(di Giuliano Foschini, Antonio Fraschilla – repubblica.it) – ROMA — È bastato un treno non arrivato in orario a mandare in cortocircuito il governo di Fratelli d’Italia. La storia del Frecciarossa Torino-Salerno che si è fermato a Ciampino, raccontata ieri dal Fatto Quotidiano, per come è oggi possibile ricostruirla è infatti un pasticcio che coinvolge esecutivo, maggioranza ed aziende partecipate: un ministro che usa i treni come fossero un’auto blu. Un’azienda partecipata che si mette a disposizione, arrivando poi per difendersi a sostenere l’insostenibile, e cioè che un qualsiasi passeggero possa chiedere la fermata di un treno in ritardo. E infine un partito di maggioranza, quello tra l’altro del ministro e del sottosegretario ai Trasporti, che all’improvviso, in un pomeriggio di novembre, diventa afono.

Con ordine: è mezzogiorno, i marciapiedi della stazione Termini erano ancora bagnati dalla pioggia mattutina quando il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, insieme con quattro-cinque persone del suo staff salgono sul Frecciarossa 9519 Torino-Salerno. Destinazione, Caivano, fermata Napoli-Afragola. Dove accanto a don Aldo Patriciello, il ministro era atteso per inaugurare un Parco urbano attrezzato, nel giorno della “Festa dell’albero”. Certo, dirà qualcuno, il ministero di Lollobrigida nulla ha a che fare con il “Decreto Caivano” del Governo ma questa è un’altra storia. Lollobrigida era atteso alle 15 ma è in ritardo e non può perdere tempo. «Perché lo aspettavano i cittadini», hanno ripetuto ieri i suoi compagni di partito, a partire dal ministro della Difesa, Guido Crosetto. «Perché doveva correre in tivvù per registrare la sua partecipazione ad Avanti popolo di Nunzia De Girolamo», dicono i maliziosi.

Fatto sta che Lollobrigida sale sul convoglio quando i monitor di Trenitalia, come spesso accade in questo periodo, segnano un ritardo di 7 minuti. Lollobrigida si siede in prima classe e si accorge che qualcosa non va. Appena uscito da Termini, il mezzo inchioda: un guasto sulla linea dell’Alta velocità costringe i treni ad andare sui vecchi binari. Significa che si sarebbe accumulato ritardo su ritardo. Sono passate le 12,45 quando Lollobrigida e il suo staff capiscono che non sarebbero mai potuti arrivare in tempo utile. «Serve un piano B». L’idea è quella di usare l’auto di servizio, ipotesi legittima che avrebbe potuto scegliere già in partenza. Ma era salito su un treno che non prevede fermate intermedie. Che fare quindi?

Qui arriva il pasticcio. Da quello che risulta a Repubblica qualcuno dal treno chiama la segreteria dell’amministratore delegato di Trenitalia, Luigi Corradi, chiedendo una via di uscita. «Siamo a Ciampino, vorremmo scendere qui che qualcuno ci viene a prendere in stazione». La fermata a chiamata non è prevista in nessun protocollo. Può esistere soltanto per gravi motivi di salute dei passeggeri («e anche in questo caso si tende sempre a evitare» spiegano fonti di Rfi) oppure di ordine pubblico. Arrivare in orario a una manifestazione non sembra rientrare in queste due categorie. Fatto sta che qualcuno di Trenitalia chiama il capotreno, che ieri confessava ai colleghi: «Mi hanno chiamato dalla centrale». Spiegando che per ragioni superiori quel treno si doveva fermare. A quel punto dal 9519 avviano la procedura standard: chiamano Rfi, chiedono il via libera tecnico a fermarsi a Ciampino e aprono per tutti le porte: «Abbiamo fatto l’annuncio, chiunque poteva scendere», dicono da Trenitalia. Invece il solo ad approfittare è il ministro, «anche perché è il solo ad avere un’auto blu che lo aspettava…».

Le porte si aprono e si chiudono velocemente, «non c’è stato alcun impatto né sui viaggiatori né sulla circolazione», assicura Trenitalia, senza chiedere scusa a tutti gli altri passeggeri che non sono riusciti nemmeno ad arrivare a Salerno visto che il treno in questione è stato soppresso alla stazione di Napoli, dove è arrivato con 111 minuti di ritardo. Ma tant’è. Ieri la giornata è stata difficile anche per Trenitalia che per giustificare quello che non esiste in alcun regolamento, la fermata a chiamata per ritardi. E ha dovuto sostenere che ci «sono state 207 fermate straordinarie» quest’anno. Ma si tratterebbe di fattispecie completamente diverse: nessuna di questa avrebbe imposto uno stop and go in una stazione non prevista già nel tragitto. Le fermate sarebbero avvenute per veicoli rotti o treni che non proseguono. L’unica ragione per far fermare il treno, e poi farlo ripartire, sono motivi di ordine pubblico. Questo lo sa Rfi e soprattutto lo sa il ministero: non è un caso l’atteggiamento avuto ieri da Matteo Salvini e di tutti gli altri esponenti leghisti. Il silenzio.