(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Caro Marco, questa notte ho subito un terribile incubo che vorrei condividere con te, per le ragioni che tra poco dirò. Ne sono ancora talmente scosso che spero di esprimere compiutamente il turbamento e il disagio di quegli angosciosi attimi. Dunque, nel mio sogno sfogliavo il nostro Fatto Quotidiano quando nelle prestigiose pagine dei commenti sono colpito dalla dimensione di una sleppa che occupa quasi un’intera pagina con la stessa arroganza di una divisione russa nel Donbass: calcolo 174 righe di piombo fuso e quasi novemila caratteri all’uranio impoverito (il mio è un sonnambulismo fotografico). Leggo il titolo: “Mosca guarda all’Europa”. E subito l’occhio cade sulla firma: Alexey Paramonov. Oddio, ma non si tratta dell’ambasciatore della Federazione Russa in Italia? Sì, è proprio lui. Poi leggo il distico: “Si tratta di opinioni che riflettono le posizioni del governo russo, a cui la Ue attribuisce la responsabilità del decesso in carcere del dissidente”. Sempre più agitato sogno di sognare le cose peggiori di te e del nostro giornale. Sei forse impazzito? Non ci bastano le accuse di filoputinismo e di intelligenza col nemico? Le liste di proscrizione con le nostre firme accostate ai peggiori lacchè del Cremlino criminale?

Nel testo lordo di sangue (è un incubo in technicolor) il servo di Mosca si lancia in affermazioni aberranti, una su tutte: “Si nota sempre più che, dietro ai discorsi sull’‘autonomia strategica’ della Unione europea c’è sempre meno Europa, la quale sembra dissolversi nei ranghi omogenei sempre più militarizzati dall’Occidente collettivo, plasmato prevalentemente da Stati Uniti e Regno Unito”. È davvero troppo, come possiamo noi farci strumento di tale menzognera propaganda? E senza prenderne le distanze, come se bastasse quel tartufesco distico del “si tratta di opinioni che riflettono le posizioni del governo russo”. E di chi se no, della moglie di Navalny? E soprattutto come si permette quel diplomatico al polonio di definirti “stimato direttore”, senza che tu reagisca con sdegno. Mi desto all’improvviso. Digito il cellulare e apprendo che l’infame articolo è stato pubblicato, realmente, ma su Repubblica (una forma la mia di premonizione dissociata). Mi detergo il sudore e respiro sollevato. I valori occidentali e della Nato sono dunque al sicuro. Riprendo sonno felice.