(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – Scrivo, per così dire, al buio. Della Puglia ho frequentato più Taranto che Bari, e non è stato neanche lì un gran spettacolo vedere un sindaco Pd sfiduciato a tradimento dai suoi stessi consiglieri, poi rieletto, ma poco dopo, ohibò, passato d’un balzo con Renzi. A proposito, Matteo Renzi indicava proprio il sindaco uscente di Bari, Antonio Decaro, come suo futuro segretario ideale del Pd… Elly Schlein è avvertita.

Trovandomi nella felice condizione di ignorare le differenze che intercorrono fra Vito Leccese e Michele Laforgia – ovverosia i due candidati alla successione di Decaro che correranno divisi, dopo l’annullamento delle primarie – a Elly Schlein vorrei dire che è stata fortunata.

Non faccio lo spiritoso. Davvero credo sia provvidenziale, per il Pd che lei aspira a rifondare, l’avvenuto disvelamento pubblico della ragnatela del voto di scambio, dei cambi compulsivi di casacca, delle liste civiche farlocche e, dulcis in fundo, delle preferenze personali comperate a colpi di banconote da 50 euro.

Se questa è la Puglia felix, meglio farci i conti prima che durante o dopo le elezioni. Il tempo della prudenza e della diplomazia è finito.

Suppongo che Elly ignorasse da dove veniva l’assessora regionale ora dimissionaria Anita Maurodinoia, entrata nel Pd dopo essere stata eletta più di una volta in liste di destra e soprannominata “lady preferenze”. Lo sapevano invece di certo Michele Emiliano e Antonio Decaro, due ex amici che oggi si guardano in cagnesco, convinti entrambi che pur di restare in sella si possa ricorrere con disinvoltura alla pratica dei transfughi ricompensati nel governo o nel sottogoverno. Due ex amici, Emiliano e Decaro, che l’anno scorso votarono entrambi per Bonaccini, e non certo per lei, alle primarie del Pd.

Se Elly Schlein le ha vinte, contro tutti i pronostici, è anche perché l’elettorato democratico ha preso sul serio il suo impegno a farla finita con la stagione dei cacicchi inamovibili che, soprattutto al sud, hanno perpetuato la logica del potere trasversale. Il più noto fra loro, il campano Vincenzo De Luca, l’ha sfidata continuamente con l’arma dell’irrisione. Emiliano ha preferito tenere il piede in due scarpe, come suo solito, prima che il terreno gli franasse tutto intorno a cominciare proprio dalla defezione di Decaro.

Comprendo che finora Elly Schlein si sia sentita costretta a muoversi con cautela, rispondendo col sorriso a chi la insultava e senza approfittare di una legge elettorale indecente che confisca a esclusivo appannaggio dei capipartito la selezione dei candidati per le cariche elettive. Lasciando poi campo libero alla guerra delle preferenze che nel nostro sistema premia quasi sempre chi ha più soldi da spendere.

Se, come credo, l’obiettivo della segretaria del Pd è bonificare il campo democratico, tornare a un far politica degno di questo nome, rinnovare dal basso la classe dirigente, allora deve mettere nel conto anche il rischio di tornare all’opposizione là dove il centrosinistra ha governato lasciando proliferare il notabilato locale, malamente camuffato dietro la facciata di liste civiche. Ovvio, anche se spiacevole, che Giuseppe Conte cerchi di approfittarne. Lui, che la Puglia la conosce bene, ha un compito ancor più improbo: dimostrare che il M5S sia capace di generare in pochi anni una classe dirigente locale in una regione che gli aveva tributato una gran messe di consensi, dissipati però in breve tempo per evidente inadeguatezza. Di nuovo, Taranto insegna.

Nelle attuali condizioni non mi pare una tragedia che Pd e M5S si presentino divisi. Sarà alle prossime elezioni politiche che dovranno evitare l’autosabotaggio perpetrato nel 2022. Ma nel frattempo tocca a lei, Elly Schlein, mettersi in gioco fino in fondo, rompendo equilibri interni che non reggono più la sfida dell’opinione pubblica.

Se a Bari, come mi pare evidente, il centrosinistra ha amministrato la città meglio di come aveva fatto la destra, e se è vero che i poteri criminali vi sono stati ridimensionati, ora è venuto il momento di vincere anche la sfida al clientelismo.

In politica succede sempre così. Ci sono scelte di programma che un leader calcola di poter rinviare a momenti più propizi. Il Pd è collocato in stand by su materie decisive come le spese militari, il rifornimento di armi all’Ucraina, la ripresa dei finanziamenti italiani all’Unrwa per gli aiuti umanitari ai palestinesi, le modifiche al jobs act, e altre ancora. Ma poi si trova a fare i conti con materie più prosaiche, meno importanti, che all’improvviso s’impongono e non possono essere lasciate in sospeso. Era già successo per il sì o il no al terzo mandato ai presidenti di regione (tema particolarmente sentito dai cacicchi). Sta succedendo per le candidature alle Europee. Ora però, nella Puglia dei troppo furbi, Elly Schlein deve trovare la forza e il coraggio di mandare a casa qualcuno.