Proprio come la sua amatissima Sicilia (era nata a Messina) la vita di Anna Kanakis è stata baciata dall’abbondanza. Bellissima (Miss Italia 1977), attrice famosa, ospite […]

(DI ANTONIO PADELLARO – ilfattoquotidiano.it) – Proprio come la sua amatissima Sicilia (era nata a Messina) la vita di Anna Kanakis è stata baciata dall’abbondanza. Bellissima (Miss Italia 1977), attrice famosa, ospite apprezzata in tv per le sue opinioni mai banali. E, poi, scrittrice nella stagione resa più difficile dalla malattia incombente. Però piena di soddisfazioni per il successo di una vena narrativa scoperta tardi e forse per questo più ricca e matura. Se tocca a me parlarne in una giornata così triste (ci ha lasciati ieri mattina) è perché lei è stata una sincera e appassionata amica del nostro giornale, della nostra comunità, accanto a noi alle feste del Fatto Quotidiano, finché la salute glielo ha permesso. Al di là della nostra amicizia, sempre solare e con qualche improvviso temporale a cui seguiva il sereno (possedeva un temperamento molto, diciamo così, siciliano), ci univa una certa confidenza letteraria. Dopo aver pubblicato due libri di grande impatto sul pubblico (L’ultimo scandaloso amore di George Sand e L’amante di Goebbels) Anna aveva deciso di immergersi in una storia difficile. Le ultime ore del barone Jacques d’Adelsward Fersen, cocainomane e omosessuale descritto mentre vaga per l’isola di Capri sotto il peso del fallimento come uomo e come scrittore, schiacciato dalla riprovazione del mondo circostante. È il 5 novembre 1923: un anno prima il compimento della Marcia su Roma ha, con la violenza delle squadracce, issato al vertice del potere Benito Mussolini. Dopodiché l’Italia sprofonderà nelle tenebre dell’intolleranza con la persecuzione di ogni umana diversità rispetto alla ottusa dottrina del regime. Delle pagine toccanti di Non giudicarmi scrissi quando l’intolleranza eterna aveva appena fatto un’altra vittima: la ragazza transgender Chiara suicida nella sua abitazione a Napoli. Che dopo i soprusi a scuola e in famiglia diceva: “Sono senza uscita”. Mentre la nostra amica si addormentava, l’esistenza di un’altra giovane donna, Giulia, veniva interrotta, in un luogo senza uscita, dalla violenza bruta di chi diceva d’amarla. Anna avrebbe trovato sicuramente le parole vere per dire alle tante donne scoraggiate dal buio della ragione maschile di non arrendersi mai. Anna sapeva essere una tigre e come una tigre ha combattuto fino alla fine. Le diciamo grazie.