L’esecutivo francese “non esclude” di ricorrere alla requisizione di personale e strumenti di produzione per imporre alle aziende di dare la priorità alla fabbricazione di armi e munizioni

(DI LUANA DE MICCO – ilfattoquotidiano.it) – Parigi “non esclude” di ricorrere alla requisizione di personale e strumenti di produzione per accelerare l’economia di guerra e di imporre alle industrie di dare la priorità alla fabbricazione di armi e munizioni, di privilegiare cioè le “necessità belliche rispetto a quelle civili”. Una misura giudicata senza precedenti dalla stampa francese e che suona come una minaccia per l’industria transalpina, annunciata in settimana da Sebastien Lecornu, il ministro della Difesa. Lecornu ha bacchettato gli industriali, troppo lenti, secondo lui, a produrre armi al punto da farsi sfuggire dei contratti. Il monito va a aziende come Safran, Airbus, Thales, Dassault, che operano anche nel settore della Difesa. La legge francese permette questa misura “speciale”, di fatto già prevista dal Codice della Difesa e inclusa nella legge sulla programmazione militare 2024-2030, promulgata a agosto. Per la quale, in caso di “minaccia, attuale o prevedibile, sulle attività essenziali alla vita della Nazione, alla protezione della popolazione, all’integrità del territorio o alla permanenza delle istituzioni della Repubblica o della natura”, può essere decisa per decreto ministeriale “la requisizione di tutte le persone, fisiche o morali, e di tutti i beni e i servizi necessari”. La misura potrebbe già essere presa “nelle prossime settimane” se i calendari delle consegne non saranno rispettati. Ciò vuol dire che delle aziende potranno presto essere obbligate ad assicurare in precedenza le commesse militari rispetto a quelle civili. Lecornu esige dal settore una “rottura culturale”. Éric Beranger, patron di MBDA, specializzata nella produzione di missili, ha raffreddato le aspettative del ministro: “Un atleta che partecipa alle Olimpiadi – ha detto Beranger – non diventa di colpo un campione. Ha bisogno di diversi anni di allenamento”.

Sono mesi che Emmanuel Macron, in linea con la sua virata bellicista sull’invio eventuale di truppe in Ucraina (a cui la maggior parte dei francesi si oppone), martella che la Francia deve “passare a un’economia di guerra”. A dispetto di quanto possano dire Macron e generali, molti esperti ritengono che la Francia a questo stadio non è pronta ad affrontare una guerra. Di qui l’intenzione di Parigi di spingere sul pedale dell’acceleratore. A Kiev il presidente francese ha promesso fino a 3 miliardi di aiuti militari nel 2024: è scritto nell’accordo per la sicurezza firmato a Parigi a febbraio con il presidente ucraino Volodymir Zelensky. “Abbiamo un appuntamento con la nostra industria della difesa, un’industria che si metta in modalità economia di guerra, con una capacità di produzione più rapida e più forte”, aveva insistito Macron a gennaio. Lecornu ha sottolineato in particolare modo la “lentezza” dei tempi di produzione dei missili Aster, prodotti da MBDA e Thales per la Francia e l’Italia, usati in Ucraina e nel mar Rosso. I 200 missili Aster che erano previsti entro il 2026 dovranno dunque essere consegnati entro l’anno. Il ministro ha anche ricordato gli “obiettivi” della Francia: produrre 100 mila munizioni da 155 mm nel 2024 destinati in gran parte all’Ucraina, ma anche alla Francia. Proprio alcuni giorni fa, il gruppo Eurenco ha riaperto una fabbrica a Bergerac (in Dordogna) per raddoppiare la sua produzione di polvere da sparo.

Da parte sua, il gruppo Nexter, che produce i cannoni Caesar, ha rivisto la sua logistica e centralizzato la produzione in un unico sito.

In un recente articoloLe Monde ha fatto notare come le promesse militari di Parigi a Kiev devono fare i conti con la realtà del bilancio dello Stato francese che deve trovare 10 miliardi di euro di tagli alla spesa pubblica nel 2024, come annunciato dal ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, a febbraio.

“Tutti i deputati della maggioranza lo riferiscono – scrive Le Monde –: gli elettori dicono loro regolarmente di non capire perché l’esecutivo accorda 3 miliardi all’Ucraina, mentre si prepara un giro di vite sul bilancio e comincia ad essere evocata l’ipotesi di un aumento delle tasse. Un rimprovero già sentito in occasione della crisi agricola a inizio anno, sullo sfondo delle polemiche sulle importazioni del pollo ucraino”.

I dati dell’Insee, l’istituto nazionale di statistiche e studi economici, pubblicati in settimana, sono stati meno buoni del previsto: il debito pubblico della Francia si è attestato al 110,6% del Pil nel 2023, con un deficit al 5,5%. Il ritorno sotto la soglia del 3% non è previsto ormai prima del 2027.

Per rimpinguare le casse dello Stato per ora il premier Gabriel Attal ha proposto l’ennesima riforma della protezione sociale, ancora una volta a danno dei disoccupati, riducendo da 18 mesi a 12 mesi o meno il tempo di durata delle indennità che spettano a chi ha perso il lavoro. Una precedente riforma aveva già reso più complicato l’accesso alle indennità di disoccupazione. Una misura denunciata dalla gauche e dai sindacati, giudicata “cinica e crudele” dal leader di La France Insoumise, Jean-Luc Mélechon.