TRUPPE – Un ddl per semplificare

(DI ALESSANDRO MANTOVANI – ilfattoquotidiano.it) – Non diventeremo come gli Stati Uniti o il Regno Unito, dove i governi muovono le truppe e ordinano di sparare senza chiedere il permesso a nessuno. Ma anche da noi l’esecutivo vuole una corsia preferenziale per le missioni militari all’estero, almeno in caso di “crisi o situazioni di emergenza”, e propone una modifica della legge 145/2016: le Camere avranno solo “cinque giorni” per decidere sull’autorizzazione a mandare i soldati. Così stabilisce il disegno di legge che il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare oggi: “Il governo può individuare forze ad alta e altissima prontezza operativa, da impiegare all’estero al verificarsi di crisi o situazioni di emergenza – si legge nella bozza del ddl – La deliberazione è trasmessa dal governo alle Camere, le quali, entro cinque giorni, ne autorizzano l’impiego o ne negano l’autorizzazione”.

La sintassi traballa, ma il concetto è chiaro. Oggi la legge 145 prevede che queste delibere siano discusse “tempestivamente” in Parlamento ed è necessario passare da lì, spiegano alla Difesa, anche per aumentare un contingente di poche unità di fronte a un’emergenza. Il ministro Guido Crosetto chiede da tempo di semplificare fermo restando il principio dell’autorizzazione parlamentare. Altre norme snelliscono le procedure di finanziamento e consentono l’impiego dei militari all’estero “anche in modalità interoperabile con altre missioni nella medesima area geografica”.

Quest’ultima disposizione sembra dare copertura alla prossima delicata missione europea Aspides nel Mar Rosso, dove i miliziani sciiti Houthi, solidali con i palestinesi di Gaza, da settimane attaccano navi commerciali in transito da e per il Canale di Suez. La missione infatti si intreccerà con quella antipirateria chiamata “Atalanta” in corso nella stessa zona e soprattutto con la Emasoh/Agenor, che dal 2020 protegge la navigazione nel Golfo Persico, sull’altro lato della Penisola Arabica. Si sovrappongono in parte, tant’è che Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, ancora ieri diceva: “Atalanta ha già regole che permettono di respingere qualsiasi attacco militare e la nuova missione ha regole di ingaggio molto simili. Martedì sarò in Parlamento davanti alle commissioni Esteri e Difesa e io e il collega Crosetto siamo pronti a riferire, ma non credo serva il voto del Parlamento per questa nuova missione, perché è quella già operativa”. Le Camere voteranno almeno sulle comunicazioni del governo, ma al M5S non basta: “Facciamo notare a Tajani che l’autorizzazione parlamentare per tutte le missioni operative è scaduta il 31 dicembre 2023, quindi il voto del Parlamento serve e come, per tutte le missioni, tanto più per quelle che si vuol riconfigurare”, ha detto il senatore senatore Bruno Marton della commissione Difesa. Anche il Pd ha chiesto un dibattito parlamentare, nessuno si è detto contrario, ma lo scenario è pericoloso e i nodi da sciogliere sono molti.

È comunque difficile che il ddl sulle missioni diventi legge in tempo per l’operazione Aspides. Il 30 e il 31 gennaio ne discutono i ministri della Difesa dell’Ue, il 19 febbraio è atteso il via libera dei ministri degli Esteri. Saranno probabilmente solo Italia, Francia e Germania a mandare navi nel Mar Rosso, peraltro Roma e Parigi hanno già due fregate in quelle acque mentre l’Ue è divisa. La Spagna e altri Paesi hanno dato un assenso solo formale perché temono di contribuire all’inasprimento e all’estensione del conflitto, per quanto si parli di una missione solo “difensiva” e quindi diversa dalla più aggressiva operazione Prosperity Guardian di Usa e Regno Unito, che dal 12 gennaio bombardano gli Houthi in territorio yemenita. Proprio in risposta ai colpi ricevuti, ieri i miliziani sciiti, finanziati e armati dall’Iran, hanno attaccato due cargo Maersk battenti bandiera Usa, sia pure senza fare troppi danni. L’Europa deve ancora definire le regole d’ingaggio. Escludere attacchi a terra non basta, bisognerà decidere cosa fare con le imbarcazioni sospette: in un abbordaggio sono già morti due Navy Seals statunitensi. E occorre definire struttura di comando e rapporti con gli Usa.