IERI ALL’ECOFIN – Conti pubblici. Passa la linea “tedesca”: il nostro governo ottieneun occhio di riguardo fino al 2027, quando finisce la legislatura

(DI MARCO PALOMBI – ilfattoquotidiano.it) – Nella trattativa sul nuovo Patto di Stabilità “l’Italia ha vinto”. Il governo francese, prima dell’Ecofin straordinario di ieri pomeriggio, ci teneva a imbarcare Meloni e soci nel compromesso trovato martedì sera tra Parigi e Berlino. Per parte sua il governo italiano se n’è rimasto zitto, ma era chiaro che senza la Francia la minaccia di veto era una pistola scarica: e infatti “in uno spirito di compromesso abbiamo deciso di acconsentire alla proposta di riforma”, ha detto Giancarlo Giorgetti in videoconferenza coi colleghi Ue. La nuova governance fiscale europea sarà dunque un po’ meno “austera” di quella vecchia, ma altrettanto confusa e dunque politicamente “interpretabile”: l’unica vittoria di Roma è che fino al 2027 – cioè per la durata della legislatura – il tutto sarà applicato con la cara, vecchia “flessibilità”. In sostanza, il nuovo Patto di Stabilità è un Mes che ce l’ha fatta: “L’accordo all’unanimità rassicura i mercati”, ha detto plasticamente la presidenza di turno spagnola dell’Ue.

Cosa prevedono queste nuove regole, “più realistiche ed efficaci” secondo Berlino? In condizioni normali vale la proposta di un anno fa della Commissione: si fa un’analisi di sostenibilità del debito in base alla quale si stabilisce una traiettoria di aggiustamento dei conti pubblici (l’analisi, però, è svolta coi modelli econometrici che hanno già mandato l’Europa a picco); a quel punto si concordano piani di bilancio da 4 anni, che possono diventare 7 in cambio di riforme, basati sul contenimento della spesa primaria netta (detratti interessi sul debito e ammortizzatori sociali automatici); il debito deve calare nell’orizzonte del piano e il deficit essere stabilmente sotto il 3% (meno dell’1,5% per gli Stati con debito oltre il 90% del Pil). Lo scostamento massimo dalla traiettoria stabilita è lo 0,3% di deficit annuo o 0,6% cumulato a fine piano: una delle “concessioni” dell’intesa franco-tedesca. Questo è il cosiddetto “braccio preventivo” del Patto, che resta di impianto solidamente austero.

Che succede, però, se si finisce in procedura di infrazione per debito o deficit, cosa che capiterà (anche) all’Italia a giugno? Si passa al “braccio correttivo” e si entra nell’indecoroso kamasutra regolatorio che la Germania e gli altri rigoristi hanno imposto al resto d’Europa. Chi è nel braccio correttivo, infatti, non deve rispettare solo il piano pluriennale, ma garantire tagli minimi annuali di debito e deficit strutturale: rispettivamente almeno l’1 e lo 0,5%. Possono sembrare piccole cifre, ma sono rigide e cumulate nel tempo – in combinato col “braccio preventivo” – perpetuano l’equilibrio di bassa crescita che è la vera cifra dell’Ue in termini economici.

Poi ci sono i contentini. Intanto nel triennio 2025-27 nel calcolo del deficit la Commissione terrà conto dell’aumento del costo del debito dovuto al rialzo dei tassi. Un utile sconticino per l’Italia, che si aggiunge alla possibilità di considerare “rilevanti” le spese nella Difesa. E ancora: Bruxelles potrà tener conto dell’applicazione dei Pnrr e degli impegni in riforme e investimenti per concedere l’allungamento a 7 anni dei piani di aggiustamento. A questo proposito va ricordato che secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio la Nadef del governo è in linea con la riforma del Patto solo se il piano è quello a sette anni. Per la formalizzazione e i dettagli, però, bisogna aspettare ancora: va coinvolto l’Europarlamento e, se tutto va bene, si parte questa primavera.

Giorgetti ha cercato di vendersi quel poco che può: “Sono regole più realistiche: ci sono cose positive e altre meno, l’Italia però ha ottenuto molto e il Patto per noi è sostenibile”. In sostanza, un compromesso era “inevitabile” e i vecchi vincoli – pronti a rientrare in vigore dal primo gennaio – ci avrebbero costretti a manovre ancor più restrittive già nel 2024. Un po’ pochino, certo, ma gli effetti di questo disastro si vedranno nel tempo, intanto Giorgia Meloni guadagna punti presso i padroni del vapore Ue in vista del dopo-voto europeo. “Sono felice di aver partecipato all’accordo in qualità di direttore del Mes”, ha detto Pierre Gramegna. Hai visto mai che adesso…