LA CRISI CAVALCATA DALLA DESTRA – Rabbia agricoltori. Dopo la Germania bloccata dai trattori, proteste in Bulgaria e Romania contro i prodotti ucraini. Nel mirino ci sono politiche ambientali e scelte di Bruxelles

(DI COSIMO CARIDI E MICHELA A. G. IACCARINO – ilfattoquotidiano.it) – Berlino. Il grande viale 17 giugno, a pochi passi dal Bundestag e dalla Cancelleria, è chiuso al traffico da dieci giorni. Gli agricoltori tedeschi hanno qui il loro presidio permanente. Non c’è un partito a organizzare la protesta, ma dalle tante cabine dei trattori spuntano le bandiere del partito di estrema destra Alternative für Deutschland. Ieri il cancelliere Olaf Scholz al Grüne Woche, la più grande fiera agricola della Germania, ha tentato di ricucire: “C’è troppa burocrazia”, ha spiegato. Il leader socialdemocratico si riferisce alle normative europee che gli agricoltori devono seguire, ma lo scontento del settore ha radici più profonde.

Il governo ha tagliato i sussidi al diesel agricolo, 21 centesimi al litro. Dal suo insediamento la coalizione semaforo, formata da Spd, verdi (Grune) e liberali (Fdp) ha spinto molto sulla transizione energetica, per farlo aveva destinato 60 miliardi di euro ai programmi governativi. I fondi provenivano da risorse avanzate della gestione pandemica, ma nel novembre scorso la Corte costituzionale ha considerato illegittimo l’utilizzo, in un capitolo di spesa diverso, dei soldi iscritti a debito fuori bilancio per l’emergenza Covid. Un precedente che può avere un impatto enorme considerati gli oltre 700 miliardi di fondi extra bilancio stanziati in questi anni anche per aggirare la normativa che impone il pareggio di bilancio.

Il ministro all’Economia, Robert Habeck, ha provato a mantenere invariato il piano verde. L’effetto domino è arrivato con tagli pesanti su molti settori. Via ogni finanziamento statale per l’acquisto di auto (anche elettriche), via i sussidi all’energia sia per le famiglie che per le industrie e via i fondi per il diesel agevolato di camionisti e agricoltori. Afd ha fiutato la situazione e vuole capitalizzare il malcontento. Sin dal primo annuncio delle mobilitazioni la polizia ha sentenziato: possibili infiltrazioni di estrema destra all’interno del movimento degli agricoltori. Diversi media hanno ipotizzato che i manifestanti avrebbero tentato un assalto al Parlamento.

Le proteste invece sono state pacifiche e si sono allargate anche fuori dalla Germania. Ieri diverse autostrade sono state bloccate in Francia dove gli agricoltori affermano che le politiche di transizione ecologica rendono i produttori nazionali non competitivi. Anche in Romania, Bulgaria e Polonia il settore ribolle. Gli esperti della Commissione e gli economisti a Bruxelles spiegano che grazie ai sussidi europei gli agricoltori non sono tra le categorie più colpite dalla crisi, anzi. In un’analisi di Foreign Policy si calcola che in media un coltivatore tedesco guadagna 82 mila euro l’anno e che metà di questi soldi sono sussidi. Va considerato però che i fondi europei vengono distribuiti sulla base di ettari coltivati, sono quindi i grandi gruppi a trarre i maggiori benefici. Afd, come Front National in Francia, parla ai piccoli agricoltori, schiacciati tra le economie di scala dei giganti della coltivazione e i tagli dei sussidi.

Le politiche verdi saranno il “tallone d’Achille nelle elezioni europee di giugno” per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha scritto Politico. I popolari europei, il suo partito, vogliono misure più rilassate e permissive per permettere all’economia di riprendersi dall’inflazione e la modesta crescita di questi ultimi anni. Von der Leyen, al contrario, spinge per l’obiettivo del Green Deal: zero emissioni per il 2050. Stando ai rumors, potrebbe perfino annunciare di voler anticipare di dieci anni il raggiungimento dei target: un obiettivo che impegnerà la prossima Commissione (che verosimilmente presiederà ancora lei).

Come detto, le proteste non riguardano solo la Germania. Nell’Est Europa sono i prodotti ucraini a essere presi di mira. Dai colleghi tedeschi, gli agricoltori rumeni hanno ammesso di aver preso esempio. Da dieci giorni, con camion e trattori, rallentano e bloccano le maggiori arterie stradali che collegano una regione all’altra. Sulle balle di fieno che svettano sui loro trattori hanno appeso il tricolore nazionale e sopra hanno scritto: “Tassare il grano ucraino”. L’ultima arma rimasta a disposizione ai contadini rumeni, paralizzati dall’inflazione stellare, è paralizzare il traffico, sopratutto ai valichi di frontiera, per interrompere flusso e rotte terrestri su cui viaggiano veloci le merci di Kiev: quattro giorni fa alla dogana di Siret hanno impedito il transito dei veicoli ucraini, promettendo di procedere nello stesso modo, nei prossimi giorni, anche al valico di Krasnoilsk.

La solidarietà al Paese in guerra (che si è tradotta, dal febbraio 2022 in poi, anche nell’accesso facilitato e transito agevolato di cereali delle società gialloblu in Ue) ha trascinato molti contadini dell’est europeo in bancarotta. Nelle proteste selvagge, gli agricoltori rumeni chiedono misure immediate: deroghe e moratorie sui prestiti, sulle aliquote fiscali sempre più alte, lamentano risarcimenti statali mai arrivati (soprattutto quella chimera dei sussidi promessi a quanti sono stati destabilizzati e colpiti dall’arrivo del grano ucraino a basso costo sui mercati). Due giorni fa hanno respinto le lusinghe dell’opposizione e si sono rifiutati di scendere in piazza nella Capitale con il partito destrorso e filorusso: “Non siamo politicamente affiliati ad un partito, abbiamo sostegno a livello nazionale”, ha detto uno dei leader degli delle proteste, Danut Andrus. È fallito intanto ogni tentativo di mediazione tentato dalle autorità, che non prendono misure che i lavoratori ritengono urgentissime, come hanno scritto nella lettera aperta indirizzata al presidente Klaus Iohannis, al primo ministro Marcel Ciolacu e al ministro dell’Agricoltura Florin Barbu. Anche per questo ha chiesto l’intervento di Bruxelles il ministro degli investimenti Caciu. Non è solo: a metà gennaio i ministri dell’agricoltura di Romania e Bulgaria, insieme agli omologhi di Ungheria, Slovacchia e Polonia, hanno scritto alla Commissione Ue per chiedere l’introduzione di tariffe e tutelare gli agricoltori “dalle distorsioni del mercato causate dai prodotti agricoli ucraini”.

Da Bucarest a Sofia, per risolvere la disputa del mais e dei semi di girasole, i governi vogliono un intervento dell’Ue, che però finora è rimasta paralizzata come le strade invase dai trattori. Qualcuno a Budapest chiede perfino il divieto di vendita di alcuni prodotti ucraini per “concorrenza sleale” mentre la protesta degli agricoltori continua ad espandersi a macchia d’olio: sono programmate manifestazioni anche in Bulgaria, dove già quattro mesi fa, con trattori e camion, hanno protestato contro la revoca del divieto di transito dei prodotti ucraini. Il motivo, ieri come oggi, era uguale, anche nei dintorni di Sofia: il basso costo del grano ucraino danneggia i coltivatori locali.