VIA LIBERA – La riforma Nordio passa alla Camera. Arriva il sì definitivo alla norma contro la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare

(DI ANTONELLA MASCALI – ilfattoquotidiano.it) – Alla fine ce l’hanno fatta: è arrivato il primo sì alla non riforma della Giustizia, come dicono i magistrati, a firma del ministro Carlo Nordio. Ieri il via libera del Senato, ora il ddl passa alla Camera. Ma non basta: sempre al Senato è passato il bavaglio dei bavagli, il divieto per i giornalisti di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare. È la norma inserita nella legge sulla delegazione europea che verrà licenziata oggi definitivamente da Palazzo Madama. Fu Enrico Costa, Azione, con un blitz natalizio benedetto dal governo, a far inserire il bavaglio alla Camera. Ieri la norma è passata dopo che sono stati bocciati tutti gli emendamenti soppressivi presentati da Pd, M5S e Verdi-Sinistra. M5S aveva anche proposto il voto segreto: respinto. Durante l’illustrazione degli emendamenti soppressivi, in risposta a Filippo Sensi, senatore del Pd e suo ex portavoce a Palazzo Chigi, ha preso la parola Matteo Renzi per dirgli di “non fare la solita tiritera del Fatto Quotidiano. Nessun bavaglio, ma autobavaglio dei giornalisti che sbattono in prima pagina il cittadino se arrestato e in ultima quando viene assolto”. Sensi aveva detto che “la cosiddetta famigerata legge bavaglio penalizza il lavoro dei giornalisti, non difende le garanzie dei cittadini, comprime le libertà sancite dagli articoli 21 e 27 della Costituzione”. È intervenuto anche il senatore Roberto Scarpinato: “Voi impedite ai cittadini di sapere perché avete paura delle indagini penali che scoprono i meccanismi del potere. La forza persuasiva di un documento dell’autorità giudiziaria è superiore alla sintesi cui saranno costretti i giornalisti, che inevitabilmente saranno soggettive”.

Poco prima il Senato ha approvato il ddl Nordio con la solita maggioranza allargata: centrodestra più calendiani e renziani. Hanno approvato soddisfatti il colpo di spugna che fa esultare corrotti e corruttori che beneficeranno da queste nuove norme, mentre il governo si avvia a confermare lo scudo erariale per gli amministratori ignorando il monito della Corte dei Conti di ieri, lanciato durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario.

Oltre al de profundis per il reato di abuso d’ufficio, il ddl Nordio prevede lo svuotamento del traffico di influenze: verranno esclusi dal reato i casi nei quali non si ottiene un beneficio economico, come se i vantaggi fossero costituiti solo da soldi. C’è anche la stretta alle intercettazioni, con il divieto per i pm di inserire quelle di terzi non indagati se non strettamente necessarie (a giudizio della polizia giudiziaria che ascolta). Vietato a pm e giudici di inserire intercettazioni in provvedimenti salvo siano fondamentali. Vietato ai giornalisti di pubblicarle tranne se sono in provvedimenti dei giudici o a processo. C’è poi l’aiutino a chi deve essere arrestato: dovrà essere chiamato dal pm almeno 5 giorni prima per farsi interrogare. E, in barba ai problemi di organico, sulle richieste di ordinanze di custodia cautelare non si esprimerà più il gip ma un collegio di giudici.

Approvata anche la norma sull’inappellabilità per i pm di sentenze d’appello di assoluzione per reati a citazione diretta. Unici a votare contro la riforma M5S, Pd e Verdi-Sinistra. Il 5S Scarpinato ha detto che con questa riforma si vogliono “rendere più difficili le indagini sui colletti bianchi e rendere più difficili gli arresti”, ma il dibattito “ha fatto comprendere all’opinione pubblica che questa riforma non risponde agli interessi dei comuni cittadini”. La senatrice Anna Rossomando del Pd è sarcastica: “Voi state vendendo ai sindaci la Fontana di Trevi perché in realtà l’abuso d’ufficio è già stato modificato nel 2020”. Intanto il governo si appresta a prorogare lo scudo erariale per gli amministratori. Lo scorso anno l’aveva esteso fino a giugno 2024, ora lo allungherà fino a dicembre. La maggioranza parlamentare, in realtà voleva molto di più. Ha presentato 4 emendamenti al Milleproroghe in commissione Affari costituzionali della Camera per garantirlo fino al 2026, ma Palazzo Chigi l’ha “mitigato” per dare un segnale di distensione alla Corte dei Conti con la quale i rapporti sono tesi fin dalle prime insofferenze del governo Meloni ai poteri di controllo.

Proprio ieri, durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario dei magistrati contabili, il presidente Guido Carlino ha bollato come “non necessaria” la proroga dello scudo erariale e il pg della Corte dei Conti, Pio Silvestri, osserva: “Il perseguimento delle responsabilità lo si deve, innanzitutto, alla stragrande maggioranza degli amministratori nonché dei funzionari pubblici” onesti.