L’Italia che non fa più figli scende sotto quota 59 milioni di abitanti. Mai così pochi dal 2006. L’Istat: solo gli stranieri sono in crescita

(ANDREA JOLY – lastampa.it) – TORINO. L’Italia invecchia. E fa sempre meno figli, firmando un nuovo record negativo di natalità: nel 2022 sono state registrate 393 mila nascite nel Paese, settemila in meno rispetto all’anno precedente. Ben 183 mila in meno rispetto al 2008, anno in cui il numero delle nascite registrò il valore più alto dall’inizio degli anni Duemila. Nel 2022, invece, è arrivata l’ennesima flessione al ribasso di un inverno demografico che sembra inarrestabile. Numeri di un Paese che non cresce più e si svuota sotto il peso dei costi della vita che aumentano, degli stipendi che perdono terreno sull’inflazione e delle politiche per le famiglie che non ci sono. E, quando ci sono, non bastano.
L’ultimo Censimento dell’Istat pubblicato ieri disegna questa cartolina della popolazione italiana: per ogni bambino sotto i 6 anni si contano oltre cinque anziani. Un gap generazionale che cresce esponenzialmente dal 1971, quando il rapporto era uno a uno. L’età media in Italia è di 46,4 anni: il 24% della popolazione totale ha già spento 64 candeline, il 12,4% meno di 14. Così, complice la denatalità, l’Italia per la prima volta scende sotto la soglia dei 59 milioni di abitanti: nel nostro Paese vivono 58.997.201 persone. Meno 32.932 rispetto al 2021, oltre un milione di residenti perso da quella quota 60 milioni superata nel 2008 (e risuperata nel 2013). Gli italiani non sono mai stati così pochi dal 2006.
La salvezza degli immigrati
Se il crollo non è verticale è «grazie alla dinamica positiva della popolazione straniera», afferma l’Istat. Sono 5.141.341 i cittadini stranieri residenti in Italia, l’8,7% del totale (+2,2% rispetto al 2021). Un segno positivo che è merito – non ditelo a chi, nel 2022, prometteva il blocco navale – dei movimenti migratori in ingresso nel Paese, tornati ai livelli osservati prima del brusco stop dovuto alla pandemia. L’età media degli stranieri è molto più bassa di quella italiana (36,2 anni, dieci in meno). E in proporzione i giovani, in Italia, sono più stranieri che italiani: la popolazione con meno di 10 anni è percentualmente più ampia tra i cittadini stranieri, rappresentando l’11,7% del totale dei suoi residenti, rispetto ai cittadini italiani, dove si arriva al 7,4%.
La fuga dai piccoli Comuni
A sentire maggiormente il calo di popolazione sono, da anni, i piccoli Comuni. Il 2022 non fa eccezione, soprattutto per i paesi sotto i 5 mila abitanti. A perdere più residenti è il Mezzogiorno: tra gli spostamenti interregionali, uno su tre interessa i flussi che dal Sud si dirigono verso il Centro-nord. Nel 2022 sono state 1 milione e 471 mila le persone che si sono trasferite all’interno del Paese, il 3,4% in più rispetto al 2021. Per un totale di 4.843 città su 7.904 (il 61,4%) che hanno perso residenti rispetto all’anno precedente, mentre aumentano gli abitanti dei 2.936 Comuni in cui risiedono circa 28 milioni e 325 mila persone. I più grandi per territorio, popolazione e soprattutto opportunità lavorative. La Campania, con un’età media di 43,9 anni, è la Regione più giovane; la Liguria, con 49,5 anni, quella più anziana.
In famiglia fino ai 35 anni
Tra le concause del calo demografico in Italia anche un altro fenomeno rilevato dall’Istat, in questo caso dal report «Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi»: la quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più rispetto ai primi anni Duemila. Una permanenza nel nido familiare che comporta un rinvio, rispetto ai decenni passati, delle altre fasi della vita: dal matrimonio – in calo nel 2023 dopo anni di segno più – alla genitorialità.
Sommando tutti questi numeri e non solo, le ultime previsioni Istat sul futuro demografico – aggiornate anche loro al 2022 – non disegnano un quadro ottimista: dai quasi 59 milioni di abitanti di oggi si scenderà fino ai 54,5 milioni del 2050 (e ai 45,8 milioni del 2080). A metà secolo l’istituto stima che il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e over 65) passerà da circa tre a due a uno a uno. Le associazioni sulla famiglia tuonano: «Servono misure strutturali contro il calo di nascite». Il governo le avrebbe messe al centro dell’agenda, ma i numeri dell’Istat non mentono: l’Italia non cambierà rotta senza interventi. I cittadini aspettano di scoprire quali ha in mente Giorgia Meloni.
Ma magari l’estinzione del genere umano.
Invece, l’Africa aumenterà di qui al 2050 da 1,3 a 2,5 mld gli abitanti, e nel 2100 dicono che saranno 4,4. Scusate se è poco, eh.
Solo la Nigeria sarà allora popolata più di tutta l’Europa.
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