Il ministro: «La sinistra mi attacca, sto violando un loro affare privato». L’ultimo scivolone su Virginia Raffaele dopo le ironie della showgirl nell’imitazione di Beatrice Venezi su Rai1

Sangiuliano tra cultura, gaffe e microfoni «strappati»: «Virginia Raffaele mi diverte molto. State sereni, resto fino al 2032»

(di Fabrizio Roncone – corriere.it) – Cerchi qualche chicca sul ministro Gennaro Sangiuliano, per gli amici intimi «Genny», per i nemici «Tarzan» (poi vi spiego meglio) e, dopo aver letto un po’ di ritagli, affondi la mano nel web, rovisti, tiri fuori roba strepitosa.

Screenshot, salvare, evitare di dover tirare in ballo l’avvocato Caterina Malavenda.

Una volta, per fare il destrorso patriota, dice che «usare parole straniere è da radical chic» (capito? Radical chic). Un’altra volta rilascia un’intervista al Corriere di Bologna e subito ne posta, sull’account personale di X, ex Twitter, un estratto: «Villa Verdi all’asta, si muove il governo. Il ministro Sangiuliano: “Patrimonio da tutelare”». E fin qui: tutto bene. Poi però si risponde da solo: «Condivido le sue parole». Sangiuliano condivide Sangiuliano. Dandosi del lei. Non è meraviglioso?

Comunque, evitiamo preamboli: la raccolta delle gaffe e delle polemiche che l’hanno coinvolto in questo primi quindici mesi trascorsi alla guida della Cultura italiana, meriterebbero un pamphlet, più che un ritrattone parlante. Però, appunto: intanto sentiamo che dice (premessa necessaria: è subito di una cortesia rara, antica, e non sembra certo la stessa persona che l’altro giorno, un filo nervosetto, diciamo così, ha strappato il microfono a un cronista dell’Ansa, colpevole di avergli chiesto se, a differenza del presidente del Senato, Ignazio La Russa, riuscisse «a definirsi antifascista» — nemmeno gli avesse chiesto se anche lui colleziona busti di Mussolini).

Ministro, lei è consapevole di aver infilato un numero imprecisato di clamorose gaffe?
«Bisogna vedere cosa s’intende per gaffeLa sera dello Strega, per esempio, ero un po’ stanco. L’importante è rispettare le leggi ed essere onesti».

Resta convinto che Dante sia di destra?
«Senti: come ho già precisato proprio con una lettera inviata al Corriere , io intendevo sostenere che Dante era un conservatore. Un pensiero che, per intenderci, condivido con Sanguineti e Umberto Eco».

Cronaca recente: lei ha protestato duramente contro quel fenomeno di Virginia Raffaele. Che sarebbe colpevole, su Rai1, di averla sfottuta un po’.
«Mhmm… Scusa, aspetta un attimo: io ti sto dando del tu perché siamo colleghi…».

Ma io non sono mica ministro.
«No, infatti: io però sono giornalista come te. Penso che…».

Guardi: se uno di noi salta il fosso, smette di essere giornalista.
«Come preferisce. In ogni caso: la Raffaele mi diverte molto e penso che la satira sia il sale della democrazia».

Ha cambiato idea, è una buona notizia. Perché quelli di Un giorno da pecora li fece invece finire in Vigilanza Rai.
«Ma no, io scherzo… Sono napoletano, ho un carattere allegro…».

Si sente un po’ accerchiato?
«Direi “attenzionato”. Poiché sto cercando di fare un certo tipo di lavoro sulla cultura, che la sinistra considerava una pertinenza, una cosa privata, è chiaro che ogni mia azione viene passata ai raggi X».

Crede di essere riuscito a intaccare quella certa egemonia culturale gramsciana che vuole sostituire?
«Premesso che io a Gramsci voglio dedicare una targa…».

Anche se non è di destra…
«Mi faccia finire: io non voglio sostituire proprio niente. Voglio solo una cultura aperta, civile, democratica».

Poi però organizza la mostra su Tolkien, un omaggio alla premier.
«È stato un omaggio a un grande scrittore, non alla Meloni, che certo lo apprezza da sempre. E comunque: la mostra su Tolkien è un successo e, alla fine, avrà più visitatori di quella dedicata a Calvino, che pure è molto bella, e invito a vedere».

Un’ultima domanda: è vero che potrebbe essere candidato alla guida della Regione Campania?
«Io sarò ministro della Cultura nel primo governo Meloni e pure nel secondo, quindi fino al 2032».

E poi? Cosa succederà agli italiani?
«Si ritroveranno con il Pil al 6%» (è serio).

Perché «Sangennaro» (al ministero, sottovoce, fanno gli spiritosi) s’intende anche di economia: la insegna alla Luiss e questo, a 61 anni, lo fa essere professore, oltreché giornalista, direttore, scrittore — racconta di avere una biblioteca con 15 mila volumi, 18 dei quali scritti proprio da lui — ma anche storico e intellettuale con l’incarico di sgrassare la cultura italiana da una patina sinistroide. Ha una biografia che gronda aneddoti. A partire da una foto: con lui che parla al microfono sotto lo sguardo — tra il perplesso e il rassegnato — di Giorgio Almirante. Perché da ragazzo Genny è stato, innanzitutto, missino. Poi passa sotto l’ala liberale della famiglia De Lorenzo. Nella terza capriola (Tarzan, ora vi è chiaro?), mentre cambia giornali — Roma, L’Indipendente, Libero — abbraccia Gianfranco Fini. La mattina del 4 maggio 2009, adorante, alla Luiss, lo presenta così: «Ecco la persona che incarna a cavallo di due secoli la storia della destra italiana». Fini, che pure pensava di essere una via di mezzo tra Einstein, de Gaulle e John Wayne (fu andando a vedere Berretti verdi che decise di entrare nel Msi), lo guarda perplesso. Devo fidarmi? Pochi mesi dopo, Genny, sbarcato al Tg1 come vicedirettore in quota An, capisce che il cavallo vincente è ancora lo zio Silvio: così, senza scrupoli, martella duro sulla casa di Montecarlo e, sul Giornale, firma un sobrio articolo: «Gianfranco calpesta i valori della destra». Quale? Genny saltella, il suo vero talento. Prima arriva al Tg2 con la benedizione di Matteo Salvini, poi ritorna al passato, sale sul palco di Giorgia Meloni e punta il ministero (Salvini allibito).

Ce la fa. Arriva e proclama: «Basta fondi ai film di sinistra. La Rai deve produrre fiction sulla Fallaci e su Montanelli». Non sa che su Oriana ne è già stata prodotta una (nel 2015), e che RaiPlay è piena di contenuti su Montanelli. «Allora bisogna fare un film su Pirandello!». Solo che il film più visto nei cinema, in quei mesi, è proprio su Pirandello (La stranezza di Roberto Andò, con Toni Servillo e il duo Ficarra/Picone).

Però Genny è gentile.

Quando ci siamo salutati: «Le faccio avere la mia biografia di Prezzolini e…». Grazie. Ma mi eviti quella su Putin, dicono sia faziosa. «Tranquillo. Le mando quella su Xi Jinping».