Intervista al leader del M5S: “L’invio delle armi all’Ucraina ci divide. A Putin suggerirei di far indagare una commissione internazionale sulla morte di Navalny”

Giuseppe Conte a Nuoro con la candidata governatrice per la Sardegna nel Campo largo Pd-M5s Alessandra Todde

(dal nostro inviato Stefano Cappellini – repubblica.it) – CAGLIARI— Giuseppe Conte arriva alla Fiera di Cagliari per il comizio principale del suo tour a sostegno di Alessandra Todde, vicepresidente del M5S e candidata alla presidenza di Regione, quando ai cancelli ci sono già numerose persone rimaste fuori. Non c’è posto nella sala da 1500 posti, molti sono in piedi e nei corridoi, per ragioni di sicurezza non può più entrare nessuno. Quando Conte viene informato, chiede allo staff di uscire all’esterno: «Organizzate almeno un saluto con me, perché dobbiamo perdere i voti di queste persone e dei loro familiari?». In Sardegna si vota domenica e per Todde, sostenuta anche da Pd, Verdi, Sinistra italiana e altre liste minori, la speranza è farcela per un pugno di voti: il suo avversario è il sindaco di Cagliari Paolo Truzzupupillo di Giorgia Meloni sostenuto da tutto il centrodestra, ma in campo c’è anche l’ex governatore ed ex dem Renato Soru. Concorrenza interna alle opposizioni, tanto che Conte ha trascorso i due giorni precedenti in giro per l’isola a stringere mani e dire: «Chi vota Soru, elegge Truzzu».

Raggiungiamo l’ex premier in un salottino retropalco, mentre aspetta il suo momento sul palco e mentre in sala si produce il non frequente spettacolo di bandiere del M5S e del Pd che sventolano sotto lo stesso tetto. Lui accetta di rispondere alle domande di Repubblica.

La Sardegna dimostra che l’alleanza con il Pd si può fare o è possibile solo quando è in campo un candidato del M5S?

«Non è mai stato questo il criterio. Qui si è fatto un tavolo di confronto molto serio che avrebbe potuto concludersi anche con la scelta di un altro candidato. Io non ho fatto una sola telefonata per Todde, giuro. In Abruzzo non c’è uno dei nostri, eppure siamo in coalizione anche lì».

Si farà l’accordo anche in Piemonte?

«In Piemonte ci sono altri problemi».

Non dica la Tav perché è il suo governo che l’ha varata definitivamente.

«Mi riferisco ad alcuni progetti specifici che ci stanno impedendo di condividere tutti gli obiettivi, però mi risulta che il dialogo sia aperto».

Ma lei alla costruzione di un’alternativa nazionale alla destra vuole lavorare o no?

«E perché non dovrei? Qualcuno pensa che mi piaccia stare all’opposizione?».

Qualcuno pensa che a lei piaccia avere le mani libere e sfruttare l’opposizione per aumentare i consensi.

«A me interessa mandare a casa Meloni e la Sardegna può essere un primo passo. Non mi piace parlare di laboratorio perché penso sia irrispettoso verso gli elettori sardi, però è chiaro che qui con il Pd abbiamo messo in campo una proposta forte, incarnata da una candidata credibile, competente e onesta. Dobbiamo farlo anche a livello nazionale, io chiedo solo che ci sia un progetto serio e autentico e non un cartello elettorale dettato dalla necessità e dall’ansia di potere degli apparati».

Cosa non c’è di serio allo stato attuale?

«Non ho detto che non ci sia serietà, ma bisogna sedersi a un tavolo e affrontare le questioni per arrivare a una sintesi là dove partiamo da posizioni più distanti».

Nell’ultima intervista al Corriere della sera lei ha parlato di ambiguità del Pd. Un’accusa che sarebbe facile rovesciare su di lei. Ha anche accusato il Pd di bellicismo. Lo ridirebbe?

«Mi riferivo solo alla questione dell’invio delle armi all’Ucraina, che, come è noto, ci divide. C’è chi dice: eh, ma come farete a governare insieme se non siete d’accordo su materie come questa? Ma le armi a Kiev sono il punto finale di un ragionamento più ampio. Viviamo in un mondo dove crescono i conflitti, vogliamo ragionare sul ruolo dell’Europa, della Nato, del nostro rapporto con gli alleati? Poi sulle ricadute finali del ragionamento si possono trovare terreni d’intesa».

Sa che in molti pensano che le sue siano posizioni filorusse?

«Lei pensa che io sia a favore di Putin?».

Penso che senza sostegno militare all’Ucraina si fa il volere di Putin.

«Essere a favore di una soluzione diplomatica non significa aiutare Putin. Veramente pensiamo di andare avanti con una visione unipolare di governo del mondo? I Paesi Brics rappresentano metà della popolazione mondiale. Vogliamo provare a impostare un nuovo ordine o ci mettiamo a inviare armi ovunque? Con la Russia non si parla più? Con la Cina non si parla più?».

La Cina non ha invaso Taiwan, almeno non ancora.

«Mi trovi una sola mia dichiarazione nella quale io non condanno duramente l’invasione dell’Ucraina».

Condannare serve a poco se poi si lascia l’Ucraina a Putin. Nel programma del Conte uno c’era il ritiro delle sanzioni alla Russia.

«Ricordo che da presidente del Consiglio di quel governo io le sanzioni alla Russia le ho confermate ogni semestre e sarebbe bastato il no di un solo Paese a farle saltare. In questo senso non ho seguito il programma del Conte uno. Sono convinto però che le sanzioni devono essere un mezzo per arrivare a soluzioni, non un fine».

Dopo la morte in carcere di Navalny cosa deve accadere di più perché si prenda atto che con la Russia di Putin non c’è dialogo possibile?

«Anche su Navalny io ho parlato con chiarezza non ora, ma già dopo l’avvelenamento. Se fossi un consigliere di Putin gli suggerirei di lasciar lavorare una commissione internazionale per indagare cosa è accaduto, ma è ovvio che non lo farà».

Perché? Non è chiaro cosa è successo?

«Per noi lo è, infatti manderemo una rappresentanza alla fiaccolata per Navalny».

Sul conflitto Israele-Hamas avete votato la mozione del Pd sul cessate il fuoco, passata in aula anche grazie alla telefonata Schlein-Meloni.

«L’abbiamo votata, certo, ma non vorrei che avessimo fatto un favore a Meloni, che se l’è cavata con un’altra astensione dopo le precedenti due all’Onu e si è pure presa la laudatio di qualche giornale di sinistra. Sono passati giorni dall’approvazione della mozione, che è un fatto importante ma tutto interno al nostro Paese, e Meloni non ha ancora alzato il telefono per dire a Netanyahu: ora basta. Lo ha fatto Macron, lo ha fatto Biden, cosa aspetta Meloni? O bisogna pensare che sia frenata da qualche simpatia ideologica con quei pezzi del governo israeliano che sono fanatici di estrema destra?».

Ha parlato il ministro degli Esteri Tajani, dicendo che la reazione di Israele è sproporzionata.

«Bene, domando: è sproporzionata perché siamo a 30 mila morti? A 20 mila non lo era? A 15 mila era ok? Non ho mai messo in discussione il diritto di Israele a difendersi dopo l’atroce attacco del 7 ottobre, ma già il giorno dopo, parlando con il capo della comunità ebraica nazionale e quello della comunità romana, dissi loro con franchezza, guardandoli negli occhi, che non avremmo potuto accettare una reazione indiscriminata».

Ha risentito Schlein dopo le tensioni per le sue dichiarazioni sul Pd?

«Tensioni? A me non ha detto nulla».

Schlein ha detto in Transatlantico che chi preferisce attaccare il Pd anziché Meloni ne risponderà agli elettori. Ce l’aveva con lei.

«Il mio obiettivo non è mai stato attaccare il Pd, è dare agli italiani un altro governo. Sui provvedimenti più scandalosi, come sull’autonomia differenziata, Meloni dice sempre che lei ci mette la faccia. Peccato che sia una faccia di bronzo. Ecco, occorre lavorare per risparmiare agli italiani questo spettacolo».

Qui la conversazione si interrompe. Conte deve salire sul palco. Ovazione in sala.Attacca a parlare: «Sono qui per Alessandra, che ha lavorato fianco a fianco con me in questi anni. Ma voi questo Truzzu l’avete mai visto? Dicono che a Cagliari, dopo i disastri che ha combinato, non si faccia vedere…».