
(Paolo Di Stefano – il Corriere della Sera) – L’invito a esercitare la scrittura a mano, e particolarmente il corsivo, viene ormai dagli scienziati quasi più che dagli esperti di didattica e dai linguisti. Quando si parla di pensiero, linguaggio, scrittura, tendiamo a pensare al mondo della cultura, mentre dimentichiamo che si tratta di fenomeni culturali che hanno un fondamento biologico. È quanto dice l’immunologa e accademica della Crusca Maria Luisa Villa: un seminario all’Università Cattolica di Milano su «Lingua e scrittura nell’oggi digitale» è dedicato proprio a questi temi sentiti ormai con urgenza anche dai neurologi e dai neuropsichiatri (sempre alla Cattolica se ne parlerà ancora il 13 marzo e il 10 aprile).
Lo scrivere a mano, ricorda Villa, mobilita una trentina di muscoli, una ventina di articolazioni e una dozzina di aree del cervello, creando una «memoria motoria». Un tempo, le scuole di scrittura avevano per oggetto la calligrafia, oggi puntano sulla creatività, come se manualità e creazione fossero due mondi separati. Semmai, la scrittura è tutta delegata ai polpastrelli che digitano il più rapidamente possibile sulla tastiera o sullo schermo: a scuola la lentezza del corsivo sempre più cede il passo alla semplificazione del maiuscoletto e nella quotidianità trionfa la digitazione. […]
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Fontana ” qui nel giornale c’è uno spazio vuoto, mettiamo una foto o un disegno”
Capo redattore “potremmo riempire questo spazio con un articolo”
Fontana “hai ragione fai scrivere 2 cazzate a Di Stefano e risolviamo il problema”
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Come no, aridateci le ricette illegibili. E non solo questo: la calligrafia (lo dice l’etimologia della parola) discrimina, il computer è più democratico. Da quanto afferma questa scienziata sembrerebbe che solo scrivere a penna mobiliti. Con la tastiera no? Si scambia il software con l’utilizzatore dello stesso che appare, secondo questa emerita, un robot che utilizza un altro robot. Glielo vada dire ad illustri scrittori e giornalisti del passato che utilizzavano la macchina da scrivere. Ogni tanto riescono fuori questi articolo insignificanti (forse, come dice Giulio, per riempire spazi vuoti)
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Chiamasi progresso… E non è sempre detto che sia la cosa migliore… Ma tant’è… I capolavori dei frati emanuensi sono tali perché non esistono più!
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