
(DI ELENA BASILE – ilfattoquotidiano.it) – La visita di Putin in Cina costituisce un’ulteriore tappa del percorso a cui la visione patologica del mondo dell’Occidente ha costretto la Russia che per decenni aveva bussato alla porta dell’Europa. Putin nel 2000, quando prende il potere, ha due obiettivi strategici: l’inserimento della Russia nelle strutture della governance economica euroatlantica e la ricostruzione della sovranità dello Stato. Fino al 2014 riesce a riconciliare l’indipendenza strategica di Mosca con l’esigenza di stabili rapporti economici con l’Occidente. Il colpo militare di piazza Maidan, ampiamente documentato, del 2014, lascia il Cremlino esterrefatto.
La scelta tormentata dell’annessione della Crimea per proteggere la base sul mar Nero di Sebastopoli avrebbe potuto dare inizio a uno sviluppo autarchico e togliere al presidente russo il consenso di quel blocco sociale ed economico che si era arricchito nei commerci e investimenti con l’Europa. La salvaguardia della sovranità russa non sembra più conciliabile con gli interessi dell’economia di Mosca. Del resto nel 2014 anche in Occidente la disintermediazione tra capitale e interessi della politica è avvenuta. L’Occidente rinnega la globalizzazione che aveva portato a una distribuzione del potere economico a vantaggio della Cina e degli emergenti. Si arrocca in una strategia che sarebbe giunta al friendshoring: si commercia e si investe solo con gli amici.
Nel 2014 l’annessione russa della Crimea è attuata da una leadership sgomenta ma ponderata. La rivolta alla pax americana che vuole desovranizzare Mosca è possibile perché all’ombra della Cina un nuovo mondo sta nascendo. La nuova Via della Seta, che avrebbe potuto implicare sviluppo e prosperità per l’area euroasiatica con ricadute importanti per i Paesi europei, era stata lanciata nel 2013. Nel 2014 la Russia firma con la Cina un accordo per 400 miliardi di dollari per la fornitura di energia e la costruzione di infrastrutture energetiche. Inizia una cooperazione economica senza precedenti che fortifica l’unione economica eurasiatica. Dal 2008 in poi, il mondo multipolare si delineava all’orizzonte. I Brics nascono nel 2020, si ingrandiscono e hanno nella contestazione dell’egemonia statunitense, che trova conforto solo nella supremazia militare, un cemento importante. È grazie alla Cina e al sud globale che Mosca vince contro la rischiosa scommessa iniziata nel 2014 e sopravvive alle sanzioni occidentali. Oggi è molto più forte di prima.
A Pechino, Xi e Putin rafforzano la collaborazione. Aumentano le importazioni russe di automobili elettriche cinesi e di componenti per l’industria della difesa come le esportazioni verso la Cina energetiche e del settore agroalimentare. Le stigmatizzate autarchie in geopolitica dichiarano comuni intenti di pace e di stabilizzazione del mondo. Il cessate il fuoco a Gaza con il rilascio immediato degli ostaggi e una conferenza di pace per pervenire alla soluzione dei due Stati. Putin appoggia la mediazione cinese, i 12 punti che continuano a rappresentare gli unici parametri di una diplomazia razionale e strategica. Con lo strabismo rituale, ex colleghi che ricevono prebende e posti al sole collaborando con think tank finanziati dagli statunitensi, mettono a tacere l’onestà intellettuale (saremmo noi i filoputiniani a tradire i valori della Repubblica?), ci spiegano che la Cina è dominante, che ha bisogno dell’Occidente restando lo scambio commerciale con l’Europa quasi il doppio di quello realizzato con Mosca. Sottolineano la subalternità russa. Non vedono tuttavia quella europea nei confronti di Washington.
In realtà, la Russia e i Brics si stanno allineando alla Cina che di fronte alle azioni illegali della finanza occidentale, estromissione di Mosca dallo Swift, sanzioni economiche e sequestro di 300 miliardi di fondi russi in euro), ha accelerato il processo di dedollarizzazione. I Brics crescono in numero, sostengono globalizzazione e riforma del multilateralismo, Onu e Osce, fine dei doppi standard occidentali, applicazione di regole chiare e non à la carte secondo gli interessi Usa, riforma della governance economica Fmi e Bm. Se l’Occidente fosse sano e lo spazio politico mediatico non corrotto, su questi temi si centrerebbe la riflessione. Si dovrebbe mettere a punto una strategia diplomatica di mediazione con Cina, Brics e Sud globale per le riforme richieste e per la stabilizzazione delle aree di crisi. Ma tronfie e arroganti, come i miei ex colleghi che venivano un tempo cooptati per la loro fedeltà nelle stanze dei bottoni e ora sputano il verbo sui giornali più letti, le classi dirigenti occidentali disprezzano l’altro, lo disumanizzano, lasciano alle generazioni future il debito impazzito, il fallimento della transizione verde, il sistema di sorveglianza digitale e i conflitti.
Di una lucidità straordinaria.
Grazie
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verde petrolio non solo per salottini e verande
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Non capisco il perchè l’occidente e l’europa in particolare dovrebbe mediare e cosa con la Cina.
Io non ho dimenticato quando comprai il pignone da 11 denti per la mia bici da corsa per il modico prezzo di 44€ e con due mesi di consegna.
Roba che prima acquistavo ad un quarto del prezzo ed in pronta consegna in un qualsiasi negozio di biciclette.
Cosi come non ho dimenticato quando, nell’azienda dove lavoravo prima, mi arrivavano le offerte di apparecchi, componenti meccanici in ferro/acciao con validità una settimana, con ben evidenziata la scritta che trascorso tale periodo il prezzo avrebbe subito variazioni; leggesi aumentato.
Situazione di stress per me, per i miei colleghi, per i clienti non da poco; quello di dover prendere decisioni, valutazioni, scelte in un così breve periodo di tempo, con il rischio elevato di sbagliare.
La pandemia da covid ha fatto emergere il concetto di bene strategico; non si può delegare ad altri la produzione di beni essenziali a meno che gli altri non siano affidabili.
Non si può stigmatizzare il fatto che si commerci con “amici” o comunque paesi affidabili; chi è quel pazzo che preferisce fare affari con chi poi non rispetta i contratti per 1000 ragioni?
La Cina si è rivelata inaffidabile nella catena di fornitura a causa della gestione della pandemia; non mi interessa entrare nel merito se abbia fatto bene o male nella gestione del covid, quel che conta è il risultato e questo è un dato di fatto.
Nel merito di quanto scrive Basile
Non è vero che i BRICS nascono nel 2020, i brics nascono all’indomani del quantitative easing lanciato dal governo USA per far fronte alla crisi dei mutui subprime.
Parte di quell’enorme massa monetaria finisce nei paesi emergenti dell’epoca ( ogni periodo ha i suoi paesi emrgenti, a fine anni 90 erano le tigri del sud est asiatico),alla ricerca di rendimenti elevati, appunto Brasile, Russia, India e Cina a cui si aggiungerà nel dicembre 2010 il Sudafrica che parteciperà al terzo summit dei BRIC(S) a Sanya in cina nel 2011.
Circa l’accordo per la fornitura di gas da 400 MLD, Basile dovrebbe dire anche che a margine di tale accordo ne è stato sottoscritto un altro da 80 MLD di dollari per la realizzazione del gasdotto e delle infrastrutture connesse; di questi 80 MLD, 55 sono a carico di Gazprom e 25 a carico di CNPC ( China Nation Petroleum Company)
I numeri non sono casuali, con tale ripartizione dell’investimento la Russia si assicura il controllo dell’intera infrastruttura; per la serie amici si, ma fino ad un certo punto.
Poi mi piacerebbe sapere perchè, nel contesto di quanto dice, usa il condizonale?
“La nuova Via della Seta, che avrebbe potuto implicare sviluppo e prosperità per l’area euroasiatica con ricadute importanti per i Paesi europei, era stata lanciata nel 2013.”
Perchè scrive testualmente “avrebbe potuto implicare” e non implica, sta implicando.?
Ma qui il discorso si fa lungo.
Mi fermo
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Grazie Ambasciatore, avanti
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Da condividere il commento della Basile con qualche appunto. Essenzialmente nello scritto non viene menzionata la vicenda Covid: l’epidemia si è originata in Cina, è stata gestita male dal governo cinese ed è diventata una tragedia globale. Ne siamo usciti fuori grazie alle misure di contenimento ed ai vaccini preparati dalle aziende europee ed americane. Ovviamente la vicenda Covid non costituisce di per sé un motivo per “dichiarare guerra” alla Cina (nessuno sarebbe così pazzo! Almeno spero..) però fa meditare riguardo le reali o presunte capacità della Cina di assumere un ruolo di leadership nel futuro nuovo ordine mondiale..
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