La campagna della paura: così Meloni indossa l’elmetto a tre mesi dalle Europee. La “chiamata” alla mobilitazione della polizia dopo il braccio di ferro col Quirinale. L’allarme per le piazze in primavera

(di Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – ROMA — Agita la paura, ma la mescola con un allarme — al momento contenuto, a dire il vero — che esiste sul tavolo del governo. Cavalca la linea della fermezza nonostante gli appelli del Colle e le manganellate di Pisa, ma la accompagna con le indicazioni dei servizi e del Viminale che indicano nella guerra in Medio Oriente un potenziale detonatore delle piazze di primavera. C’è cinica ricerca di consenso e un po’ di preoccupazione, nelle parole consegnate da Giorgia Meloni ai sindacati di polizia. Perché la premier convoca i rappresentanti degli agenti per mostrare che la destra di governo è al loro fianco, dopo dieci giorni di polemiche. Costruisce un messaggio legalitario, che intende cavalcare nelle prossime elezioni regionali e soprattutto in vista delle Europee. Ma indica anche un evento, un luogo e una data — il G7 del 14 e 15 giugno in Puglia — che è da tempo sotto la lente dell’intelligence e dei responsabili dell’ordine pubblico. Lo spettro è che quel summit rischi di coagulare in qualche modo mondi del dissenso assai distanti tra loro — questa almeno è la tesi — con effetti potenzialmente imprevedibili.
Il primo dato è comunque indiscutibile: Meloni sceglie di esporsi su un tema caro alla destra, quello della sicurezza e del rischio di incidenti. Lo fa nonostante quanto accaduto negli ultimi giorni in diverse piazze italiane. E nonostante il senso dell’appello del Quirinale, che sembrava indicare anche nella moderazione dei toni la strada migliore per ridurre le tensioni. La presidente del Consiglio, invece, convoca personalmente la polizia nella sede dell’esecutivo. Ufficialmente per discutere del rinnovo del contratto: la questione viene però rapidamente trattata e rimandata ai prossimi incontri, mentre la leader si sofferma sull’ordine pubblico e i rischi per la sicurezza. Un attivismo che sembra confliggere anche con la posizione assunta pochi giorni fa da Matteo Piantedosi, che aveva indicato se stesso come l’unico depositario del rapporto tra il governo e le forze dell’ordine. Dopo il nodo dei migranti, dunque, un altro capitolo dell’agenda di sicurezza che Meloni e Alfredo Mantovano portano a Palazzo Chigi.
Questo dettaglio svela la filosofia dell’operazione della premier. Nei giorni durissimi del conflitto con Mattarella dopo le cariche contro gli studenti a Pisa — e prima della retromarcia della premier — l’accusa mossa informalmente da Meloni al Colle era quella di avere in qualche modo esposto le forze dell’ordine in un momento delicato. Ecco, quanto consegnato ieri ai sindacati di polizia è la traduzione di quell’allarme. In realtà, esiste una distanza tra l’approccio di Meloni e quello dei vertici della polizia, in questa fase. L’allarme della leader, infatti, si può sintetizzare nel timore che galassie filopalestinesi si saldino nelle piazze. Accanto ai pacifisti e alle forze politiche, non possono escludersi infiltrazioni di anarchici e dei centri sociali. Questo, almeno, è il senso dell’alert. E tutto questo potrebbe convogliare nell’appuntamento pugliese del G7, dove si sta pianificando un piano straordinario per l’ordine pubblico. L’indicazione arrivata nei giorni scorsi dal Viminale, però, è assai più cauta: l’obiettivo è contenere al massimo i potenziali rischi dei cortei. Anche quelli non autorizzati — che sono una fetta rilevante — cercando a tutti i costi il confronto con i manifestanti. Accompagnare questo approccio con la protezione di obiettivi sensibili, ma comunque riducendo per quanto possibile il confronto diretto con chi scende in piazza.
Peccato che sia uno SCOLAPASTA.
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È il modello che più le si addice…
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Con l’ elmetto,la scolapasta o a capelli al vento,domenicaa in abbruzzo si vota e il popolo sarà sovrano nel bene e nel male.
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