L’imprenditore che comprò la tenuta decise di patteggiare per la “tangentopoli romana”. Devono essere stati gli stessi furbacchioni che le hanno passato il comico russo certificandolo […]

(DI PINO CORRIAS – ilfattoquotidiano.it) – Devono essere stati gli stessi furbacchioni che le hanno passato il comico russo certificandolo come ambasciatore del Katonga, a consigliare alla premier Giorgia Meloni di allestire il G7 a Borgo Egnazia, valle d’Itria, Salento di lusso, con finto paesino pugliese, piscine e jacuzzi incorporate. Non sanno che quel sontuoso agglomerato di pietra leccese, insieme con la vicina Masseria San Domenico, i finti laghetti, gli chef stellati, il via vai estivo di elicotteri, il fritto misto di vip internazionali, viene dritto da una notevole storia di Mani Pulite, la cosiddetta “Tangentopoli romana”.
Protagonista, il proprietario e fondatore proprio di Borgo Egnazia, l’avvocato tributarista Sergio Melpignano, morto di malattia nel 2015, che negli anni d’oro era amico e consulente di tutti i baroni del potere romano, da Previti a Pietro Mezzaroma, da Gaetano Caltagirone all’avvocato Acampora, passando per qualche fior fiore di politici come Gianni Letta, Pier Ferdinando Casini e specialmente Massimo D’Alema, suo conterraneo, al quale, nel 2008, aveva venduto le colline del suo buen retiro, la Madeleine, tra le vigne di Otricoli, in Umbria. E che nei primi anni Novanta incappò – Melpignano, non D’Alema – nel vortice delle inchieste giudiziarie con mesi di carcere, interrogatori drammatici, processi. Tutto finito con un patteggiamento a un anno e sei mesi per corruzione.
Era la famosa inchiesta che il Tribunale di Perugia spalancò sui magistrati romani corrotti fin dalla metà degli anni Ottanta, gli anni dell’Italia da bere, che compravano e vendevano ville, case e terreni al Circeo, all’Argentario, a Porto Rotondo, sempre finanziati da banche compiacenti, amici generosi e consulenti zelanti: avvocati e fiscalisti. Melpignano era uno di loro. Curava i passaggi di denaro, fabbricava società, consigliava investimenti. Finì in carcere con uno dei tanti magistrati inquisiti, Orazio Savia, chiamato a rispondere di miliardi di lire che apparivano e scomparivano dai suoi conti.
L’inchiesta coinvolse, oltre ai magistrati, i signori del cemento romano, Armellini, Caltagirone, Mezzaroma e Domenico Bonifaci, all’epoca editore del Tempo, indagato per la distribuzione della maxitangente Enimont, 39 miliardi di lire.
Un po’ prima della catastrofe, Melpignano ebbe la favolosa idea di investire in quel pezzo di Salento a Sud del suo borgo natio, Fasano. Anzi: “L’idea ce la suggerì un’estate Caltagirone mentre raccoglievamo i fiori di camomilla”. Regina di tutti i possedimenti, è rimasta la vedova Marisa Lisi, ex maestra, anche lei di Fasano (“ero tra le ragazze più belle del paese”) rocciosa e vitale come uno dei suoi antichi ulivi scampati alla Xylella. Mosse un po’ di polvere ai tempi, quando si presentava ai colloqui col marito in carcere, esibendo il dito medio ai giornalisti. E sostenendo che i guai giudiziari della famiglia dipendevano dal malocchio.
È rimasta implacabile con il personale: “Se qualcuno non rispetta il silenzio e la riservatezza, lo licenzio”. Invece accogliente e morbidissima con gli ospiti: “Da noi i clienti non sono carte di credito, sono persone”. E dunque amica di tutti i passeggeri atterrati laggiù, da Henry Kissinger, alla nipote del presidente Biden, a Sean Connery, passando per Lucio Dalla: “Un fratello”.
Meraviglioso paese l’Italia, dove le macerie dei terremoti restano a terra per anni, mentre quelle delle inchieste giudiziarie fanno curriculum, oppure spariscono al volo, rifiorisce la vita e qualche volta il Resort. Provate a cercare Sergio Melpignano in Internet. Troverete ottime recensioni turistiche. Molto gossip. Elogi per i primati golfistici. Ma nemmeno una pagina su Wikipedia. Nulla sulle inchieste e sulle rivelazioni incorporate, tranne qualche residuo di cronaca locale e un paio di Cafonal di Dagospia.
Tutto ripulito. Tutto imbiancato dal business estivo. Tutto pronto per accogliere i 7 MasterChef della Terra il prossimo 13-15 giugno 2024. Giorgia – che a Borgo Egnazia ci passò qualche giorno, all’ultima ombra del ciuffo di Gianbruno – al solito non sa nulla. Lo scandalo non c’è più, archiviato anche lui nel Katonga, brindiamo.
tutto nella “norma” di questa destraccia
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