Il disinteresse dei cittadini nasce dalla constatazione che nessuno pensa che la politica migliori la qualità della sua vita. Inutile attaccarli, bisognerebbe capirli
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(di Ray Banhoff – lespresso.it) – Ogni notizia di politico che ruba, di scandalo, di abusi non è che l’ennesimo chiodo nella croce personale con cui incediamo in un privatissimo (ma collettivo) calvario che prevede: pagare le bollette, l’assicurazione della macchina, le spese per l’asilo e la scuola dei figli, le spese per i servizi medici privati se non vogliamo aspettare mesi, il carburante alle stelle e i viaggi in treno anch’essi ormai insostenibili. Tutto con gli stipendi fermi al 1990, anzi col potere d’acquisto diminuito, ci dice l’Ocse.
Insomma, i cittadini lasciati a sé stessi dai politici, che a loro volta pensano a sé stessi, diventano assuefatti a ogni malefatta, la considerano endemica. Siamo tutti incasinati, con troppi problemi individuali quotidiani per poterci dedicare ai problemi collettivi, alla cosa pubblica, tutti disillusi che il voto elettorale possa cambiare le nostre sorti o che il nuovo sindaco sia in grado di fare qualcosa per il traffico in città nonostante la Regione, le fondazioni, la Provincia, gli enti privati ognuno coi suoi interessi da perseguire. Delle decine di persone con cui ho parlato nell’ultimo anno, nessuna pensava che la politica potesse migliorare la qualità della sua vita. Nessuna.
Ecco il clima in cui proliferano complottismi e rabbia e in cui i cittadini spariscono dalla vista dello Stato, alla deriva in un mare sconosciuto.
È così che si smette di informarsi, di leggere dei libri o dei quotidiani, perché certe cose è meglio non saperle. Con tutti i guai che già abbiamo perché informarsi su quello che non funziona visto che non possiamo cambiarlo? Politica e intellettuali puntano il dito contro questi cittadini colpevolizzandoli e smettono di dialogare con loro; e questi di tutta risposta aumentano, quando invece servirebbe solo qualcuno che chiedesse loro: come va? Di che cosa avete bisogno?
E’ più vero il contrario: chi legge e s’informa è sempre più disgustato e non spreca neanche 5 minuti della propria vita per questa FARSA che chiamiamo elezioni.
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Certo che può essere così, però ritengo che è grave non leggere e non informarsi, bisogna comunque farlo a prescindere se si vota, perché solo così si può conoscere il danno dei politici o politicanti (e non della Politica)
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Io leggo e mi informo.
Non leggo l’Espresso e questa volta Non voto.
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Leggo , mi informo e proprio
per questo non voto. Perche’ alla fine la considerazione che ne scaturisce e’ che il declino e’ irreversibile e la tacita complicita’ , generale. Il riscatto sara’ collettivo
o non sara’, diversamente si puo’ sperare nell’ultimo nome proprio in ordine di apparizione. E se e quando anche “Giorgia” sembrera’ troppo formale, si potra’ sempre passare a “ Detta Gio’”.
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Io leggo, mi informo, approfondisco anche.
E voto. È l unico modo che ho di provare a contare ed appoggiare chi ha programmi a me consoni.
i totalitarismi non consentono di votare.
Noi non votiamo e paventiamo il rischio del totalitarismo. Che forse non disprezziamo.se ci aiuta a sentirci coerenti con le nostre scelte. Il popolo non conta. Glielo suggeriamo noi. E giù sacri principi che giustificano la nostra adesione alla maggioranza. Qualunque sua. O alla minoranza, ampia minoranza, che andando a votare diventa comunque maggioranza. Assoluta con circa il 25% dei voti degli aventi diritto.
menefreghismo o complicità?
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menefreghismo E complicità…..
e poi si lamentano pure e sfottono!
VOTARE È UN DOVERE!! È L’ULTIMA POSSIBILITÀ.
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Basta ai finti oppositori, complici poi dietro le quinte, ed ai politici improvvisati che hanno campato di rendita solo grazie al “menopeggismo”. La pacchia e’ finita, il
voto adesso ve lo dovete sudare. Altrimenti meglio il niente.
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Non è che votare non serva a niente, la maggioranza, più semplicemente, ha votato per i soggetti sbagliati. E questo da più di 30 anni. Ha votato male pure in alcuni referendum, vedi quello promosso da Segni e altri nel ‘93, oppure quello sulla soppressione della scala mobile. A questo punto di degrado ed occupazione sistematica dello stato e dell’informazione, non è facile contrastare la tendenza. Quando poi qualcuno ci prova, pur con le sue contraddizioni, viene puntualmente massacrato non solo dai suoi antagonisti ma anche da una parte consistente dei suoi sostenitori della prima ora.
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