(ilfattoquotidiano.it) – C’è da capirlo, Roberto Speranza, e forse da esercitare un po’ di indulgenza nei suoi confronti. L’ex ministro della Sanità, malgrado i natali lucani, a fare il governatore della Basilicata non ci voleva andare. Punto. L’hanno tirato per la giacca in tutti i modi, alimentando il senso di colpa per un candidato che non si trovava mai, per faide imbarazzanti e figure barbine del centrosinistra tutto. Ora la sfida per la conquista della Regione è quasi disperata, ma Speranza non ne ha colpa, gliel’ha detto in tutti modi: in Basilicata non ci vuole an-da-re. E basta.

Il triste epilogo della vicenda si è consumato ieri, quando l’ex ministro si è sentito in dovere di ribadirlo di nuovo. E stavolta ha usato un’argomentazione peculiare, diciamo: “Chi in queste ore ha accostato il mio nome alla candidatura a presidente della Regione Basilicata rimuove il carico di responsabilità che ho avuto sulle mie spalle negli oltre tre anni di mandato“ al ministero della Salute. Gli anni del Covid. “Sono continue le istigazioni all’odio personale sui social” e “questo clima mi costringe ancora a vivere sotto scorta, con tutto ciò che questo comporta per me e per i miei cari”. Colpa dei no vax. Lo stato d’animo di Speranza è comprensibile, massima solidarietà. Ma la Basilicata, con la scorta, che c’entra? Il Metaponto non è mica il Vietnam.