La missiva inviata al Senato dall’indirizzo dell’imputato, che ha sempre negato di averla inviata. L’ex ministro si è costituto parte civile e ha chiesto un risarcimento da devolvere in beneficenza 

Coronavirus, Di Maio: «In settimana aiuti per aziende» Il messaggio di Luigi di Maio in diretta su Facebook - Ansa

(di Giuliana Ubbiali – bergamo.corriere.it) – Quando il suo avvocato Enrico Cortesi gli ha telefonato da Roma per dargli la notizia dell’assoluzione, è rimasto quasi stupito. «Era fiducioso ma sorpreso, soprattutto dopo che il giudice aveva accolto la costituzione di parte civile», riferisce il difensore. Questa è una storia che somiglia molto a quella di Davide contro Golia.

La parte civile è l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio. G.L., 46 anni, con casa a Bergamo e un lavoro come rappresentante di prodotti alimentari, era imputato, accusato di aver spedito una mail minacciosa. Partita dal suo indirizzo di posta elettronica, il 21 marzo 2022, con la guerra in Ucraina da un mese, la missiva arrivò all’indirizzo del Senato: «Riferite, da parte mia e di molti altri al ministro Di Maio, di non esagerare con le dichiarazioni pubbliche ostili nei confronti di Putin e della Russia. Se vuole la guerra vada a combattere in Ucraina a suon di lanci di bibite! In caso contrario saremo costretti a fermarlo noi, in qualsiasi altro modo… Grazie dell’attenzione».

Quello di cui era imputato è un reato particolare: minacce ad un corpo politico dello Stato «per impedirne, in tutto o in parte anche temporaneamente, o comunque turbarne, l’attività». Davanti al giudice dell’udienza preliminare Anna Maria Gavoni, il pm ha chiesto la condanna a un anno di reclusione. Per Di Maio (assente, come l’imputato), l’avvocato Daniela Petrone si è associato nella richiesta di condanna e ha anticipato che l’ex ministro avrebbe devoluto in beneficenza la somma del risarcimento. Invece il gup ha deciso per l’assoluzione «per non aver commesso il fatto» anche se con il secondo comma, cioè la vecchia formula dell’insufficienza di prove.

Un dato è certo: l’indirizzo mail di partenza è dell’imputato. Ma lui, sentito dalla Digos di Bergamo, disse di non averla mai spedita, ipotizzando che un hacker si fosse introdotto nella sua posta elettronica. Chiese al provider di poter risalire al vero autore ma non fu possibile per il tempo trascorso, sporse denuncia per sostituzione di persona. Secondo l’accusa, la prova che l’imputato fosse l’autore era certa, ma la difesa ha rimarcato come la questura di Roma l’avesse indicato solo come ipotesi: «Potrebbe identificarsi in».

Sempre per il pm, contro l’imputato pesava il fatto che non avesse affidato una consulenza ad un esperto. Cosa che, però, secondo la difesa avrebbe dovuto fare la Procura. Anche sulla costituzione di parte civile di Di Maio le parti avevano discusso. Con il nuovo governo, il ministero fu avvisato di potersi costituire ma nessuno si è fatto avanti. L’ex ministro è stato, evidentemente ritenuto il bersaglio specifico.