UNA DONNA SOLA AL COMANDO – Camere scavalcate. Il record: in 12 mesi 47 provvedimenti urgenti. In media 3,83 al mese, pure più di Draghi (3,20)

(DI GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – Il 3 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma della Costituzione che potrebbe introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio: l’obiettivo del governo Meloni è quello di approvare la riforma nelle due Camere e svolgere il referendum entro il 2025. Il disegno di legge della Carta ha lo scopo di rafforzare i poteri del governo nei confronti del Parlamento: “Con questa riforma diamo stabilità e credibilità internazionale all’Italia”, ha detto la premier Meloni venerdì scorso in conferenza stampa.

Peccato che, secondo i dati dei lavori parlamentari, nel primo anno di governo Meloni, l’esecutivo abbia già operato scavalcando le Camere e istituendo già un premierato di fatto. Secondo i calcoli di OpenPolis, l’esecutivo nei primi 12 mesi ha pubblicato 47 decreti-legge (provvedimenti che hanno un carattere di necessità e urgenza che devono essere convertiti dal Parlamento in 60 giorni) e posto 33 voti di fiducia, un modo per limitare il dibattito delle Camere.

L’abuso dei decreti e delle fiducie è una prassi molto comune negli ultimi governi ma l’esecutivo di Meloni sta superando i record negativi. La leader di Fratelli d’Italia è quella che ha pubblicato più decreti al mese con una media di 3,83 contro i 3,20 di Mario Draghi e 3,18 del Conte-2 che, tra l’altro, si erano trovati a operare durante l’emergenza pandemica. Anche per le fiducie, Meloni è al terzo posto con 2,5 al mese, superata solo dai 3 di Mario Monti e 2,89 di Draghi.

Una situazione che peggiorerà da qui a fine anno. Nell’ultimo mese e mezzo prima della fine del 2023, infatti, il Parlamento dovrà convertire ben nove decreti legge: il Senato dovrà approvare i decreti Sud, Proroghe, Anticipi e Fisco, mentre la Camera Bollette, Migranti, Campi Flegrei, Referendum. Resta il decreto sul Piano Mattei che non è ancora stato trasmesso alle Camere. Inoltre, Palazzo Madama si bloccherà fino a metà dicembre per l’approvazione della legge di Bilancio che poi passerà, blindata e senza possibilità di modifiche, alla Camera.

A questo si aggiungono tre disegni di legge governativi che dovranno essere approvati entro la fine dell’anno perché collegati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: il Concorrenza e le Guide Turistiche al Senato, mentre il Made in Italy andrà licenziato entro il 31 dicembre per non perdere alcuni finanziamenti.

Questo quadro però è ancora più complicato dalle riforme istituzionali – l’autonomia e il premierato entrambi al Senato – ma anche dalla riforma della Giustizia di Nordio che contiene l’abolizione dell’abuso d’ufficio: il termine per gli emendamenti scadrà il 21 novembre ed è probabile che il testo, almeno in prima lettura, slitti a inizio 2024.

Il cosiddetto “ingorgo” parlamentare avrà degli effetti diretti di compressione del dibattito parlamentare. L’obiettivo di convertire in legge i decreti entro la fine dell’anno porterà a porre diversi voti di fiducia (praticamente per tutti) e quindi limitare la discussione sui provvedimenti nelle due Camere. Resta il fatto che anche quest’anno, con ogni probabilità, deputati e senatori lavoreranno tra Natale e Capodanno.

A questo si aggiunge la strategia di Meloni di “blindare” la legge di Bilancio imponendo la regola di non presentare emendamenti al testo. Un accordo che è già in parte saltato nel decreto Anticipi, il primo collegato alla manovra, che è stato riempito di emendamenti da parte della maggioranza: 277 in tutto.