Crosetto: “Hamas disumana con i rapiti, ci aspetta una lunga guerra”. Il ministro della Difesa: «Se avessero avuto le armi dei nemici i terroristi avrebbero già ucciso tutti gli ebrei»

Crosetto: “Hamas disumana con i rapiti, ci aspetta una lunga guerra”

(FRANCESCO GRIGNETTI – lastampa.it) – ROMA. Il quadro del Medio Oriente è sempre più cupo. E il ministro della Difesa, Guido Crosetto, non ha mai nascosto il suo pessimismo. Così, al terzo giorno delle operazioni terrestri di Israele in terra di Gaza, avverte i naviganti: «Gli europei non si illudano, la guerra purtroppo sarà lunga».

Ministro, il segretario generale delle Nazioni Unite si duole perché, anziché una tregua umanitaria, sono arrivate azioni belliche ancor più martellanti. Che cosa risulta al governo?
«Quello che sanno tutti. E, d’altra parte, è il quadro che emerge anche nelle dichiarazioni pubbliche di Netanyahu e del loro capo di Stato maggiore della Difesa. Israele sta facendo quello che ha detto da giorni di voler fare. Andranno avanti. Vedremo quali potranno essere le conseguenze politiche. Certo, Israele non è Hamas. E, quindi, la reazione di Israele, per quanto dura, è la reazione dura di uno Stato democratico e di diritto che vuole colpire i terroristi di Hamas, non la popolazione palestinese. A chi in questi giorni mi dice che Israele di questo passo diventa come Hamas, rispondo una cosa molto semplice: se Hamas avesse avuto, in questi anni, il potenziale bellico di Israele, Israele non esisterebbe più e non ci sarebbe più un ebreo, in Palestina. Questa è la differenza fondamentale. Hamas vuole la distruzione totale, in qualunque modo, di Israele e di tutti gli ebrei. È questo il loro scopo».

Lei è stato uno dei primi a consigliare cautela.
«La storia ci dimostra che, durante una guerra, le operazioni “chirurgiche” sono molto difficili, se non impossibili… Per cui è drammaticamente scontato, purtroppo, che ci siano e che ci saranno delle conseguenze civili, anche drammatiche».

Tre giorni di bombardamenti continui su una città non possono lasciare dubbi su che cosa sta accadendo a Gaza.
«Finora non abbiamo ancora visto bene cosa è accaduto per un motivo tecnico. Perché sostanzialmente è stato paralizzato l’accesso a Internet in tutta la zona delle operazioni. Israele ha bloccato tutto con un attacco cyber fortissimo, ma credo che nelle prossime ore dobbiamo attenderci un’intensa attività social da parte di Hamas e dei gruppi palestinesi e arabi a essa collegati».

In effetti si stanno ripristinando i collegamenti.
«E sappiamo tutti che le guerre, ormai, si combattono anche con i social. Per Hamas è un punto cruciale: può sperare di sopravvivere in questo scontro fortissimo, che lei stessa ha voluto, soltanto se riesce ad infiammare le piazze musulmane e spaccare l’opinione pubblica mondiale».

Qualche piazza arrabbiata si è vista anche da noi in Italia. Le immagini di Gaza distrutta, e dei bambini morti, non possono non commuovere.
«Chiunque conosca Israele, avendo visto i massacri di civili inermi opera di Hamas, sapeva che la reazione sarebbe stata durissima. Israele ha la necessità di mostrare la sua forza perché la sua stessa sopravvivenza è legata alla capacità di deterrenza nei confronti di vicini ostili che, dalla sua nascita, lo vogliono distruggere. Hanno la necessità di lanciare un messaggio di forza dopo una brutta ferita che ne ha rivelato una debolezza che nessuno si aspettava. L’ingresso dentro Gaza fa parte di questo “copione” obbligato».

Secondo lei, è già iniziata l’invasione o siamo ancora ai primi passi?
«Non è facile dirlo anche se penso sia partita. Di sicuro quella di Israele è un’azione tecnicamente molto difficile perché a Gaza non c’è un “quartiere” di Hamas che puoi isolare dal resto dei siti abitati. Hamas ha il controllo totale di tutta la Striscia e delle sue città. E abbiamo capito tutti che coesistono due città: una in superficie, abitata da gente normale, fatta di civili, uomini donne e bambini; e poi c’è una seconda città, nascosta nelle viscere delle prime. Gli israeliani non possono raggiungere l’una se non attraverso l’altra. Questo è il dramma».

Un dramma fatto di sangue innocente.
«Gli israeliani hanno messo in conto il fatto che pagheranno un prezzo altissimo, umano e mediatico».

Anche a costo della vita degli ostaggi?
«Gli ostaggi sono un’ossessione soprattutto di noi occidentali. Un’ossessione che ci serve per mostrare che noi conserviamo ancora un senso di umanità, quella che Hamas non ha. E ci serve per mostrare un ramoscello di ulivo verso Israele».

Intanto si schierano Putin ed Erdogan.
«Putin mi ha sorpreso, ma fino a un certo punto. Israele era stato attento a rimanere sempre neutrale, tra Mosca e Kiev… Ora però la Russia ha fatto una scelta di campo netta verso l’Iran, da cui le arrivano molta parte dei droni che proprio ora sta utilizzando nella guerra in Ucraina».

E il turco Erdogan?
«Una posizione molto più difficile da capire, la sua. Che Gaza avesse un valore particolare, per la Turchia, si sapeva. Stupisce però il modo con cui si sta ponendo al fianco di una organizzazione terroristica come Hamas e con una così forte determinazione e ostentazione, pur sapendo che nella Nato si troverà assai isolato. Erdogan avrebbe trovato molti alleati, nella Nato, invece, facendo il discorso dei “due popoli, due Stati”. Schierandosi con Hamas, e senza una sola parola di critica per gli eccidi dei civili israeliani inermi, un qualche peso, questa sua posizione, anche nella Nato, l’avrà. Infatti, ho intenzione di visitare Ankara a brevissimo per capire di persona la loro posizione».

Lei è stato da pochissimo in Libano. La situazione qual è? Le navi militari inviate a Cipro servono a evacuare i nostri militari?
«Avevo deciso io, la settimana scorsa, di inviare una nave militare su Cipro perché pensavo fosse necessario avere una nave in zona, in caso di peggioramento della crisi. Io preferisco essere prudente quando ci sono situazioni di questo tipo. Adesso sono state mandate altre due navi cariche di aiuti umanitari. Ci siamo impegnati fin dalla sera in cui è partito l’attacco di terra, sia con i voli dell’aeronautica, sia riempiendo queste navi, nell’aiutare Gaza con medicinali, tende e viveri. L’Italia aiuterà i palestinesi che sfolleranno verso il Sud di Gaza. E così si stanno impegnando anche altre nazioni. Vorrei che l’Onu stessa e anche la Nato si impegnassero in questo senso».

La nostra storica equivicinanza con i popoli del Medio Oriente potrebbe servire, come fu nel 1982, ad una soluzione per Hamas simile a quella che permise l’uscita da Beirut al gruppo dirigente dell’Olp e ad Arafat?
«Intanto precisiamo che il capo di Hamas vive in un hotel a cinque stelle con vista Golfo Persico. Questo per dire la differenza con Arafat. Ma temo che le cose siano andate troppo in là e non è oggi il momento di interlocuzioni tra Israele ed Hamas. Sarà guerra. E dico a tutti, agli italiani, agli europei, che sarà una guerra lunga. Molti pensano solo a come costruire le condizioni per la prossima settimana di vita. Per noi occidentali questo problema, come altri, va risolto subito. Il dente va tolto e si pensa subito ad altro. Invece questo è un dente che non riusciremo a toglierci. Dobbiamo iniziare a ragionare sulle conseguenze di questa guerra, come pure di quella in Ucraina, per l’Europa, per il mondo, per la ricomposizione delle alleanze mondiali, nel medio e lungo periodo e non nel breve».