiega che l’istituzione dell’Alta corte disciplinare serve anche a questo. Addita «il pm che occultava le prove a favore dell’Eni e non è mai stato punito», con riferimento all’inchiesta bresciana che vede sotto processo i pubblici ministeri Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale. Meloni parla di «un giudice che durante una festa si è fatto baciare i piedi da un avvocato che poi è diventato suo imputato al processo. Per questo giudice – rimarca – non c’è stato un provvedimento disciplinare». E la leader finisce per denunciare pure la mancanza d’iniziativa delle Procure. Segnatamente quella di Torino: il sermone di un imam in Università a Torino, afferma la premier, è «il risultato di una cultura che combatto, per la quale la laicità dello Stato si deve applicare solamente contro la religione cattolica. A casa nostra la propaganda jihadista non si può fare e quindi mi aspetto che ci sia qualche magistrato che si occupi di questa persona». L’obiettivo della riforma, spiega, è quello di «liberare il Csm dalle correnti politicizzate». È un fiume in piena, Meloni, in una reprimenda che non risparmia i vescovi. Le critiche del presidente della Cei Matteo Zuppi sul premierato? «Non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare». La presidente del Consiglio, senza freni, usa di nuovo l’arma del sarcasmo.

La giustizia è il tema più scottante. L’Anm, d’altronde, non vuole fare sconti. I dettagli della mobilitazione annunciata saranno definite nel comitato del 15 giugno. «La riforma è contraddittoria, ambigua, nasconde aspetti pericolosi. Le nostre critiche – dice la vicepresidente Alessandra Maddalena – rimangono fermissime e siamo preoccupati da cittadini, perché vediamo una magistratura più debole, intimorita, che opererà secondo criteri burocratici. La mobilitazione potrà avere qualsiasi forma. Anche di carattere culturale».

Ad animare la maggioranza, intanto, c’è un braccio di ferro silenzioso. Vede contrapposti Forza Italia, che non perde occasione per rivendicare la paternità delle norme, e Fratelli d’Italia. Una sfida che riguarda la gestione del ddl costituzionale in Parlamento. Il partito di Tajani chiede con insistenza che l’esame del provvedimento parta dalla Camera, e segnatamente dalla commissione Affari costituzionali guidata dall’azzurro Nazario Pagano. Un modo per dettare i tempi dell’iter, per orientarne il cammino. Per tenere il cappello sulla riforma. Il partito di Giorgia Meloni è molto più prudente e vorrebbe dirottarla sul Senato, che già ha tenuto a battesimo il premierato. In ogni caso non ha intenzione di concedere favori agli alleati, a pochi giorni dalle Europee. Anche perché, si fa notare negli ambienti dell’esecutivo, il calendario di Montecitorio rischia di intasarsi, visto che alla Camera dovrebbe arrivare presto lo stesso premierato e in autunno ci sarà il bilancio. «Il governo non ha preso ancora alcuna decisione», si sottolinea in serata. E chissà se la questione sarà risolta prima del voto.