UN PARTNER DIVENTATO SCOMODO – Non occorrerà far ricorso all’espediente di uno scherzo telefonico per intuire che anche la coppia Giorgia&Bibi è destinata a non essere mai più la stessa di prima. Il sempiterno premier […]

(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – Non occorrerà far ricorso all’espediente di uno scherzo telefonico per intuire che anche la coppia Giorgia&Bibi è destinata a non essere mai più la stessa di prima. Il sempiterno premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e l’esordiente premier italiana, Giorgia Meloni, fino a ieri avevano più di un tornaconto comune nel rivendicare la propria sintonia; di più, nell’ergersi a portabandiera di quella destra sovranista, volitiva, refrattaria ai vincoli delle istituzioni sovranazionali, che sembrava avanzare dappertutto col vento in poppa.
A Bibi ha fatto comodo che la giovane presidente dell’Ecr (European Conservatives and Reformists Party), cui il suo Likud è affiliato tra i membri extra-Ue, conquistasse la guida di un Paese importante come l’Italia, in grado di condizionare le politiche comunitarie da lui giudicate troppo amichevoli nei confronti dei palestinesi. Quanto a Giorgia, chi meglio del vecchio falco israeliano poteva rilasciarle quel certificato di grande amica del popolo ebraico di cui – provenendo lei dalle file dei post-fascisti – continua ad avere bisogno per vincere le diffidenze degli altri leader occidentali? Non solo. Per Giorgia Meloni il profilo dell’Israele di Netanyahu, identitario nel rivendicare l’esclusiva natura ebraica dello Stato, ferreo baluardo anti-islamico, brutale nel filtrare gli immigrati, costituiva un modello esemplare di difesa dei valori tradizionali degno di essere imitato. Per questo Meloni aveva scelto prudentemente di restare in silenzio, la leadership di Netanyahu cominciava a scricchiolare. Quando nel governo di Bibi hanno fatto la loro comparsa ministri dichiaratamente razzisti e fascisti; e quando il governo estremista ha fatto leva sulla sua esile maggioranza parlamentare per neutralizzare i poteri della Corte Suprema, suscitando una protesta popolare senza precedenti. Mentre gli altri leader occidentali denunciavano il pericolo di una svolta autoritaria in Israele, tale da metterne in discussione gli equilibri democratici, Giorgia ha preferito far finta di nulla. Forse perché in futuro non le dispiacerebbe sovvertire anche in Italia il baricentro del potere a favore di un esecutivo forte. Ma ammetterlo sarebbe stato prematuro. Tale è l’investimento che la nuova destra faceva sul modello Netanyahu che, inusualmente, nel giugno scorso l’Ecr ha deciso di convocarsi fuori dai confini dell’Unione Europea, a Gerusalemme. E di nominare sua vicepresidente una ministra del Likud: Gila Gamliel. Da quando però si è riacceso nelle forme più violente e feroci il conflitto israelo-palestinese, l’atteggiamento della nostra presidente del Consiglio è sostanzialmente cambiato. Non lasciamoci irretire dalle roboanti esternazioni guerrafondaie dei tribuni della destra da salotto in televisione. Conta ben di più il fastidio non dissimulato da Palazzo Chigi di fronte alla manifestazione convocata dall’alleato Salvini per sabato a Milano nel nome di Oriana Fallaci, teorica del conflitto di civiltà con l’Islam. E a qualcuno sarà tornato alla mente che già nel dicembre 2018 Meloni si era dissociata da Salvini allorché definiva “terrorista” il movimento libanese degli Hezbollah: “Dobbiamo anche a loro se in Siria si fa ancora il presepe”, dichiarò in loro difesa. Quattro anni prima, nel luglio 2014, quando Israele scatenò su Gaza la campagna “Margine di protezione” in risposta a un attacco missilistico di Hamas, era stata sempre lei a prendere le distanze: “Un’altra strage di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti”.
Oggi, certo, non ripeterebbe parole altrettanto chiare. L’asse con Netanyahu è stato troppo redditizio, così come ben radicato in lei permane il culto della forza di cui si nutre la destra. Tanto più che Israele è stato colpito da un attacco criminale senza precedenti sul suo territorio. Eppure Meloni si è ben guardata dal fare suoi i toni aggressivi che in passato le erano abituali e che ora restano appannaggio dei suoi propagandisti meno avveduti. Ben altre parole ha usato in Senato lo scorso 25 ottobre mettendoci in guardia dalla “trappola di una guerra di civiltà che avrebbe conseguenze inimmaginabili”. E ha precisato: “Considero vitale il dialogo con i Paesi arabi e musulmani, in cui l’Italia svolge tradizionalmente il ruolo di ponte”. Né può essere sfuggito che, mentre Netanyahu rivendicava che questo è il momento di fare la guerra, sia pur timidamente il ministro Tajani ha avanzato la richiesta di “una tregua umanitaria”. Mentre Crosetto volava in Libano per ribadire il prezioso ruolo di interposizione svolto dai nostri militari nell’ambito della missione Unifil.
Una prudenza che deriva, certo, anche dalle prese di posizione nettamente filopalestinesi di Paesi come l’Algeria e la Tunisia cui l’Italia ha affidato i nostri rifornimenti energetici e il controllo sulle rotte dei migranti. Così come non può fare a meno di mantenere buoni rapporti con Paesi protettori di Hamas quali la Turchia e il Qatar, ambigui ma essenziali partner dell’Occidente. Il tragico cambiamento dello scenario internazionale rende traballante quello che sembrava un patto di ferro tra la destra italiana e la destra israeliana. Da lord protettore ad amico ingombrante, Benjamin Netanyahu non è più il genere di partner che Giorgia Meloni possa esibire volentieri, nel mezzo di una guerra dagli esiti imprevedibili. Bibi non fa che ripetere che la guerra sarà lunga. È il suo modo di mettere le mani avanti dopo essere stato colto alla sprovvista dalla barbarie e dalla forza militare di Hamas, dai suoi appoggi internazionali, dall’abilità con cui gestisce il destino degli ostaggi. Tra i molti fattori che aveva sottovalutato c’è anche la secolare scuola diplomatica dell’Iran che guida Hamas dietro alle quinte. Loro sì, a differenza di Bibi, sono tradizionalmente maestri nella gestione dei tempi lunghi.
La destra missina, di cui Giorgia Meloni è l’erede, ha marginalizzato con fatica al suo interno le componenti filoarabe di cui Pino Rauti, ammiratore di Nasser, fu uno dei principali esponenti; con tutto il seguito degli evoliani ammiratori del tradizionalismo islamico, non certo riducibili al folclore di un Buttafuoco.
Vero è che, prima della svolta atlantista di Almirante, già fra i post-fascisti non mancavano gli ammiratori di Israele, ai loro occhi piccolo Stato eroico e nazionalista. Così lo raccontava Giano Accame su Il Borghese fin dal 1962. Ed era stato un reduce della X Mas, Fiorenzo Capriotti, ad addestrare l’unità speciale della Marina israeliana che nell’ottobre 1948 affondò la nave ammiraglia egiziana nel porto di Gaza. A quei tempi il ghetto ebraico di Roma veniva ancora fatto oggetto di incursioni di manipoli neofascisti. Quando Israele riuscirà, tardivamente, a liberarsi del leader estremista che l’ha trascinato in un vicolo cieco, non sarà certo nella destra sovranista che troverà partner capaci di aiutarlo ad affrontare la questione palestinese e a migliorarne la reputazione. Ma intanto, pian piano, sottovoce, Giorgia Meloni comincia a rendersi conto di avere scelto per l’ennesima volta in Netanyahu il partner sbagliato.
Saranno gli stessi Palestinesi a liberarsi di Hamas e del suo orribile e sterile e velleitario terrorismo antisemita ed antiIsraele quando vedranno una pressione risoluta degli USA, dell’Europa e della Diaspora su Israele perché accondiscenda, obtorto collo ovviamente, alla creazione di un libero stato palestinese democratico a lato di un Israele libero da minacce ed anatemi
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Per cortesia non mi fate preoccupare!
Come va la vostra salute mentale?
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“Ma ammetterlo sarebbe stato prematuro”
Non so perché ma mi sovviene il conte mascetti!
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La strage di un popolo che non ha nemmemmeno la possibilità di scappare da MASSIVI BOMBARDAMENTI di NetanGnammh,
si ridurrà a:
“🎻un libero stato palestinese democratico a lato di un Israele libero da minacce ed anatemi”.
“È NATO UN ORFANO.
Un feto che era nel grembo della donna palestinese uccisa durante un bombardamento israeliano è stato salvato nell’ospedale dei Martiri di Al-Aqsa, in Gaza.
Un bambino arrivato al mondo in questo modo, se sopravvivrà e crescerà,
non porterà nel proprio cuore il dolore e l’odio contro Israele?”
Per favore, fatemi sapere, sono in apprensione per voi!
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In pratica le ha sbagliate tutte
la Meloni si è gemellata con NATO, USA UE E NETANYAHU e ha puntato su cavalli ehm personaggi bolsi.
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Per essere una articolessa del giudeo Gad Lerner è brano singolarmente onesto, lucido, equilibrato.
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