È lei, mamma, il perno di un sistema che fa della famiglia italiana un unicum. Ma la realtà è un’altra, i nostri giovani restano a casa perché mancano i solidi aiuti economici e sociali che invece privilegiano tanti giovani del Nord Europa.

(Franco Bruno – ultimabozza.it) – Quella foto sull’autorevole quotidiano tedesco Frankfurter Allegemeine Zeitung ha fatto scalpore. No, stavolta nessuna pistola mafioseggiante adagiata su un piatto di spaghetti, ma una serie di barattoli di pomodori pelati, che da Mutti in tedesco diventano Mutter, cioè mamma. È lei il perno di un sistema che fa della famiglia italiana un unicum, una sorta di nido-gabbia dal quale nessuno vuole evadere. E da lì sul filo canzonatorio, con refrain mandolinesco di madri sollecite ad ingozzare la prole, la riflessione. I bamboccioni diventano mammoni, e viceversa. Nel Belpaese, i figli sostano volentieri entro le mura domestiche, capitalizzando quanto previsto dall’art. 147 del Codice Civile che comporta per entrambi i genitori l’obbligo di fornire loro il necessario non solo in riferimento alla natura alimentare del mantenimento, ma anche al contesto sociale per la vita di relazione in cui essi sono inseriti (sempre in base alle disponibilità economico-patrimoniali, ovviamente).
Il mosaico dei doveri comprendente tutte le varie attività utili per lo sviluppo psico-fisico degli stessi (come la “paghetta” per le spese quotidiane), nonché gli obblighi di istruzione ed educazione, si ricompone nel quadro degli aspetti affettivi e relazionali per la formazione del senso civico, della coscienza sociale, e di quelli cognitivi e formativi del grado culturale che i genitori ritengano utili. L’obbligo del mantenimento per i figli anche se nati fuori dal matrimonio viene sancito dall’art. 30 Cost, mentre il sostegno morale e il rispetto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni di chi cresce trova il suggello nell’art. 315-bis del Codice Civile.
Eppure, il caso di cronaca della donna di 75 anni di Pavia che ha ottenuto da un giudice il suo buon diritto a far sloggiare da casa due figli (con lavoro fisso) quarantenni e poco più, stigmatizzato (i giovani italiani, i peggiori mammoni d’Europa) dagli “amici” germanici accigliati del Faz, solleva una questione fondante.
Si diventa adulti al compimento del diciottesimo compleanno, o quando ci si paga le bollette da soli, senza aiuti? C’è un’età anagrafica che sancisce l’ingresso nella maturità, o questa è uno spettro a cui si partecipa in maniera diversa? Il papà che ai figli 31enni paga ancora il cellulare, forse demolisce ogni teoria sull’età adulta e le bollette, diventando un discrimine. I dati statistici Eurostat confermano che i ragazzi italiani escono da casa intorno ai 30 anni, ma il primato spetta ai croati che la lasciano a 35 anni, come per spagnoli e greci, tendenza di tanti Paesi mediterranei. Ma lo stereotipo dell’italiano “mammone” (pur votato all’indipendenza) viene ridimensionato dalla mancanza di solidi aiuti economici e sociali che invece privilegiano tanti giovani del Nord Europa, indotti a vivere da soli a 18 anni, o a 24 come in Germania (e la Faz gongola!), grazie a un sostegno statale per le famiglie di 250 euro (il Kindergeld) e fino a 900 euro (il Bafog) in base al reddito. Non uscire fuori, da noi, è una condizione dettata da uno status economico precario: ecco il punctum dolens, a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile del 27,3%. È pura utopia: una società e ad un mercato del lavoro “aperti”, regolati dal merito. Diseguaglianze sociali dipendenti dalla famiglia e dalle amicizie “chiudono” il mercato e insieme ad un debito pubblico devastante, al sistema pensionistico a gruviera, precipitano i giovani in buco nero. Rimanere a casa, non è una scelta, ma una necessità. Vuoi vedere che non è colpa dei bamboccioni, ma delle generazioni precedenti?
Non so cosa ci sia scritto nell’articolo originale del FAZ quindi il mio commento rischia di essere azzardato.
Se ipotizzo che l’articolo si limiti solo a scrivere che gli italiani siano mammoni e nient’altro, la prima considerazione che posso fare è la seguente:
L’Italia, in quanto a libertà di stampa, è indietro alla Germania. però su un articolo del genere posso tranquillamente affermare che dare la libertà di stampa ai tedeschi è come dare le perle ai porci.
Sarebbe stato molto più professionale dire il pechè gli Italiani sono bamboccioni.
Sarà per il precariato?
Sarà perchè ci sono gli stipendi inadeguati al costo della vita?
Sarà perchè le lobby di vario genere erodono costantemente il potere di acquisto dei giovani e non solo? Il tutto con la complicità di una classe politica ancor più inadeguata?
I bamboccioni nostrani poi sono in buona compagnia con greci, spagnoli e croati; casualmente, per chi crede al caso, anche in questi paesi ci sono molti elementi comuni con le condizioni lavorative e salariali che sono presenti nel nostro belpaese.
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