LA TELA DEL 600 SOTTRATTA – Sul Manetti sparito a Buriasco sentiti il restauratore e i titolari dell’azienda che fece la copia. A Imperia un altro dossier per esportazione illecita

(DI THOMAS MACKINSON – ilfattoquotidiano.it) – Il sottosegretario ai Beni culturali è indagato per furto di beni culturali. C’è un fascicolo con iscrizione e una prima ipotesi di reato sul caso del dipinto attribuito a Rutilio Manetti trafugato dal Castello di Buriasco nel 2013 e riapparso a Lucca nel 2021 come “inedito” di proprietà di Vittorio Sgarbi: in altre parole, il tema dell’inchiesta realizzata dal Fatto e Report. Per Sgarbi era frutto di fantasia, incompetenza e livore dei due giornalisti, la notizia dell’indagine gli dà torto. Il fascicolo è stato aperto dalla Procura di Imperia come derivazione di un’altra indagine per cui il critico-politico rischia il processo, stavolta per “esportazione illecita di opere d’arte”, legata a un dipinto attribuito al Valentin de Boulogne, anch’esso riprodotto – come La Cattura di San Pietro – nello stabilimento di Correggio che utilizzava per “clonare” le opere. E dove ieri sono arrivati i carabinieri. Il fascicolo è stato poi trasmesso alla Procura di Macerata per competenza, perché Sgarbi dichiara il domicilio a San Severino Marche, di cui fu sindaco per un anno nel 1992, luogo da lui stesso designato per gli interrogatori. Non è escluso possa essere poi trasferito ad altra procura e che cambi l’iscrizione, in caso venga riconosciuta l’aggravante dell’associazione e che l’ipotesi principale si allarghi ad altri reati, come la contraffazione e ricettazione di opere d’arte e la truffa. Nel primo caso, per aver modificato il dipinto del 600 al fine di farlo sembrare “altro” rispetto a quello trafugato nel 2013 dal Castello di Buriasco. Nel secondo, per aver esposto non l’originale, come veniva dichiarato, bensì una semplice per quanto fedelissima riproduzione.

Sulle indagini c’è comprensibile riserbo. Dopo aver presentato diffide e denunce, Sgarbi ha tirato in mezzo magistrati e carabinieri evocando espressamente il loro intervento per fermare l’inchiesta dei giornalisti che addita come “pericolosi persecutori”. “È intollerabile – ha detto il sottosegretario in un video pubblicato questo weekend – tu denunci e nessuno li ferma. Mi chiedo perché un magistrato non prenda in mano le 15 querele che ho fatto in questi mesi e non fermi questa continua ondata di violenza”. In un altro ha poi teorizzato: “Si aspettano che i carabinieri facciano qualcosa, i carabinieri lavorano con me, per me”.

I carabinieri lavorano, ma non per lui. Dopo aver convocato il restauratore Gianfranco Mingardi, il primo a riconoscere nell’opera messa in mostra con la candela la stessa ricevuta “tagliata e arrotolata come un tappeto” dal collaboratore di Sgarbi, Paolo Bocedi, poche settimane dopo il furto del 2013, ieri i carabinieri sono stati a Correggio. Il Nucleo Tutela Patrimonio ha ascoltato come persone informate dei fatti i due imprenditori di G-Lab che, su commissione di Sgarbi, realizzarono la riproduzione del dipinto. Cristian e Samuele De Pietri nel 2020-2021 hanno prodotto diversi “cloni”, proprio a partire dal dipinto attribuito a Rutilio Manetti. Nel loro laboratorio è rimasta la scansione a 16k che, confrontata con le foto del restauratore e con quelle della versione esposta a Lucca, rafforza il sospetto che il quadro sia proprio quello rubato: la coincidenza tra parti lesionate e ritocchi, la piega orizzontale che attraversa entrambi, il frammento rinvenuto a Buriasco che si incastra “a pennello” in uno strappo in basso a destra, l’assenza di rotture dell’antica pittura nell’area della candela che sembra dunque un’aggiunta più recente.

Ai giornalisti i titolari del G-Lab hanno spiegato di aver iniziato le riproduzioni proprio a partire dal Manetti. Guardando le foto scattate alla mostra, hanno riconosciuto un “difetto” di impostazione della loro macchina: cinque righe parallele in un punto preciso. Per loro quel “marchio di fabbrica” lascia pochi dubbi: quella poi esposta non sarebbe neppure l’originale, ma la copia uscita di lì, con buona pace di quanti avevano pagato il biglietto per ammirare l’inedito che Sgarbi dichiara d’aver trovato nella sua villa di Viterbo. La sua versione è che il dipinto trafugato in Piemonte era solo una “brutta copia”. Mai ha detto però che le copie le faceva fare lui stesso. E ora che non può dire il contrario – ci sono video e foto di lui tra l’originale e il clone – sostiene di averlo fatto fare, ma “per la comunicazione della mostra di Lucca, che propone grandi riproduzioni per l’esterno”. Ma sembra l’ennesima arrampicata sugli specchi. Lungo le arcate della Cavallerizza c’erano delle riproduzioni, ma in plastica e non su tela, e non del Manetti. Il 18 febbraio 2022 anche un radiologo di Genova, Claudio Oddone, è alla mostra. Per curiosità controlla. E invia la foto. E pure questa ha il “marchio” della copia.