Il cantautore interviene nel dibattito lanciato da La Stampa: «Non si risponde con le manganellate. I giovani hanno dentro di loro una serie di domande alle quali cercano costantemente risposta»

Vecchioni: “Ragazzi, fatevi sentire. L’unico limite alla libertà è la violenza”

(ALBERTO INFELISE E ROBERTO PAVANELLO – lastampa.it) – Nessuno come i giovani ha a cuore la libertà. La libertà di pensare, la libertà di esprimersi, la libertà di fare e di creare il futuro con le proprie mani. Roberto Vecchioni ha parlato ai giovani di tante generazioni, ha insegnato nelle scuole per quarant’anni, e ora la sua versione di Sogna ragazzo, sogna cantata con Alfa a Sanremo ha portato nuovi ragazzi a diventare suoi allievi.

Professor Vecchioni, i ragazzi sono tornati a scendere in piazza, per dire la loro sull’ambiente, sulle guerre, sui diritti e le diseguaglianze. E spesso la risposta sono state critiche e manganellate. È quello che meritano?
«Allora, prima di tutto non esiste che i ragazzi non possano manifestare di fronte alle istituzioni, ai palazzi del potere, alle forze dell’ordine. L’unico limite da non oltrepassare è quello della violenza nelle manifestazioni. Ma negli ultimi casi non c’è stata nessuna violenza».

Eppure il ministro Lollobrigida ha detto che non porre un freno a certe manifestazioni in passato ha portato alla violenza dei terroristi.
«Questa è un’idea che non merita nemmeno una risposta seria perché non ha assolutamente nessun fondamento».

Bisogna ascoltare tutte le istanze?
«Secondo me la libertà di espressione deve essere assoluta e ripeto, l’unico limite deve essere l’uso della violenza. Ma non ce ne sono altri. Deve essere assolutamente garantita la possibilità, la capacità e l’immediatezza di poter dire la propria opinione davanti a tutti. E non soltanto la nostra Costituzione a garantirlo, che sarebbe già abbastanza, ma una morale molto più alta: dal fatto che siamo liberi per nascita, oltre che per che per civiltà».

Ci sono state molti distinguo rispetto alle manifestazioni, al fatto che fossero o meno autorizzate, che si svolgessero nel rispetto delle regole.
«È importante che ogni protesta abbia delle regole. Anche se a dirla, che cosa strana che è questa. Ma non è vero che la protesta debba per forza essere anarchica. Di per sé la protesta deve avere delle precise regole. Usiamo pure la parola educazione, perché l’educazione di una protesta serve a farla bene, a portarla a un risultato».

Perché gli adulti e la società tendono a reprimere la libertà di espressione dei giovani?
«Perché i giovani si esprimono con un loro linguaggio, con il loro modo di comunicare e non tutti hanno la capacità e la disponibilità ad ascoltare. I ragazzi vivono spesso con una grande rabbia dentro, con un bisogno spaventoso di comunicare. Anche se alcuni sembrano ostentare di avere già tutte le risposte, in realtà vivono con tantissime domande dentro che cercano una risposta».

Lei ha 80 anni, ha vissuto e visto tanto della nostra storia recente. C’è stato un momento in cui secondo lei la libertà di espressione è stata più a rischio dopo il ventennio fascista?
«Tutto è cambiato all’inizio degli anni Ottanta. Lì si è proprio percepito lo stravolgimento dei valori che ci avrebbe portato a quello che ancora oggi stiamo vivendo. Da lì in poi vendere, comprare e consumare sono diventati fari abbaglianti nei nostri occhi».

Pensa che la libertà di espressione e la libertà più in generale siano in pericolo?
«Io penso che la libertà sia abbastanza difesa, in fin dei conti stiamo parlando qui proprio per questo».

Le manca insegnarlo ai ragazzi a scuola?
«Mi mancano i ragazzi del liceo, il contatto quotidiano con loro. Ma ho insegnato per quarant’anni, spero sia servito. A loro come a me».