“Questione morale”. L’avvocato sente e vede le urne, europee e non solo. Per questo Giuseppe Conte insiste sulla “questione morale, un tema centrale”. E protesta per […]

(DI LUCA DE CAROLIS – ilfattoquotidiano.it) – L’avvocato sente e vede le urne, europee e non solo. Per questo Giuseppe Conte insiste sulla “questione morale, un tema centrale”. E protesta per “l’abrogazione dell’abuso di ufficio, segnale di regressione e restaurazione”. Perché è la differenza che ostenta, con gli altri.

Con le destre, ossia con “il governo dei patrioti” come lo definisce. Ma anche con il Pd, a cui rinfaccia le contraddizioni: “Si è spaccato sull’abuso di ufficio”. E figurarsi con Matteo Renzi, nemico dei nemici, “il campione della contaminazione tra politica e affari, il più abile nel far tesoro di questo stato di cose che getta discredito sulle istituzioni ”. Prova a sfruttare le debolezze altrui, il leader dei Cinque Stelle, che di differenza ne rimarca anche un’altra: “Candidarsi in Europa senza impegnarsi a rimanerci è un inganno agli elettori. Varrebbe anche per Elly Schlein? Certo”. Punge dovunque intravede varchi, Conte. “Dobbiamo spezzare il legame tra politica e affari” invoca in conferenza stampa dentro la sede romana del M5S, a due passi dalla Camera. Accompagnato dal capogruppo a Montecitorio Francesco Silvestri e dalla vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone, ripropone le proposte di legge del Movimento sul conflitto d’interessi e sulle lobby. Il M5S vorrebbe impedire ai parlamentari e ai membri di governo di accettare compensi e regali da Stati esteri per un valore superiore ai 5mila euro, e disciplinare l’attività dei lobbisti “per separare i professionisti dai faccendieri” (Silvestri). Quasi impossibile che in questa legislatura quelle norme si trasformino in leggi. Ma Conte le rivendica, per tenere il passo della realtà: quella del Renzi che discute di affari in mezzo mondo, dell’inchiesta sugli appalti dell’Anas, del sottosegretario Sgarbi indagato per riciclaggio di beni culturali e degli altri casi scivolosi nel governo Meloni. “Vogliamo impedire che tornino a tirare le monetine contro i politici” giura l’ex premier. Cita la pioggia di monete contro Bettino Craxi al deflagrare di Tangentopoli, come a dire che il suo M5S non è quello dei vecchi tempi, che la furia popolare la celebrava: “Non siamo giustizialisti, ma garantisti”. Ma diversi sì, lo sono ancora i 5Stelle, sostiene. Innanzitutto da Meloni, la premier che vorrebbe snobbarlo e che lui puntualmente attacca: “Fischietterà anche sul conflitto di interessi, dirà che se ne deve occupare il Parlamento?”. E da Renzi, a cui fa chiaro riferimento: “Ci sono parlamentari che fanno i lobbisti”. Ma a precisa domanda ne fa nome e cognome: “Renzi è il più abile nell’integrare le casse del suo bilancio personale e familiare, mi ha sorpreso che già da premier svolgesse questo tipo di attività”. Si sofferma, sul senatore che affondò il suo governo: “Mi attacca per la missione russa in Italia ai tempi della pandemia, ma è lui che ha fatto affari con gli oligarchi russi” scandisce, citando l’inchiesta del Fatto. E cala una sorta di excusatio non petita: “Renzi vuole sfidarmi in tv, ma di cosa dovremmo parlare, di affari? Discutiamone in Parlamento”. Ma ora è più urgente l’assalto all’abuso di ufficio. “Con il concorso di una parte di finta opposizione (cioè Iv e Azione, ndr) la maggioranza manda in fumo 3.600 sentenze con condanna passata in giudicato” accusa Conte.

Ma anche i sindaci dem hanno festeggiato, a differenza dei vertici del partito… Lui annuisce: “Ci sono state spaccature nel Pd”. I soliti guai, per l’alleato che per ora è soprattutto avversario. Quindi nessun riguardo neppure per Schlein: “Se si candidasse nelle Europee anche lei ingannerebbe gli elettori, mica ha l’immunità…”. E voci dal M5S rilanciano: “Il Pd ha le correnti, noi no. Dobbiamo approfittarne”. Nelle urne.