HIGH COURT SENTENZA VIA EMAIL – Sì o no al suo appello. La giustizia inglese si pronuncerà, i giudici potrebbero riaprire il processo

(DI MICHELANGELO MECCHIA – ilfattoquotidiano.it) – Negli Stati Uniti lo attendono 175 anni di reclusione. Oggi l’Alta Corte inglese emetterà una decisione scritta sull’ammissibilità della richiesta di appello contro l’estradizione di Julian Assange, e in ballo c’è il destino del fondatore di WikiLeaks. La giustizia inglese si pronuncerà quindi sull’appello finale.

I giudici potrebbero riaprire il processo; ma se rigettano l’appello ed arriva il sì all’estradizione, al giornalista – che avrebbe esaurito i gradi di giudizio previsti dall’ordinamento inglese – resterebbe soltanto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La squadra legale che lo segue ha già annunciato che in caso di sconfitta presenterebbe un altro appello – stavolta ai giudici europei della Cedu – chiedendo l’emissione di un ordine “Rule 39”.

La Corte Europea può attivare questo meccanismo solo in circostanze eccezionali, quando, ad esempio, un individuo rischia la vita o la tortura. Al momento è improbabile che Assange possa essere estradato negli Stati Uniti, nel caso in cui l’Alta Corte si pronunci in tal senso, nel giro di pochi giorni. Ma secondo Stella Moris, la moglie del giornalista, i tempi sono stretti e il governo statunitense potrebbe anche non attendere, prima di procedere all’estradizione, che il caso arrivi alla Corte europea e che i giudici emanino una sentenza.

La notizia che la giustizia inglese si sarebbe pronunciata in via definitiva sul caso ha cominciato a circolare quando è stato reso pubblico l’ordine del giorno della corte; poi è arrivato l’annuncio, via social, di Stella Moris, che per l’occasione ha organizzato una conferenza stampa.

Non si terrà un’udienza pubblica e l’esito del processo (l’Alta Corte si è presa più di un mese per analizzare il caso) verrà comunicato via e-mail agli interessati. La pronuncia della sentenza è attesa per le 10:30 locali (11:30 italiane). Sono dodici anni che il padre di Wikileaks non conosce più la libertà. Su Julian Assange pendono diciotto capi d’accusa, per un totale di 175 anni di carcere. Negli Stati Uniti, che ne richiedono l’estradizione, è perseguito – in base all’Espionage Act, una legge che risale al 1917 – per aver divulgato, a partire dal 2010, 700.000 documenti riservati che hanno rivelato, tra tante cose, crimini di guerra commessi dal governo statunitense in Iraq e in Afghanistan.