La solitudine di Calenda: «Io, matto contromano? Meglio di certi accordi. Candidiamo gente che in Europa porterà una conclamata competenza». Il leader di Azione e l’ultimo scontro con Renzi-Bonino. «Candido chi sa l’inglese, altri il genero di Cuffaro»

(di Tommaso Labate – corriere.it) – Nega di sentirsi come il personaggio interpretato da Vittorio Gassman ne L’Audace colpo dei soliti ignoti, visto che i soliti ignoti — da Matteo Renzi a Emma Bonino — sono tutti assieme appassionatamente nella lista degli Stati Uniti d’Europa e lui, a sentire la caricatura che ne fanno i detrattori, dovrebbe essere quello che urla «m’hanno rimasto solo, ’sti quattro cornuti…». «Solo? Io mi sono federato col Partito repubblicano italiano, con i Socialisti liberali, con Nos di Sandro Tommasi. Candidiamo gente che in Europa porterà una conclamata competenza, che siederà tra gli stessi banchi. Quelli che mi avrebbero lasciato solo, con la loro lista di scopo, come l’ha chiamata Bonino, se eletti si sparpaglieranno tra socialisti, popolari, Renew e Verdi. Ammazza che scopo! Io candido gente che parla inglese. Se qualcuno preferisce farsi rappresentare dal genero di Cuffaro, fatti suoi!».
La solitudine di Carlo Calenda è ormai un genere letterario, che quasi esula dalla politica. Ha litigato con chiunque, anche con persone che avevano litigato tra di loro e che poi a volte hanno fatto pace tra di loro proprio perché hanno finito per litigare con lui. Il cinismo del detto secondo cui il nemico del mio nemico è mio amico non gli appartiene anche perché nemico e nemico del nemico sono nel frattempo diventati nemici suoi: basti pensare che ha litigato con Enrico Letta e Matteo Renzi, caso forse unico al mondo.
A qualcuno ricorda la storia del tizio che ascolta alla radio la notizia dell’uomo che viaggia contromano in autostrada ed esclama: «Ma quale uno, ne ho contati almeno cento!». «Ecco — dice il leader di Azione — si fermi qui, ci sto. Facciamo pure che sono il matto contromano della barzelletta. Ma gli altri che sostengono di seguire il senso di marcia? M’ero alleato col Pd di Letta che diceva “Agenda Draghi, agenda Draghi!” e poi s’è messo assieme a Bonelli e Fratoianni che votavano le sfiducie al governo Draghi; dovevo far finta di niente? Renzi e Bonino, coi loro progetti riformisti, sono finiti a cercare i Mastella di tutta Italia, dovevo fare un accordo con loro? Diciamo che se io sono il pazzo contromano, qua la segnaletica stradale mi sembra bella confusa».
La realpolitik che imporrebbe a ciascuno di quelli che combatte attorno alla trincea del 4% alle Europee di cercare alleati non lo riguarda. «Se leggo i sondaggi non ho di questi problemi. Mi danno al 5% senza la mia candidatura, al 7 se mi candido in prima persona», ribatte. Dice di essere sempre stato sottostimato dalle rilevazioni demoscopiche perché «i miei elettori non sono persone che rispondono ai sondaggisti. Mi davano al 2,1 per la corsa a sindaco di Roma e ho preso quasi il 20. Mi davano al 5 assieme a Renzi alle Politiche 2022 e abbiamo preso quasi l’8. E poi scusi, sa che cosa le dico? Se va bene, e sono sicuro che andrà bene, portiamo in Europa gente che farà risalire la china all’Italia, che nella classifica di quanto sono influenti i parlamentari è terz’ultima. Se dovesse andare male, oh, amen, vuol dire che ci riproverò. Di certo non mi pentirò delle scelte che ho fatto, che rivendico ora e rivendicherò dopo, comunque vada».
L’aspetto più incredibile della sua biografia — a rileggerla anche con le lenti degli ultimi giorni, quelli in cui le liti più antiche non solo non hanno finito per sopirsi ma si sono addirittura aggravate, basti pensare alla rissa quotidiana con gli esponenti di Italia viva — è come riuscisse il giovanissimo Calenda a fare il promotore finanziario con la tecnica delle telefonate a freddo, rivelata anni fa quando scavando tra i ricordi raccontò del sé stesso giovanissimo che apriva l’elenco del telefono, telefonava a casaccio, «99 su cento mi mandavano affanc…», ma quell’uno che rimaneva spesso era un contratto firmato. La sua lista si chiamerà «Siamo europei». A volte ripete che «l’impegno politico è prima di tutto spirituale». Finita la frase, a volte, prende lo smartphone, apre i social e ricomincia a litigare coi renziani.
se non fosse per voi giornalisti che continuate a pompare il nulla, di Calenda non rimarrebbe memoria
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Calenda, una Pippa arrogante.
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Che nessun qui mai s’arrenda! Qui comanda er sor Calenda! Sò er commenda dell’azienda e son io a dettar l’agenda! Sò er corsaro con la benda che però la vede lunga, ognittanto cambio tenda ma mai tiro i remi in barca! Chi ce stà mò tosto salga sopra l’arca d’alleanza che n’affonda e c’è speranza che in Europa presto sbarca e simmai nessun vorrà di goder di mia merenda in compagnia in quel posto se la prenda che da solo me consolo e così sia ;-/
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poraccio , per dire , non vede più sponde per mantenere la sua vita dorata , vabbe ci pensa la moglie !
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Ma farsi una domandina, tipo “Che sia arrivato il momento di mollare?”… no, eh? Continuare imperterrito verso una strada che anche i muri han capito che non sia la sua? Proprio iriduciBBile, ‘sto Kalenda, ahò! No, per carità, capisco lo stipendio, ma insomma, che senso ha insistere? È accanimento senza alcun beneficio. Pena poi fare ste figure demm3rd4, infatti. Contento lui… però che pena, che tristezza.
E comunque:
«La solitudine di Carlo Calenda è ormai un genere letterario, che quasi esula dalla politica. Ha litigato con chiunque, anche con persone che avevano litigato tra di loro e che poi a volte hanno fatto pace tra di loro proprio perché hanno finito per litigare con lui.”
Top! 🤣😂
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