PALAZZO MADAMA ZERO INTERROGAZIONI – Italia viva fa accordi con tutti: opposizione e anche maggioranza

(DI WANDA MARRA – ilfattoquotidiano.it) – Domani si riunisce il Copasir. La seduta era programmata da tempo, ma di certo i parlamentari membri parleranno anche del caso del rapporto della Guardia di Finanza sulla rete di rapporti di Marco Carrai, il più fidato consigliere di Matteo Renzi, da tempi immemorabili, che fu steso proprio su richiesta del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica alla Procura di Firenze sulla presenza di elementi che mettevano a rischio la sicurezza nazionale nella scorsa legislatura. I palazzi della politica sul tema tacciono. Lo stesso Copasir potrebbe fare audizioni per capirne di più, ma non sono in programma. Almeno, non ancora. “Se Matteo Salvini avesse fatto un decimo di quello che ha combinato Renzi, tra russi e principi arabi, sarebbe successo di tutto”, scherza un senatore leghista.

Renzi è tuttora un senatore e tuttora gira il mondo accumulando denaro tra una conferenza e l’altra. “Tutto legale”, ha sempre detto lui. In Italia non c’è la legge sulle lobby che gli impedisca di fare il parlamentare della Repubblica e il conferenziere anche per conto di regimi non proprio democratici. Il tema, però, è politico. E dopo la pausa delle feste la politica comincia a porselo. Non è facilissimo tecnicamente affrontarlo. Perché la Giunta delle elezioni e delle immunità di Palazzo Madama si può muovere solo sulla base di una denuncia penale. Senza contare che i fatti riportati nel dossier risalgono ad anni fa. Ma il fu Rottamatore, appunto, è sempre lì, a Palazzo Madama. Andrea Pertici, costituzionalista, membro della direzione del Pd, che è stato anche il difensore dei Pm di Firenze contro Renzi, fa notare come ci sia un rovesciamento della ratio dell’immunità parlamentare nella richiesta del senatore, fatta per suo conto da una collaboratrice del commercialista Marco Fazzini, di avere una stanza alla società Digistart per poter usufruire dei benefici di legge in ragione della sua carica istituzionale (raccontata ieri dal Fatto). Spiega Pertici: “Non ci sono norme specifiche, ma sicuramente ci sarebbe una norma – l’articolo 67 della Costituzione – che impone al parlamentare di rappresentare esclusivamente la Nazione”.

All’opposizione, dunque, riflettono. Ieri c’è stata una riunione dei senatori dem che si occupano di giustizia in attesa dell’arrivo della legge Nordio, Alfredo Bazoli, Walter Verini e Anna Rossomando. Si aspetta un ufficio di presidenza del gruppo Pd per capire come procedere. Anche Stefano Patuanelli, capogruppo M5S a Palazzo Madama, assicura che qualcosa si farà. Ci sarebbe lo strumento dell’interrogazione parlamentare. Il punto è capire chi interrogare: un membro del governo avrebbe gioco facile a dire che all’epoca dei fatti raccontati nel rapporto non faceva parte dell’esecutivo. Eppure, allora alla presidenza del Copasir c’era Adolfo Urso, oggi ministro delle Imprese e del Made in Italy, dicastero non così lontano da alcuni affari che Renzi e Carrai trattavano. Tra i motivi di tanta prudenza politica c’è chi tira in ballo il fatto che il fu Rottamatore e il suo amico “Marchino” sono dalla parte di Israele e dunque in questo momento particolarmente inattaccabili. Ma l’analisi più convincente è fatta da un senatore, che – anche lui – vuole rimanere anonimo: “Renzi in questo momento cerca un suo spazio con l’opposizione, senza trovarlo e con la destra, senza trovarlo ugualmente. Ma resta una risorsa per molti: se c’è una nomina da fare, se ci sono 3 voti da dare, lui è pronto a fare accordi. Con chiunque. Insomma, è uno disponibile per tutti”. Il Palazzo lo proteggerebbe, in caso di presente o futura utilità. L’elezione di Ignazio La Russa, con i contributi essenziali dei renziani, insegna. Così come il placet al Conte-2 o la spallata allo stesso “Giuseppi” per far posto a Mario Draghi. Oggi da più parti guardano al senatore di Scandicci come colui che si può insinuare nelle divisioni della maggioranza per disarticolarla. Con operazioni che altri non hanno la spregiudicatezza per fare.