Il trionfale annuncio del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che quello del 2025 sarà un Giubileo record, “con 105 milioni di presenze” previste nella Capitale, dovrebbe […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Il trionfale annuncio del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che quello del 2025 sarà un Giubileo record, “con 105 milioni di presenze” previste nella Capitale, dovrebbe essere salutato con processioni e novene di ringraziamento. In vista della celebrazione universale dell’Anno Santo ma, soprattutto, per l’assegnazione della Expo del 2030 a Riad, e dunque per lo scampato pericolo. Perché soltanto con una forte dose di fantasia horror (e di robusta cattiveria) si poteva immaginare cosa sarebbe accaduto all’Urbe e ai suoi poveri abitanti, già quotidianamente sottoposti allo stress emotivo dei lavori giubilari, una volta che la gigantesca macchina dell’Expo avesse cominciato a macinare quattrini e cemento moltiplicando ingorghi, disagi e infelicità. Sommando, in seguito, ai 35 milioni di pellegrini che si fermano a Roma in media tre giorni (che fa 105 milioni di presenze) la marea incalcolabile di visitatori Expo pronta a sommergere i Sette Colli. Lunedì sera, nello studio di Quarta Repubblica (Rete4), Nicola Porro e i suoi ospiti suscitavano in chi scrive sentimenti contrastanti. Nostalgia, sì, per Virginia Raggi, l’ex sindaca che fu accusata di ogni nequizia, perfino di leso Albero di Natale (ricordate “Spelacchio”?) ma che forse nel paragone con l’attuale amministrazione capitolina avrà fatto ricredere più di qualcuno. Solidarietà per il pidino Andrea Casu, costretto a difendere la giunta Gualtieri (e dunque l’indifendibile) giustificando, con esercizio di alta acrobazia, il permanente stato comatoso dei trasporti cittadini a corto di finanziamenti con i miliardi da spendere nella ancora ipotetica costruzione del Ponte sullo Stretto. Condivisione, infine, per la rassegnata sopportazione espressa da Pigi Battista, ostaggio come noi e milioni di nostri simili di un falansterio psicotico che ci mette anni per fare aggiustare un ascensore della Metro e dove non si può licenziare nessuno pena l’inevitabile valanga di ricorsi. A questo punto ci domandiamo se non sarebbe stato meglio allegare alla corposa documentazione prodotta per rimediare i 17 miseri voti dal prestigioso consesso internazionale (linguaggio comune: i petrodollari) il film Roma, santa e dannata di Roberto D’Agostino, Marco Giusti e Roberto Ciprì. Non avremmo vinto lo stesso, ma rispetto alla struggente malinconia che ispirano la Capitale saudita e la sudcoreana Busan, avremmo almeno potuto dire al mondo: guardate che vi siete persi.