DUMPING – Dal 2020 l’Unione ha approvato sussidi nazionali per 760 mld: il 70% dei sì all’asse Scholz-Macron

(DI NICOLA BORZI – ilfattoquotidiano.it) – L’Italia è il vaso di coccio dell’Unione Europea non solo sul fronte delle politiche di bilancio ma anche su quello delle regole sugli aiuti di Stato e la concorrenza. La situazione non vede miglioramenti neppure ora che al governo ci sono forze politiche sedicenti “nazionaliste”. Lo confermano i dati europei sulle misure nazionali di sostegno alle imprese, che vedono protagoniste assolute Germania e Francia, come pure le ultime vicende dell’intervento di Palazzo Chigi nell’economia. Così molti osservatori temono che le mosse tedesche e francesi facciano saltare uno dei cardini dell’Unione: la parità competitiva tra le imprese dei 27 Paesi.
Le preoccupazioni sono rinfocolate dalle ultime notizie. Nelle scorse settimane il governo di Berlino ha ottenuto l’autorizzazione Ue a fornire aiuti di Stato per 902 milioni al produttore svedese Northvolt per impiantare sul proprio territorio una gigafactory di batterie per veicoli elettrici con capacità annua per 800mila veicoli. Senza questo aiuto, Northvolt avrebbe realizzato lo stabilimento negli Usa sfruttando il sostegno dell’Inflation Reduction Act, il piano di Washington per la transizione verde.
La Germania è stata il primo Paese dell’Unione a utilizzare il nuovo sistema di “matching” dei sussidi della Commissione europea che consente ai Paesi Ue di contrastare i sussidi erogati da Stati esteri con propri aiuti. Poi è arrivata la Francia che ha ottenuto il via libera – sempre nell’ambito del quadro temporaneo Ue sugli aiuti di Stato – a un sostegno da 2,9 miliardi per le imprese nazionali che producono batterie, pannelli solari, turbine eoliche e pompe di calore e relativi componenti chiave. Programmi simili erano stati già autorizzati da Bruxelles sotto forma di crediti fiscali in Austria, Belgio, Ungheria, Italia, Slovacchia e Spagna, ma per valori molto inferiori, con scadenza al 31 dicembre 2025 nell’ambito dell’attuazione del piano RePowerEu e del Green Deal.
Le iniziative tedesche e francesi, che si avvantaggiano dell’allargamento delle maglie Ue sugli aiuti di Stato deciso dopo la pandemia e confermato dopo l’attacco della Russia all’Ucraina e la crisi energetica, hanno messo in allarme i Paesi europei più in difficoltà sul fronte della finanza pubblica, che dispongono di minori risorse di bilancio per stanziare aiuti pubblici e dunque temono di subire il dumping di Berlino e Parigi nei confronti delle proprie imprese, specialmente sugli incentivi per tagliare i costi dell’energia alle industrie. I timori paiono fondati: secondo funzionari dell’Unione Europea, alla fine dell’anno scorso nell’ambito del quadro temporaneo di crisi e di transizione energetica Bruxelles aveva autorizzato aiuti di Stato per un totale superiore a 760 miliardi di euro. La Germania aveva fatto la parte del leone, con incentivi notificati per poco meno di 360 miliardi, il 47,2% di tutti quelli autorizzati nella Ue. Alle sue spalle c’era la Francia con il 22,6% del totale dell’Unione, pari a quasi 172 miliardi, mentre in terza posizione l’Italia aveva speso solo il 7,7% della somma approvata da Bruxelles, pari a meno di 59 miliardi. Roma aveva messo dunque sul piatto un terzo delle erogazioni stanziate da Parigi e un sesto di quelle di Berlino.
A livello globale, come dimostra una recente ricerca degli economisti Simon Evenett, Adam Jakubik, Fernando Martin e Michele Ruta che hanno realizzato un database su oltre 2.500 misure di politica industriale e aiuti di Stato realizzati nel mondo lo scorso anno, il 71% degli interventi di politica industriale comporta distorsioni del commercio. Ad avvantaggiarsene sono soprattutto Stati Uniti, Ue e Cina che rappresentano il 48% delle misure a livello mondiale. Mentre le economie avanzate tendono a fare affidamento su sovvenzioni finanziarie dirette, prestiti statali e aiuti statali, quelle in via di sviluppo optano per prestiti statali, sgravi fiscali e iniezioni di capitale. Il sostegno alla competitività delle imprese nazionali è stato l’obiettivo dichiarato dei governi per oltre un terzo delle misure, mentre la risposta ai cambiamenti climatici e la sicurezza delle catene di fornitura rappresentano la causa rispettivamente per il 28% e il 15% delle misure. A livello settoriale, nel 2023 le politiche industriali si sono concentrate sui prodotti dual use militare/civile (25,7%), sulle tecnologie avanzate come prodotti medici e semiconduttori (20,6%) e a basse emissioni di carbonio (15,3%) e i minerali strategici (3%). Acciaio e alluminio, focus tradizionale delle politiche industriali, hanno pesato per il 10,1% degli interventi statali decisi nel mondo nel 2023.
Ma non tutti gli economisti ritengono che i sostegni pubblici siano misure nocive. “Gli aiuti di Stato, se ben concepiti, sono una parte fondamentale delle politiche industriali. In Europa c’è stata per decenni una sorta di furia mercatista per cui a livello ideologico qualsiasi intervento dello Stato nel mercato sarebbe stato distorsivo della concorrenza. Questa è una sciocchezza: senza aiuti di Stato, solo per citare un caso, la Ue non avrebbe il gigante aerospaziale Airbus. Dunque in realtà servirebbero più aiuti di Stato”, spiega Giovanni Dosi, professore di Economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. “Ma la questione sul lato della simmetria di applicazione”, continua Dosi, “è che in ambito Ue se gli aiuti di Stato sono erogati da Francia e Germania vanno bene, se invece li erogano altri Paesi no. Le regole comunitarie, molto feroci sulla concorrenza, se riguardano Francia e Germania sono molto più lasche. Ad esempio, quando l’italiana Fincantieri avanzò una proposta per acquistare i Cantieri dell’Atlantico francesi, Parigi e Berlino presentarono ricorso per violazione delle regole sulla concorrenza”.
“L’altro lato della storia”, sottolinea però Dosi, “è che ormai l’Italia non chiede nemmeno di intervenire con propri aiuti di Stato, perché da mezzo secolo non ha più una propria politica industriale. A Roma vale la linea di ‘pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti’, come dimostrano molte vicende tra le quali Mps, Alitalia e Ilva che ne sono lo scandaloso paradigma. Da noi lo Stato interviene all’ultimo minuto, ad esempio per l’acciaieria di Taranto, solo per non chiudere dopo che i privati di ArcelorMittal hanno ottenuto fondi pubblici con lo scopo nemmeno tanto nascosto di eliminare un concorrente. Il governo italiano dice che adesso risanerà l’azienda, ma non appena questa farà utili la rimetterà subito nelle mani dei privati. Una strategia masochista”, continua il docente universitario, “perché non solo subisce gli aiuti di Stato di Parigi e Berlino ma non fa alcuna politica industriale. Un altro caso è quello di Stellantis che ha preso miliardi di prestiti del governo italiano senza che Palazzo Chigi chiedesse in cambio di entrarne tra gli azionisti, in maniera paritaria con i francesi. L’Italia è il peggio dei due mondi, nel quale gli interventi anche minori italiani sono sotto lo scrutinio ferreo dell’Unione Europea e allo stesso tempo non fa politica industriale se non risanamenti pagati dal pubblico e poi trasferiti ai privati”, conclude Dosi.
In vista delle elezioni europee di giugno, a Bruxelles a marzo toccherà a Enrico Letta presentare alla Commissione europea il rapporto sullo stato del mercato unico, comprese indicazioni sulle possibili linea guida della sua riforma e l’eliminazione delle norme sui sussidi statali. Letta si sta confrontando con i desiderata dei Paesi europei e in una intervista a Politico ha affermato che “gli aiuti di Stato sono un’eccezione e tali devono rimanere. Abbiamo bisogno di una politica industriale europea, non di una frammentazione nazionale”. Peccato che la proposta di istituire un Fondo sovrano europeo per le imprese impegnate nella transizione energetica, lanciata dalla Commissione Ue per cercare di bilanciare le disparità concorrenziali tra i Paesi dell’Unione causate dai sussidi nazionali, è stata bloccata nella scorsa primavera. L’ostacolo insormontabile? Proprio la resistenza della Germania.