Congressi rinviati e militanti infuriati. Ma il leader cerca l’assalto alla Basilicata mettendo in bilico tutte le regole della coalizione di centrodestra

(STEFANO IANNACCONE – editorialedomani.it) – Vuole far varare il nuovo codice della strada, ancora all’esame della Camera, per stringere i bulloni della sicurezza al volante. Ma Matteo Salvini è pronto a guidare in maniera spericolata la sua Lega. E non c’è alcun riferimento alla sua battaglia contro il limite dei 30 km orari imposti a Bologna, dall’amministrazione Lepore, per limitare traffico e combattere gli incidenti.
Salvini ha scelto la guida, politica, senza pensare troppo al rischio di andare a sbattere. Perché alla fine il partito è il suo, fin dal nome. E solo che gli alleati assistono con una certa preoccupazione alle sbandate del leader leghista, che così diventa un pericolo costante per la tenuta del centrodestra. Andrà così fino alle Europee, potrebbe andare anche peggio dopo il voto di giugno.
ASSALTO LUCANO
La rinuncia alla candidatura di Christian Solinas in Sardegna è stata dolorosa. Gli sviluppi dell’inchiesta sul presidente uscente della regione Sardegna hanno spinto alla rinuncia, «nonostante lo sconcerto per le iniziative di parte della magistratura» reso pubblico con una nota di partito. Ma, da quanto raccontano, il ministro delle Infrastrutture è molto irritato per il trattamento ricevuto da Meloni, non dai magistrati. Ora occorre capire che tipo di campagna elettorale verrà portata avanti a favore del meloniano doc, Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari che ambisce al salto in regione.
Il prossimo obiettivo è la Basilicata con una furia che vuole abbattere le regole della coalizione, incurante degli effetti.
Di fatto, chiedendo la testo di Vito Bardi a Potenza, se la prende con Forza Italia che in Sardegna ha svolto un ruolo ancillare. «Sarà una battaglia», ha detto ai fedelissimi per provare a motivare le schiere di dirigenti, un po’ avviliti dallo strapotere di Fratelli d’Italia. Il braccio di ferro, in territorio lucano, vuole portare alla candidatura dell’ex senatore, Pasquale Pepe. L’obiettivo reale è quello di vendicarsi sugli alleati con il rischio di far correre un profilo civico per mettere tutti d’accordo. Dentro Forza Italia assistono sgomenti all’iniziativa politica salviniana. «Meloni si prende la Sardegna e lui se la prende con FI», è il discorso che circola tra i vertici del partito berlusconiano. Eppure la campagna di Potenza parte con armi scariche.
«In Basilicata non abbiamo tanti voti come invece poteva essere in Sardegna, grazie al partito d’azione sardo, quello di Solinas», osserva una fonte leghista. «Anche se minacciamo di andare da soli in Basilicata, non facciamo paura a nessuno», è la conclusione del ragionamento. Lo scoramento tra i leghisti è forte. Solo la cerchia dei fedelissimi è davvero asserragliata intorno al leader. Peraltro se sulla Basilicata si ripete il “copione sardo”, rischia di venire giù tutto in prospettiva delle regionali 2025. L’esito è imprevedibile come la strategia di Salvini.
TERRITORI ABBANDONATI
Eppure la Lega, sui territori, ribolle. Nelle storiche roccaforti guardano il declino del partito con un misto di preoccupazione e rassegnazione. Salvini continua a disincentivare la partecipazione dei militanti. I congressi locali vengono convocati a piacimento e in alcuni casi ci sono iniziative di protesta dei leghisti contro i vertici. Il caso più iconico è quello della Valcamonica, storico granaio di voti per la Lega. Da un anno circa gli iscritti chiedono un congresso. Qualche giorno fa i militanti hanno addirittura appeso uno striscione su un cavalcavia con la scritta, inequivocabile, «congresso subito». E con un’esplicita richiesta di rispetto. Una situazione simile si vive nella provincia di Monza-Brianza che, ironia della sorte, è stata istituita dopo una battaglia politica condotta all’epoca della Lega di Umberto Bossi. La storia della Valcamonica si ripropone in versione estesa alla Lombardia: il congresso è atteso da circa 8 anni, ma non viene celebrato.
Il motivo della scarsa attenzione alla democrazia interna è legato alle divisioni nel partito, che sono molto più profonde di quanto non venga raccontato. Laddove ci sono le competizioni interne per i ruoli apicali, si manifesta la spaccatura. In Toscana, alla fine del 2023, c’è stato il congresso per la segreteria regionale tra il sindaco di Montecatini, Luca Baroncini, e l’ex segretario provinciale di Livorno, Luca Tacchi. Il divario è stato di poco più di 200 voti.
Salvini si fa forza della cerchia dei fedelissimi. Nelle regioni del Nord i leader regionali non si sognano di scalfirlo. I deputati Fabrizio Cecchetti in Lombardia e Alberto Stefani in Veneto sono la sua blindatura, completata da Edoardo Rixi in Liguria. In Piemonte i rapporti non sono più idilliaci con il capogruppo a Montecitorio, Riccardo Molinari, che non ha mai davvero smaltito la delusione di non essere stato indicato come presidente della Camera. Ma alla fine, nel vuoto di competitor interni, resta al fianco del segretario.
“I miei non li tengo più”
Sembra sia questa la motivazione addotta dal cazzaro verde per giustificare la caduta del Conte 1.
Gli elmocornuti venivano da un tonante 34% alle europee (17% solo un anno prima, alle politiche 2018) e volevano i “pieni poteri”.
Oggi, al 10%, i leghisti incassano la legge del contrappasso: la caciottara non avrà nessuna pietà, perché sa benissimo che nessuno dei soci avrà il coraggio di toglierle il sostegno.
È un ottimo segnale di chiarezza per chi si deciderà a fare opposizione degna di questo nome, soprattutto se verrà finalmente preso in considerazione quel formidabile bacino (40%) in attesa di segnali nitidi da captare. Già, perché se la astensione è perfino cresciuta di qualche punto significa che la ducia “fagocita” i suoi ma non convince affatto chi cerca una alternativa.
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Campa cavallo.
Appena uscito sondaggio di IPSOS (tra i più precisi).
Non solo il M5S non pesca dall’astensione, ma si fa pure svuotare dal PD.
M5S 16,2% (-0,8%)
PD 19,7% (+1,7%)
Non so se conosci Marco Venturini(consulente di comunicazione politica).
Afferma che il doppiopesismo del M5S, duro con la destra(vedi Scarpinato e De Raho) e morbidissimo col PD (vedi il mutismo sugli arresti in Campania e Puglia tra le fila del PD) alla lunga il PD, con nuovo segretario, scipperà gran parte degli elettori al M5S.
Come fa conte a non capire la continua legittimazione del PD fa male al M5S? Si può essere più ottusangoli di così?
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Correggo, il PD sale dello 0,7%. Anche il FQ scrive alla cazz*.

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Se mi sforzo parecchio mettendomi nella testa di Conte può uscire solo questa linea: io (Conte) vi tendo la mano (al PD) e sono disposto al dialogo, purché mi dimostriate che a certi paletti farete attenzione perché per noi sono irrinunciabili.
E questo atteggiamento lo pone sapendo bene che il pd è un concentrato di interessi diversi conditi da complotti interni.
In altre parole è consapevole che il pd è senza speranza e Conte sta aspettando che il pentolone ribollisca la fetida minestra: schlein scomoda nel pd e da togliere di mezzo perché disturba il corso della conservazione (in effetti ci sono già ampi segnali in tal senso).
Il passo successivo (siamo sempre nel campo di ciò che potrebbe pensare Conte), se tutto questo dovesse avverarsi, sarà giocarsi la carta della instabilità del PD per motivare un eventuale e definitivo (?) allontanamento dalla possibile alleanza per le politiche (Gentiloni è già a bordo campo).
Se è questa la storia, così come potrebbe interpretarla Conte, pur discutibile, è una strategia sulla quale si può anche discutere.
Io penso che il movimento deve essere più netto e deciso nell’ indicare certi paletti irrinunciabili, perché il nuovo corso del pd è una fregnaccia cosmica: al momento non è cambiato proprio un bel nulla dentro a quel comitato d’affari.
L’ipotesi più tragica è quella che vedrebbe comunque un apparentamento movimento -pd, qualsiasi cosa accada, “altrimenti vincerà ancora la dx”. Questa incertezza viene percepita dall’ elettorato (specialmente quello in parcheggio), infatti i sondaggi parlano chiaro: immobilismo totale.
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Se Conte avesse voluto condurre allo scontro le correnti del PD, da mo’ avrebbe preso posizioni nette, ovvero conficcato a terra paletti irrinunciabili. Non lo ha fatto e mi sembra di capire non abbia alcuna intenzione(o capacità) di farlo.
Se Conte, o il M5S, facesse sue le battaglie per il bene dell’Italia e degli italiani, le strade dal PD si dividerebbero automaticamente.
Credo che l’ipotesi tragica che temi sia già certezza. Inciuciare pur di non far vincere la destra.
Comunque sia sono preoccupato di un’evenienza peggiore; qualora il M5S arrivasse dietro il PD, e così sarà perché 3 punti non li recuperi in 4 mesi con una comunicazione tanto disastrosa e una linea politica moderata-liberale(DiMaiale cit.), Conte accetterebbe di ridurre il M5S ad ancella o cespuglietto del PD per amor del fantomatico campo progressista? Temo di sì.
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