La riduzione delle aliquote Irpef del governo Meloni si trasformerà in una beffa in busta paga: il beneficio sarà di soli 4 euro al mese.

(di Stefano Rizzuti – lanotiziagiornale.it) – Ancora una volta le promesse del governo guidato da Giorgia Meloni si scontrano con la realtà. È il caso della riforma dell’Irpef che porterà un beneficio praticamente nullo in busta paga, come sottolinea la Uil. La riduzione delle aliquote Irpef “è una soluzione totalmente insufficiente a recuperare il potere d’acquisto” perso a causa dell’inflazione, come viene sottolineato dallo studio del sindacato.
In particolare per i redditi annui lordi intorno ai 15mila euro, quelli più bassi, l’aumento netto mensile dovuto alla riduzione dell’Irpef sarà solamente di 4 euro. Un aumento che arriva a 5 euro per chi ne guadagna 20mila, a 16 euro mensili per chi ne guadagna 28mila e 20 euro per chi ne guadagna 35mila.
BUSTA PAGA, AUMENTI DA PRESA IN GIRO CON LA NUOVA IRPEF
Come sottolinea il segretario confederale della Uil, Vera Buonomo, la riduzione dell’Irpef a tre aliquote rappresenta “una soluzione totalmente insufficiente a recuperare il potere d’acquisto perso da lavoratori dipendenti e pensionati, i cui redditi sono stati erosi, per un lungo periodo, da un’inflazione a due cifre”.
A poco serve il taglio del cuneo fiscale che, di fatto, non porta un euro in più in busta paga da gennaio. Il governo ha infatti solamente confermato quanto già avviene oggi, quindi senza alcun beneficio per gli stipendi del 2024. Come sottolinea ancora la Uil “non si tratta di risorse fresche, bensì di soldi che permarranno nelle buste paghe di gennaio e che, dunque, resteranno allo stesso livello di quelle dei mesi precedenti. Se così non fosse stato, avremmo avuto addirittura la beffa di una riduzione di quei redditi”.
Inoltre entrambe le misure “non sono strutturali e resteranno in vigore solo per il 2024. Pertanto alla fine del prossimo anno sarà necessario varare provvedimenti che li confermino”. In conclusione il beneficio in busta paga, tanto propagandato dal governo con la riforma dell’Irpef, porterà solamente tra i 4 e i 20 euro in più in busta paga. E ad avere un aumento minore saranno proprio i redditi più bassi.
Mi sto veramente affezionando alla UIL. Intanto perchè è l’unica a portare avanti la protesta sul taglio della perequazione delle pensioni e poi per fare veramente le “pulci” a questo governo sui provvedimenti relativi a pensioni e salari.
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Ciò che disse Conte! Che non c’era niente in busta paga!! Pdc fuffona!!!
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“l’aumento netto mensile dovuto alla riduzione dell’Irpef sarà solamente di 4 euro. Un aumento che arriva a 5 euro per chi ne guadagna 20mila, a 16 euro mensili per chi ne guadagna 28mila e 20 euro per chi ne guadagna 35mila.”
Questo si chiama aderire alla Costituzione, ognuno paga in proporzione alla sua ricchezza. Ma al contrario :-))
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Questa la modifica dele aliquote
Prima della riforma
fino a 15.000 euro: 23%
oltre 15.000 euro fino a 28.000 euro: 25%
oltre 28.000 euro fino a 50.000 euro: 35%
oltre 50.000 euro: 43%
Dopo la riforma
fino a 28.000 euro: 23%
oltre 28.000 euro fino a 50.000 euro: 35%
oltre 50.000 euro: 43%
Come si vede per i redditi sopra i 50000 € non
cambia nulla come aliquote; tuttavia è stata introdotta una franchigia di 260 € sulle detrazioni fiscali; cioè se prima un contribuente con reddito superiore a 50000€ poteva detrarre 1000€, con la nuova normativa potrà detrarre 1000-260= 740€
Per i redditi fino a 15000 € non cambia nulla; 23% rimane come prima
Tuttavia le detrazioni passano da 1880 a 1955 con una differenza annua di 75€ (sembra che sia la varo una legge per la salvagurdia delle aragoste; li danno come possibili animali in via di estinzione)
75/12= 6,25€ mese
Cambia per i redditi compresi fra 15001 e 28000 che prima pagavano il 25% e con la riforma pagano il 23%
Calcolo dell’imposta lorda prima della riforma per un reddito da 28.000 €
(15.000 x 0,23) + (28.000-15.000) x 0,25 = 6700
Calcolo dopo la riforma
28.000 x 0,23 = 6440
Differenza 6700-6440= 260 € annui
260/12= 21,66 € mese
Quali conclusioni trarre dalla riforma delle aliquote; se non ci saranno altre modifiche:
Si vanno a sostenere i redditi medio-bassi sottraendo a chi ha redditi superiori a 50. 000.
In questo senso la riforma delle aliquote va in direzione opposta a quella voluta da Tremonti nel 2003 ( una manovra, quella del 2003 definita ends against the middle; cioè gli estemi contro il medio)
Quella manovra, rimasta sostanzialmente in vigore fino ad ora, in trmini di aliquote, infatti sottraeva risorse a chi aveva redditi medi per distribuirli a chi aveva redditi alti e redditi bassi.
La manovra della Meloni, in termini di aliquote, va quindi in direzione di una maggiore equità.
E’ sufficiente a contrastare il carovita? No
Si tratta di un’elemosina? Si senza alcun dubbio.
E’ una manovra che presenta una qualche efficacia? No; nessuna
Ben più capziosa è la riduzione del cuneo fiscale.
Innanzi tutto la riduzione del cuneo fiscale diminuisce la contribuzione previdenziale; pertanto ciò che ho in più oggi me lo ritrovo in meno domani.
Inoltre l’aumento in busta paga dovuto alla riduzione fiscale porta inevitabilmente ad un aumento della base imponibile e su tale base ci pago le tasse.
Quindi il governo mi toglie soldi dal futuro, e su quelli che mi da oggi , mi fa pagare le imposte.
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Mi pare che ci siano un paio di imprecisioni nelle tue considerazioni.
Il risparmio di 260€ annui vale per tutti i redditi superiori a 28K (visto che tutti questi avranno, egualmente, la riduzione per la fascia 15-28).
Chi ha reddito superiore a 50K perderà, in tutto o in parte, detto risparmio, a causa dell’introduzione della franchigia sulle detrazioni; ma, appunto, alla peggio andrà a pari.
Poco cambia, nella sostanza, ma non è vero che “si sottrae” a chi ha redditi superiori ai 50K.
Per quanto riguarda invece il taglio del cuneo fiscale, pur non essendo molto informato (dato che non mi riguarda direttamente), mi risulta che la contribuzione fiscale rimarrà, figurativamente, invariata; in altre parole, si può dire che a coprire la parte mancante di versamenti contributivi provvederà la fiscalità generale.
Più precisamente, in futuro i beneficiari riceveranno comunque quanto avrebbero avuto con versamenti completi, aggravando così i conti futuri dell’Inps (proprio quello che l’introduzione del sistema contributivo avrebbe dovuto eliminare).
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