Per la politica 5 Stelle, la norma che consente agli attivisti pro-life di entrare nei consultori «criminalizza le donne». Per protestare, ha accennato in Parlamento alla sua storia

(DI LUCA TELESE – oggi.it) – Gilda Sportiello, napoletana, 37 anni, eletta (per la seconda volta) nel Movimento 5 stelle a Napoli. Compagna di Riccardo Ricciardi, deputato come lei, vicepresidente e volto di punta del movimento 2.0 (stagione contiana). Quando ha raccontato in Aula – a sorpresa – di aver abortito, dai banchi di Montecitorio sono piovuti applausi (dalla sinistra e dal M5s) e insulti (da destra): «Vergogna!», «Taci!», «Ti sei voluta divertire, e poi…». È la fotografia di un Parlamento diviso come mai sul tema dei diritti. Così la Sportiello ha risposto ai colleghi che la criticavano: «Vi dovete solo vergognare!». Passata la bufera, a Oggi spiega il suo gesto e si racconta – video
Onorevole Sportiello, come si sente, dopo il clamore suscitato dalla rivelazione del suo aborto che lei stessa ha fatto in Parlamento? «Bene. Non si offende se le dico che non dovrebbe farmi questa intervista, vero?».
Dice sul serio? «Ho riflettuto molto se raccontare o no quella mia esperienza così privata, e l’ho fatto come un gesto politico: penso che sia anche un racconto collettivo di tante donne. Speravo di aprire una riflessione laica sul tema dopo essermi ritrovata immersa nel clima surreale del dibattito sulla 194 che si è svolto in Parlamento».
E quindi? «Ho scelto di raccontare qualcosa che fino ad allora faceva parte della mia sfera più privata, pur di rompere l’asfissiante clima del dialogo tra sordi e delle posizioni ideologiche».
È felice di averlo fatto? «Sono contenta di aver provato a spiegare una cosa molto importante anche agli antiabortisti più violenti che evidentemente nulla conoscono delle donne ma le vogliono in ogni modo condizionare».
Cosa, non sanno, per esempio? «Che le donne non sono – come credono loro – sante e madri o criminali e infanticide. Si può essere come tante, come me: rinunciare a partorire, da ragazza, per poi decidere di avere un figlio quando si può e si vuole diventare madri».
Come mai? «I motivi possono essere tanti: si capisce di non essere pronte, non è il momento in cui si vuole un figlio, non si hanno i mezzi per sostenerlo, o un figlio non lo si vuole affatto. Essere donne non significa necessariamente essere o voler essere madri così come abortire non significa che, pochi anni dopo, come è accaduto a me, non si possa scegliere di vivere una gravidanza».
E che cosa fa la differenza tra questi due destini? «Non certo “l’egoismo” delle donne, come dicono loro. Piuttosto la differenza fondamentale tra sapere di voler avere una famiglia desiderata oppure subire un destino che non si desidera».
Perché non dovrei essere qui a intervistarla? «Vorrei vivere in un Paese in cui la testimonianza di una donna che abortisce non sia vissuta come una notizia traumatica o drammatica o scandalosa, ma come il semplice racconto di un fatto della vita. Io non dovrei essere una notizia. In Francia o in Spagna non lo sarei».
E perché in Italia lo è, allora? «Perché in campagna elettorale la destra ha mentito sull’aborto: la Meloni aveva giurato in modo solenne che non avrebbe toccato la legge 194, mentre ora – penso soprattutto a Fratelli d’Italia, ma anche a tanti altri nel centrodestra – fanno di tutto per sabotarla».
In che modo? «Nella 194 non c’è scritto che le associazioni devono convincere le donne a non abortire. E poi, se la presenza degli antiabortisti nei consultori fosse già prevista nella 194, perché hanno dovuto ribadirlo in una nuova norma?».
Lei aveva presentato un ordine del giorno… «In cui si specificava che non dovevano esserci associazioni “orientate”. Lo hanno bocciato: era proprio questo il loro scopo».
Ha ricevuto anche insulti in Aula. «Erano prevedibili: non mi turbano affatto. Io oggi sono felice: ho avuto la libertà di scegliere».
Che cosa augura alle ragazze che affronteranno lo stesso dilemma che ha vissuto lei? «Di non essere influenzate da nessuno, men che meno da un anti-abortista che entra in un consultorio su mandato della politica».
Addirittura? «Predicano sulla famiglia, ma agiscono in nome della propaganda: non sono laici, vivono su una grande menzogna».
Quale? «Se il problema che porta una ragazza ad abortire è economico, non c’è nessun assegnino, nessun sussidio che ti potrà rendere tranquilla».
Non si può essere aiutati? «Certo, si può. Da investimenti sulla genitorialità, leggi più stringenti sui congedi di paternità paritari, stanziamenti sulla scuola, sugli asili nido, sugli spazi sociali, sul precariato, su affitto e mutui. Non da qualche associazione che non è interessata a te, ma solo alla tua maternità».
La sento quasi arrabbiata. «Lei si sbaglia: tolga il quasi».
Da dove viene? «Sono napoletana doc, nata a Scampia. Poi sono cresciuta a Pignasecca, il mercato più antico della città. Mia madre aveva un banco al mercato del Vomero, il mio padre biologico, Gaetano, non ha potuto esserci per gran parte dell’infanzia mia e di mia sorella per problemi di salute».
Un dolore per lei, questa separazione? «Una mancanza, ma non mi è mancata una figura paterna: il nuovo compagno di mia madre – si chiamava Salvatore – è stato una presenza bellissima per me. Un padre. Purtroppo ha fatto in tempo a conoscere il suo nipotino e ci ha lasciato un anno fa».
Nella sua famiglia siete due donne toste. «Quattro donne. Oltre a mia madre Maria Luisa, 61 anni, c’è mia zia Susi, che ne ha 67. E poi mia sorella Marzia, che pur essendo la minore, è un riferimento per tutta la famiglia. Sono tre donne pazzesche, a proposito di famiglie matriarcali e napoletane».
Che lavoro faceva prima di essere eletta? «Sono educatrice, lavoro in un centro di accoglienza per donne e minori migranti».
In cosa si è laureata? «In Scienze dell’educazione. Il giorno della discussione della tesi, mia madre e mia zia erano in prima fila. Sono orgogliosa anche di questo. Sì: sono la prima e per ora anche l’unica laureata della mia famiglia».
Anche suo padre biologico lavorava al mercato? «Sì, aveva una bancarella».
E anche Salvatore aveva un banco. «Vendeva la trippa. Le racconto tutto questo per farle capire che conta da dove si viene».
Quando lei rimase incinta per la prima volta, sua madre intervenne? «Fece la cosa migliore possibile, in questi casi. Mi disse: decidi ciò che vuoi, è una scelta solo tua. Ma qualsiasi cosa farai, sappi che noi saremo al tuo fianco».
Era il 2010 e lei era molto combattuta. «Sì, ne discutemmo molto con il mio fidanzato di allora, ma fui io a decidere, scelsi io di abortire. Non mi sentivo pronta e oggi ho la certezza che non lo fossi».
In che cosa era impreparata? «Non volevo un figlio, non era il momento giusto per me. E in più affrontavo gli ostacoli che tanti della mia generazione trovano sulla propria strada: primi tra tutti, lavoro precario e casa».
Poteva contare su sua madre e sua zia. «È vero. Ma non basta: bisogna innanzitutto volerlo un figlio».
Spieghi. «Oggi vivo a Roma, nel quartiere Esquilino. Quando giro per il giardino della piazza con Federico in braccio sono felice: è figlio di due genitori che consapevolmente lo hanno aspettato».
Quando ha scoperto di aspettare Federico, la sua situazione era diversa dal 2010? «Ma certo: oggi ho un lavoro, ho completato il mio percorso di formazione. E la mia volontà era completamente un’altra».
Quindi lei non si sente abortista? «Cosa significa? Io voglio che il diritto a scegliere sul proprio corpo e sulla propria vita non venga mai più messo in discussione».
Esclude che, se ci fosse stato un attivista pro vita nel suo consultorio, avrebbe potuto convincerla? «Può esser certo di una cosa: se si fosse azzardato ad usare l’argomentazione del delitto non lo avrei fatto nemmeno parlare. Innanzitutto è un’accusa gravissima. Essere a favore del diritto all’aborto non significa essere a favore della morte. Io sono per la vita: ma puoi discutere con chi ti considera una potenziale infanticida?».
Non la convince neanche chi dice che le donne possono rinunciare a lavorare perché la missione della maternità è più importante? «Quando una donna decide della sua vita, rispetto la sua scelta. Il tema è che in questo dibattito le donne stanno subendo una violenza perché gli anti-abortisti vogliono arrogarsi il diritto di decidere che cosa è meglio per loro».
Lei è la prima deputata della Repubblica che ha portato un figlio in Aula. Lo aveva programmato? «Ma si figuri! Io e Riccardo non abbiamo le nostre famiglie qui, stavo ancora allattando, e quel giorno non avevo la baby sitter».
Aveva concordato il suo intervento sull’aborto con Rocco Casalino? Ne hanno scritto anche i giornali esteri. «Ma figurarsi. Nessuno tra i miei colleghi sapeva di questa mia storia. Io stessa ero indecisa fino all’ultimo».
Che cosa l’ha convinta? «Il livello molto basso del dibattito. Astratto, a tratti fanatico, punta sempre alla criminalizzazione della donna».
E funziona? «Purtroppo sì: se con il mio discorso sono riuscita a dare un piccolo contributo perché nessuna donna più si vergogni, sarò felice per sempre».
E che lezione ha tratto lei, dal suo aborto e dalla sua maternità? «Non esistono posizioni “giuste” a prescindere: l’unica è la tutela del diritto di scelta».
Che messaggio darebbe, oggi, ad una ragazza di 23 anni, la sua età quando ha scelto di abortire? «Non farti condizionare, mai. Sei libera».
I volti di punta del movimento!
Ah ah ah!
Chissà come sono quelli di piatto…
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Incredibile come ci sia bisogno, a distanza di quasi mezzo secolo, di spiegare che la 194 non è una legge che favorisce l’aborto ma è una legge che tutela e accompagna da vicino la donna che, per le più diverse ragioni, si è venuta a trovare in una situazione così difficile e senza vie d’uscita se non quella di prendere quella decisione estrema.
Prima della legge 194 l’alternativa erano i tavoli di marmo cantati nella celebre canzone di Guccini. Su cui operavano medici che magari, poi, sono diventati obiettori coscienza.
Sentire politicanti insultare chiamando “assassina” una donna che è arrivata alla decisione, terribile per lei come persona e per il suo corpo, di affrontare un aborto è segno dei tempi bui che stiamo vivendo, in cui il disprezzo e l’assenza di empatia nei confronti della sofferenza altrui, la fanno da padrone.
Assassini che, senza un minimo di vergogna, spediscono armi per alimentare lo scannatoio in Ucraina, che si permettono di giudicare una donna arrivata al punto di prendere quel tipo di decisione così devastante…
Aberrante.
Ma siamo in un’epoca in cui più dell’onor poté l’ingordigia… Di voti per continuare a mantenere il posto al sole.
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“una donna che è arrivata alla decisione, terribile per lei come persona e per il suo corpo, di affrontare un aborto…”:
mentre per la futura creatura deve essere una goduria!
Hai capito il pacifista…
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“in una situazione così difficile e senza vie d’uscita se non quella di prendere quella decisione estrema”.
Dicasi petizione di principio!
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Gatto,
Probabilmente sarai un genio in filosofia, ma su questo tema non ci prendi.
Il figlio lo fa la donna. Nasce nel SUO corpo. È a lei che si deve chiedere permesso prima di arrivare al verificarsi di un evento della vita così importante. Ti è chiaro?
O sei di quelli che la donna deve solo procreare e prepararti il pasto?
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Una cosa perché sia veramente TUA, devi essere in grado di disporne a tuo piacimento, nel tempo come nello spazio, per l’eternità.
Ma come si sa, prima o poi, QUALCUNO se la riprende.
Ora, a parte che la creatura che cresce nel corpo della donna, non è lì dalla nascita come qualsiasi altro organo del corpo, e il fatto stesso di essere tale, la rende ancora meno TUA del tuo (si fa per dire) corpo, la donna non CREA (solo in questo caso potrebbe considerare il suo operato come interamente di proprietà) affatto, ma PROCREA (come inconsapevolmente hai ammesso pure tu)! E senza andare a scomodare l’Altissimo, basterebbe pensare che tale opera è la conseguenza dell’azione che viene compiuta in concerto con un altro soggetto (oddio, soggetto: ormai un vero e proprio coj0ne…) che si chiama MASCHIO.
Quindi, per concludere, andrebbe interpellato, ammesso e non conc3sso che questo omicidio possa essere una soluzione, anche il cojone di cui tra parentesi.
O sei di quelli che la donna deve solo procreare e prepararti il pasto? (cit.)
La pochezza di tali provocazioni farebbe quasi tenerezza, se non facesse schifo, tanto è ridicola!
O sei di quelli che l’uomo deve solo schizzare nella provetta, spiando le infermiere dal buco della serratura della stanza dello studio medico per l’inseminazione assistita e stare muto?
PS: ma è mai possibile che per essere pubblicato debba scrivere “conc3sso” perché se lo scrivo normalmente, il commento non passa?!
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Il corpo di una donna o un uomo è SUO almeno fino a quando l’Eterno se li riprende, non menare il can per l’aia, Gatto.
E la decisione di fare un figlio la prende un uomo e una donna INSIEME.
Se il coj…ne non ha chiesto permesso (evidentemente ritenendo che il corpo con cui aveva a che fare era solo un ammasso di carne adibito a procreazione e pasti) non può imporre le sue volontà a chi ha l’onere ENORME di fare nascere una nuova vita.
A meno che il coj…one non abbia almeno l’umiltà in PRIMIS di chiedere scusa e poi di prendersi tutte le responsabilità del futuro evento.
Ciò che non succede quando una donna non vede altre vie d’uscita che quella di ricorrere all’aborto.
Lascia perdere le tue povere disquisizioni filosofiche, Gatto.
Siamo all’opposto su questo tema.
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“Il corpo di una donna o un uomo è SUO almeno fino a quando l’Eterno se li riprende, non menare il can per l’aia, Gatto.”
A casa mia si chiama PRESTITO non VENDITA, quindi nessun possesso!
Come immaginavo, quando si ha da discutere con degli eunuchi intellettuali, il caso limite da te accennato, che corrisponde a quanti aborti sul totale?, le condizioni del corpo non cambiano: non può essere usucapito per tal motivo.
Ognimodo, le porcherie del coj0ne (non sempre univocamente da addebitare a una parte sola, come si vorrebbe far credere e non entro nei particolari…) devono ricadere tutte sul colpevole, non su chi non c’entra nulla.
Scelta difficile? Sì, ovvio, ma il fatto che non la si faccia, non deve essere legittimato.
Figuriamoci poi chi invoca a pretesto questo caso limite per farsi i caxxi propri, senza vergogna.
Ecco, adesso menami pure l’aia!
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e.c.: … NEL caso limite da te accennato…
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casi limite un corno Gatto
L’aborto è un caso limite. Ma non è la 194 che l’ha inventato.
Se sei nato dopo la sua promulgazione, molla i filosofi più o meno eunuchi e fai una ricerca storica sul numero di aborti clandestini che si facevano prima della 194 e prova a chiederti quanti tornerebbero ad essere dopo che destronzi e schifosi tuoi amici obiettori di incoscienza la demolissero.
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Miei amici decché? L’intento degli obiettori di coscienza è salvaguardare la vita non incremetare gli aborti clandestini.
Quelli che alimentano questa schifezza, occulta o meno che sia, sono proprio i sinistrati amici tuoi che della vita conoscono solo l’aspetto edonistico, ormai l’unica dimensione a voi accessibile, in cui sguazzate come scrofe.
E questo anche se la pillola viene indorata di tristi lai: a nulla servono tutte le vostre patetiche scusanti per far quadrare il cerchio.
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Balle Gatto,
La 194 ha avuto il compito fare venire alla luce il fenomeno degli aborti clandestini, di disincentivarlo assistendo la donna che voleva ricorrervi prospettandole tutte le possibilità di evitarlo e, solo in ultima istanza, assisterla nella sua determinazione della quale bisogna comunque avere rispetto.
Determinazione sulla quale i tuoi amici antiabortisti chiudono invece gli occhi aggrappandosi alla ridicola storiella dell’obiezione di coscienza… Facendo però tacere la loro stessa coscienza (ammesso che c’è l’abbiano) quando prospettano, di fatto, un ritorno all’antica dell’aborto clandestino (con conseguente innalzamento del numero degli stessi) e delle mammane, visto che il fenomeno, con la loro destra al potere, non potrà che aumentare vista l’assenza di politiche in favore dei ceti più poveri della società.
Ah già.
Ma loro prefigurano una società con donne a casa a guardare in tv la De Filippi, sfornare pastasciutte a mariti che arrivano a casa stanchi del lavoro e ad allevare figli patrioti in case stile Mulino Bianco… Con, lontano da loro, le varie Caritas ad occuparsi di senzatetto, affamati ed… Eventuali scampati all’aborto e prospettando però loro altri tipi di dipartita, magari una morte dignitosa al fronte in una delle future guerre per onorare la Patria.
L’edonismo? È un prodotto tutto vostro, Gatto.
È una deviazione di un percorso che non c’entra nulla con la Sinistra.
È il gusto del peccato implicito nelle visioni oniriche di chi, ora, come te, si illude di salvare il mondo tornando alle messe in latino.
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Che senso ha parlare con un automa che sciorina tutto il brica a brac del bravo emancipato che ha fatto il salto evolutivo di specie?
Sei un individuo – dire persona pare troppo – irrecuperabile: buona fortuna (ne hai tanto, tanto bisogno)!
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e.c.: bric-à-brac
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Irrecuperabile a che cosa Gatto?
Se sei un reclutatore di sentinelle in piedi peschi male sicuro.
Nel caso consiglio a te di provare ad autorecupertarti a persona.
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La cosa allucinante in questo dibattito tutto maschile è che ci si appassionino gli uomini, le associazioni di stampo religioso, i politici che prendono finanziamenti da realtà conservatrici/ortodosse.
La 194 non si tocca! Per disincentivare naturalmente l’aborto sarebbe sufficiente condurre politiche di sostegno alla maternità/paternità, aumentare le spese relative alla sanità sia dal concepimento alla nascita, sia nella fase pediatrica e sino alla maggiore età, politiche di agevolazioni fiscali e di contribuzione economica, reale diritto alla casa, libero accesso a asilo e scuole decorose, percorsi di reinserimento lavorativo per le mamme.
La verità è che ormai per fare un figlio devi essere un incosciente, ovvero uno che non si rende esattamente conto delle difficoltà che questa società crea appositamente ai nuclei familiari. Oggi un ragazzino dal concepimento alla laurea ha un costo che si aggira intorno al milione di euro.
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Più che allucinate, la cosa direi che è scontata.
Chi lo dice che la 194 non si tocca? Vincenzo Balzamo conte di Cagliostro? La Emma diobunino? Marco Pa…tacca? Chi?
Tu credi, Elena, che tutte queste belle conquiste non siano collegate da un filo invisibile a quello che sta accadendo oggi e che tu conosci molto bene? Tu credi che per disincentivare l’aborto sarebbe sufficiente realizzare il sogno ad occhi aperti che hai fatto, senza ripristinare quella dimensione spirituale, di cui il rispetto della vita altrui è parte preponderante, che dava un senso alla quotidianità e il coraggio di affrontarla nelle sue difficoltà?
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I diritti non sono sogni, e quelli che ho elencato sono diritti garantiti dalla Costituzione.
Il problema centrale è che stanno facendo passare come “sogni” o privilegi dei diritti fondamentali.
In merito alla spiritualità: il progresso interiore, e quello della comunità umana passa dal binomio negotium (ossia operosità, lavoro inteso come sforzo individuale e comune per la sussistenza e le opere di interesse collettivo) e otium, fondamentale per lo studio, la ricerca interiore e l’indagine del mondo.
La spiritualità non si può imporre in un deserto materiale e morale, nell’assillo della sopravvivenza, nella scarsezza di tempo per il sé e per il noi.
La 194 non si tocca.
La vita va tutelata da -1 alla morte, e si discute solo di imporla dal concepimento alla nascita…e poi carne da cannone.
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e.c.: diobonino
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Questo argomento non è una roba a se stante ma è parte integrante di un progetto amplissimo di ricostruzione della società. Che senso avrebbe abolire una legge che, pur se grida vendetta nei confronti di diritti sacrosanti e inalienabili quale quello di esistere, è purtroppo un baluardo nei confronti di chi campa e specula sulla morte, sul dolore, sulla miseria e sulle miserie umane in tutte le loro declinazioni? Sul piano squisitamente teologico-filosofico la proprietà della vita non è ascrivibile nemmeno a chi ne è la fattrice… questo in un mondo popolato da individui sani di mente, puri e scevri da pulsioni materialistiche esacerbate da carenze di tutti i tipi (vedi commercio di organi, di bambini per sollazzare la noiosa vita di miliardari satanisti, ecc.).
Ma nel nostro mondo schifoso popolato da individui che perseguono solo soldi e potere, che non si fermano di fronte a genocidi, che vogliono gestire gli abitanti di questo pianeta come fossero cosa loro, quindi schiavi senza volontà che obbediscono e basta, questo non è ancora possibile. Stiamo vedendo cose pazzesche che neanche Orwell, in questo mondo, dove ci dobbiamo difendere per non farci ammazzare lentamente e subdolamente, se non lasciamo alle donne nemmeno la facoltà di decidere se e quando procreare (perché ci sono milioni di ragioni per farlo o non farlo in determinate stagioni della vita) vuol dire lasciare via libera a macellai e gentaglia di vario tipo come accadeva prima della 194.
Conclusione? Fintantoché avere diritti elementari (salute, libertà, giustizia) non sarà naturale e scontato ma dovremo lottare ogni giorno per conquistarli, finché non avremo raggiunto una tale maturità spirituale da poter fare a meno di leggi e punizioni, religioni e divinità incombenti, fino a quel momento se vogliamo mantenere un minimo di umanità e equità dovremo necessariamente porre un argine allo schifo che altrimenti dilagherebbe.
Sarà una misera legge ma meglio lasciare alla donna la decisione che a organismi terzi ai quali non gliene può fregare di meno di una piccola vita se non in termini di puro materialismo e convenienze di vario tipo.
Ci vorrà forse un migliaio di anni per raggiungere un traguardo spirituale così alto. Intanto ogni santo giorno, come la gazzella deve sfuggire al leone, dobbiamo difenderci da chi ci vuole ogni tipo di male e allora non molliamo le piccole conquiste raggiunte sul sangue e sulla vita di troppe donne.
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