ABRUZZO AL VOTO – Alle urne il 10 marzo. Duello. Il missino Romano e il rettore scanzonato

(DI ANTONELLO CAPORALE – ilfattoquotidiano.it) – È tutto un corri corri in Abruzzo. Non per riscoprire la Maiella o Benedetto Croce o Flaiano, ma per misurare la portanza di Giorgia Meloni nel suo fortino nero. L’Aquila, città che l’ha eletta in Parlamento, è oggi governata da un ardito del fronte della gioventù, Pierluigi Biondi. Un ragazzo missino con il quale Giorgia ha appunto fatto fronte in piazza, fabbricando striscioni, proteste, volantini, sfidando i manganelli ora tanto di moda. Biondi è installato a L’Aquila mentre l’altro compagno d’avventura, nostalgia canaglia, difende a Pescara la fiamma ancora accesa dei Fratelli d’Italia. È Marco Marsilio e governa la Regione. Con lui si va verso la costa. Cioè a Pescara, la città che ha il mare che non si vede. Deve bastare la spiaggia. Pescara è vitale, ipercinetica ma corrotta dalla fame che l’affligge: mangia cemento, vive di cemento, sogna il cemento e lo promuove a indice di civiltà, di speranza. Tanto che un giorno di qualche anno fa, il sindaco Marco Alessandrini chiese al grande scultore e concittadino Ettore Spalletti un consiglio per amministrarla al meglio: “Prenda una ruspa che dal porto strappi la crosta che sigilla la città”.
Marsilio fregò cinque anni fa l’Abruzzo al centrosinistra, vedovo del lungo dominio di Luciano D’Alfonso, un Remo Gaspari venuto male, e di una coalizione monca dei 5stelle. I quali anzi avevano la loro portabandiera, Sara Marcozzi, molto vicina a Luigi Di Maio. Il 20 per cento dei voti raccolse Marcozzi, ma poi: puff. La cambusa pentastellata svuotata, Di Maio in fuga e lei, sempre sorridente e ottimista, trapassata in Forza Italia che la candida per la terza volta in Regione. Oggi D’Alfonso, uomo forte del Pd (è stato sindaco di Pescara, governatore, poi senatore, poi deputato, domani chissà) ha immesso nell’agone un secondo Luciano, D’Amico il cognome, già rettore dell’Università di Teramo e Ad della compagnia di trasporto regionale.
Accademico ma empatico, con un sorriso che apre all’amicizia e la forza di un eloquio ricercato ma non aulico. Candidato autorevole, forse addirittura vincente. D’Amico vede, grazie al vento di Sardegna, le proprie chance notevolmente aumentate (tra i 5 e i 3 punti la distanza stimata) tanto che la chiusura elettorale l’avrebbe prevista con Alessandra Todde, donna del giorno, e nessun altro leader. Giuseppe Conte era infatti ieri a L’Aquila e ha iniziato a trottare per ridare fiato e visibilità al suo gruppo. È già stata e ritornerà da queste parti Elly Schlein; è atteso anche Carlo Calenda. Solo di Matteo Renzi non si sa nulla, né sembra un problema. Resta la suggestione di un campo larghissimo, molto oltre l’immaginabile. Tanto che Giovanni Legnini, candidato presidente sconfitto alle scorse elezioni, già commissario straordinario per il sisma aquilano, pronostica una prestazione eccellente del centrosinistra: “Non spetta a me fare previsioni. Osservo solo che questa volta si è uniti, il vento ha cambiato direzione”.
L’impresa resta difficile se si pensa ai quattrini che i vari governi hanno immesso negli anni e alla rete di potere che il centrodestra ormai vanta. L’Aquila, in ragione della terribile disgrazia del terremoto, ha ricevuto una messe di finanziamenti, 7 miliardi di euro e il conto è parziale, che gonfiano a dismisura vista la dimensione della città (69 mila abitanti). “La nostra è una struttura già collaudata, validata, con una rete di rapporti solidi e una capacità di gestione indiscutibile”, anticipa Lorenzo Sospiri, presidente del consiglio regionale e motore della coalizione. “Loro devono sempre fare affidamento al vecchio sistema di potere post Dc”. La destra riduce infatti la riscossa del centrosinistra alla combine romantica dei due Luciani, l’ex governatore D’Alfonso e il candidato D’Amico, oggi giornalisticamente battezzati “i Lucianos”.
Eppure il timore che qualcosa non vada alla destra nel verso giusto arriva nell’ansia di prestazione che assilla. Ieri, in limine mortis, il finanziamento del nuovo tratto ferroviario Roma-Pescara, realizzazione agognata da anni e ora venduta in saldi al mercato della campagna elettorale. Meloni, che qui ha due fratelli da tutelare, avrà applaudito il Cipe che ha proceduto nello sganciamento di altri milioni per dare fiato a Marsilio, il missino romano, abruzzese di famiglia. “Marco sente il peso della sua funzione mentre il loro D’Amico risulta più lieve”, commentano pensosi al quartier generale del presidente uscente.
D’Amico è il rettore che non ti aspetti, diretto, sorridente, anche un po’ scanzonato, mentre Marsilio è il missino che non ti aspetti: spessissimo in grisaglia a misurare la distanza dell’auto blu col resto del mondo. Ha già una discretuccia carriera di gaffeur. “L’Abruzzo è bagnato da due mari e se vogliamo dovremmo dire tre, comprendendo lo Ionio”, disse a un evento. Parecchio sfigato una seconda volta quando annunciò con una nuotata l’apertura delle Naiadi, storico stadio del nuoto pescarese. La piscina chiuse il giorno dopo la sua nuotata e amen. Dal fisico prestante, modello per il brand di Brioni, ha regalato all’apertura della campagna elettorale a tutti i presenti l’attrezzo che produce bolle di sapone. Intendeva commentare con questa immagine la nientità del centrosinistra. Invece, e purtroppo, gli acidi avversari hanno ribaltato l’intenzione promuovendo una foto tremenda: tutti i suoi fan che – prima di salutarsi – soffiano insieme a Marsilio. E le bolle si spiaccicano sulle loro teste, come nei più belli autogol.
Bruttino l’articolo. Sembra di leggere un tipico giornalone, ma di quarant’anni fa.
"Mi piace""Mi piace"