PUNTI DI VISTA – Il film sul Donbass accusato di essere filo-Putin, dopo il “no” di Bologna doveva essere proiettato al circolo l’Affratellamento Appositi saggi hanno però deciso che non succederà per motivi estetici

(DI FRANCO CARDINI – ilfattoquotidiano.it) – Firenze è governata da democraticissimi liberticidi: e la cosa non sembri paradossale. Da molti mesi ormai tutto il “nostro Occidente” è scosso dalla guerra che con ottimistico ma inesatto giudizio potremmo definire “russo-ucraina”.

Su ciò i pareri, almeno quelli emergenti, sembrano divisi non già tra una “Destra” e una “Sinistra”, bensì tra un “Alto” e un “Basso”. Intendiamo dire che al riguardo tutte le componenti del mondo dirigente ed emergente – politica, parlamentari, capi di partito, “piani alti” dell’economia e della finanza, gestori e personale esecutivo dei media – sono allineate e coperte dietro alle scelte del governo degli Stati Uniti, della NATO di Lorsignori di Davos; laddove però moltissimi non membri del felicissimo ceto dirigente, fin troppa gente che ormai da tempo non va più a votare (in Italia quasi la metà dagli aventi diritto) e qualche politico, qualche giornalista, qualche studioso, si vanno invece interrogando sulle ragioni sostenute dall’Occidente che ha scelto la causa ucraina e la supporta con ogni mezzo, gli economico-finanziari e i militari in primis.

Siamo in altri termini, per dirla in termini gramsciani, di un fronte sostanzialmente compatto dei “governanti” e dei “ceti egemoni” contrapposto a un altro fronte – meno evidente dati i mezzi a sua disposizione ma non meno esteso né meno deciso e combattivo – dei “governati” e dei “ceti subalterni”, appoggiato a quel che pare anche da una maggioranza che sta dando segni d’inquietudine e non è più troppo disposta a restare “silenziosa”.

Mentre l’auspicata vittoria della “democratica” (?) Ucraina e dei suoi “alleati” tarda a venire, contrariamente alle magnifiche sorti e progressive promesse un paio di anni or sono, molti dubbi sulle verità proposte-imposte dal politically correct ufficiale e dai suoi agguerriti media sono affiorate.

Nell’àmbito della crescente impazienza di quelli che Prezzolini definiva “gli Àpoti” (vale a dire “Quelli che non la bevono”) si collocano evidentemente i quattro gatti raccolti in due associazioni delle quali sentiremo probabilmente riparlare alle elezioni amministrative, Firenze Rinasce e Firenze Consapevole, le quali in fondo si sono limitate a constatare che, al di là di qualunque legittima libera posizione, la massa qualitativa e quantitativa di notizie che ci giunge filtrata dai nostri media giornalistici, televisivi e informatici è scarsa e pericolosamente squilibrata a favore di una delle due parti protagoniste del conflitto, senza che ai “governati” sia offerto – o anche semplicemente permesso – un più libero accesso alle fonti.

E sì che ce ne sarebbero: e di primissima mano. A parte, ad esempio, di quello che ci dicono pochi giornalisti civicamente indipendenti e coraggiosi, per il resto quasi nessuno ha il coraggio di “cantare fuori dal coro”. Per esempio, Andrea Lucidi e Vincenzo Lo Russo, due pubblicisti residenti in Donbass, che non hanno assolutamente intenzione di contestare proprio nessuno né di sovvertire un bel nulla, ma che stanno facendo con onestà e coraggio il loro lavoro di professionisti liberi: e in quanto tale segnalano ad esempio come utile strumento d’informazione e legittimo oggetto di discussione il “docu-film” dal titolo Il Testimone. Lucidi e Lo Russo sono esplicitamente pronti a rispondere a chiunque intenda verificare la qualità e l’onestà intellettuale del loro lavoro, che presenta la situazione in Donbass – e quindi in Russia, in Ucraina e in Crimea – come molto diversa da quella che le varie e sostanzialmente concordi voci della Vulgata a noi nota (“troppo” concordi) ci presentano.

Il docu-film, presentato dalle due associazioni delle quali si è detto, aveva già ottenuto cortese e generosa ospitalità presso il circolo L’Affratellamento di Firenze, dove avrebbe dovuto essere proiettato giovedì 1 febbraio. Ma la notizia, nel frattempo, ha raggiunto le alte sfere di Palazzo Vecchio, forse via Bologna, che per voce del suo sindaco Matteo Lepore ha sentenziato: “Non s’ha da proiettare!”. E grazie al sindaco Dario Nardella e alla sua vice, Alessia Bettini, si sono subito messi all’opera i Bravi fiorentini.

Il 25 scorso Luigi Mannelli, presidente dell’Affratellamento, ha chiesto di controllare la pellicola che duole di dover ormai definire “incriminata”. Sembra di sognare. Lo ha già fatto altre volte? Non avrebbe potuto (e dovuto) farlo prima, anziché accettare – “incautamente”? – l’annunzio di prossima proiezione? Ad ogni modo viene riunito il consiglio direttivo dell’Affratellamento, i membri del quale debbono essere con ogni evidenza eminenti studiosi, specialisti illustri di geopolitica e finissimi cultori nel delicato ramo della documentaristica cinematografica. E debbono essere anche linguisti e slavologi di alto livello, in quanto hanno visionato il film con la consulenza di un’esperta russian speaking, forse di madrelingua russa, ma proveniente comunque da Kiev e con molta probabilità (è un suo diritto) sostenitrice di Zelensky.

Comunque, il Consiglio dei Saggi dell’Affratellamento alla fine si esprime. E qui par di essere davanti a un processo di “purga” stalinista organizzato dal grande, indimenticabile Vyshinsky. I Saggi dichiarano difatti che “Il Testimone è un film modesto, per i contenuti e per l’ingenuità narrativa”, e precisano “che non sia un prodotto culturale da censurare”. E allora? “La visione è annullata anche perché il tema stesso – molto importante – sarebbe stato deviato a causa delle sorprendenti reazioni che ha sollevato, nonché per i contenuti della proposta cinematografica in questione”.

Il verdetto è degno della finezza, della chiarezza e della competenza di chi lo ha vergato: “Il film è serenamente al di sotto, riteniamo, della capacità critica e di discernimento della popolazione italiana, in particolare dei nostri concittadini fiorentini”. A parte l’uso improprio dell’avverbio “serenamente”, allusivo all’atteggiamento dei giudicanti ma attribuito al film (che si sia dinanzi a un’improvvisa, inattesa caduta di stile?), si prosegue così: “Ci sentiamo di dichiarare che questo film sia tanto mediocre quanto di propaganda, sì, ma molto al di sotto di innumerevoli altri film (di segno diverso, naturalmente) che abbiamo già visto e che, serenamente abbiamo lasciato fruire anche ai nostri figli”. È quindi anche per lodevole, meritoria preoccupazione etico-pedagogica che si è ricorsi alla censura (pardon: quale altro termine dovrei usare?) nei confronti de Il testimone?

Ma infine, ecco la ciliegina sulla torta: l’Affratellamento ha quasi 150 anni e rivendica si svolgere “Il suo ruolo nella vita sociale e culturale della città”, “non senza gravi difficoltà”: “riceve sostegni istituzionali di cui ringraziano, ma senza nessuna flessione di subalternità. Non possiamo né vogliamo rinunciare a questa eredità di indipendenza”.

Ma tu, caro Dario, in questa riedizione fiorentina dei Promessi Sposi in riva all’Arno, tra Renzo Lucidi e Lucia Lo Russo con la partecipazione straordinaria di don Abbondio Mannelli, come ti situi? Se ascoltiamo Rodrigo Lepore che tuona da Bologna che questo film non s’ha a proiettare, tu che ne pensi?