Dopo l’applaudito remake dell’ambasciatore del Catonga, ecco che per la rassegna “TuttoTotò”, a cura del governo Meloni, il ministro Francesco Lollobrigida ripropone la gag […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Dopo l’applaudito remake dell’ambasciatore del Catonga, ecco che per la rassegna “TuttoTotò”, a cura del governo Meloni, il ministro Francesco Lollobrigida ripropone la gag dell’onorevole Cosimo Trombetta (Totò a colori) con il titolo: “Ciampino, fermate tutto voglio scendere”. Solo che il politico macchietta oggi viaggia sul Frecciarossa e non in vagone letto e, soprattutto, a differenza del sussiegoso ma inoffensivo antenato, egli pretende la fermata ad personam. Già sperimentata in abbondanza con l’assalto alle poltrone e la parentopoli, con Cosimo Lollobrigida l’arroganza della destra arrembante stinge sempre più nel ridicolo. Un po’ perché le gaffe del ministro della Sovranità alimentare non si contano più e molto per la goffa esibizione ferroviaria da Marchese del Grillo (io so io…) che non ce l’ha fatta.
Colpisce che le frequenti esibizioni di un potere protervo abbiano come rovescio della medaglia l’uso strumentale dell’apparire come vittime. Che serve “ad alimentare il risentimento in un moderno processo mediatico e politico e per attirare l’attenzione su di sé e legittimare le proprie azioni”, ha scritto il sociologo Stefano Tomelleri. Dinamica che dopo l’assassinio di Giulia Cecchettin si è manifestata ad ampio raggio con il processo intentato all’intera sinistra accusata di aver attribuito alla destra meloniana la responsabilità “patriarcale” dell’orrendo delitto. Una campagna demenziale accompagnata dalla fanfara della stampa “amica” (Mario Sechi: “La loro ossessione e l’attacco a Libero”) nella quale c’è del metodo. Poiché “il vittimismo sistemico – spiega Tomelleri –, si basa sul narcisismo nella forma di una costante esaltazione di sé e di un’altrettanta svalutazione del prossimo”. La perfetta incarnazione di un Lollo, che ferma i treni per tagliare un nastro a Caivano. Ma ci faccia il piacere.
L’ottimo Padellaro deve aver scritto l’articolo davanti ad uno specchio. È dal famoso 1968, almeno, che la sx guarda con sufficienza e sdegno chiunque manifesti idee non coincidenti con quelle dei propugnatori delle ” magnifiche sorti e progressive”.
L’ho sperimentato personalmente – all’epoca, da liberale – per poi vederla RINNEGARE marxismo e metodo e spiegazioni del mondo il giorno dopo l’ingloriosa fine dell’URSS.
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Commento stridente..
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All’epoca dall’altra parte della barricata cominciavi a trovare i bombaroli stragisti, che con gli eredi fascisti incistati nelle Istituzioni praticavano la strategia della tensione per alimentare le richieste dell’avvento di un “Uomo Forte” che spegnesse i fuochi di rivolta da loro stessi appiccati.
Altro che liberali.
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Egregio, vogliamo riscrivere in due righe quella Storia ? Io non frequentavo bombaroli, fascisti incistati e compagnia. Semplicemente, non mi identificavo negli ideali marxisti – leninisti di tanti, nè in quelli dei ” nostalgici” e neppure nei democristiani. I più accaniti, però, nel travolgere qualunque confronto erano quelli della sx che ” avevano capito tutto” e che poi divennero “liberals” o titolari di patenti di nobiltà vaticane oppure grandi fautori delle privatizzazioni. Questa è stata la mia esperienza alla Sapienza di Roma, una tra milioni di altre.Infine, arrivo pure a capirli: dopo il crollo del muro, le bandiere romene col buco in mezzo per ritagliare la falce e il martello del dic.1989, il mesto ammaina bandiera dell’URSS, si saranno detti: ” questi hanno perso, quelli hanno vinto, ci siamo sbagliati, la strada del successo era un’altra” Sbagliando ancora una volta, perchè tanti aneliti di giustizia e libertà non andavano dimenticati.
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