Nel citare (senza troppo approvarla) nel suo ultimo libro “L’Essenziale” la frase di cui sopra – tratta dall’opera del grande reporter internazionale: “Il cinico non è adatto a questo mestiere” – Giovanni Floris ci consente […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “È sbagliato scrivere di qualcuno senza averne condiviso almeno un po’ la vita”. Ryszard Kapuscinski
Nel citare (senza troppo approvarla) nel suo ultimo libro “L’Essenziale” la frase di cui sopra – tratta dall’opera del grande reporter internazionale: “Il cinico non è adatto a questo mestiere” – Giovanni Floris ci consente di fare qualche considerazione sul mestiere di giornalista oggi. Un rimando di libri e di citazioni il suo, connaturato agli “appunti di un lettore avventuroso”, ricco di spunti e di bibliografia colta in forma di zibaldone contemporaneo (definizione leopardiana che non dispiacerà all’autore).
Noi dal nostro piccolo osservatorio sulle mattanze in corso – dall’Ucraina a Israele, a Gaza – ci permettiamo invece di sentirci in sintonia con il pensiero del maestro polacco. Perché esiste un dato di realtà legato all’informazione dal fronte da cui siamo continuamente bombardati che necessita del coinvolgimento pieno (nel corpo e nello spirito) dei reporter di guerra. Anche se condividiamo con Floris una certa diffidenza verso l’idea “che un bravo giornalista debba essere innanzitutto una persona buona, empatica, che sappia soffrire con coloro di cui vuole raccontare le sofferenza, che sappia entrare nel mondo che descrive”. Un giornalismo perciò non cinico ma “quel tanto distaccato da mantenere l’oggettività”.
Giusto, ma se prendiamo la televisione come prevalente fonte di conoscenza e di analisi degli accadimenti in corso (esempio ritagliato sulla figura mediatica di Floris) nel rapporto con chi guarda e chi ascolta non è difficile distinguere due livelli almeno di coinvolgimento. Con gli inviati sul posto che trasmettono da zone che dovrebbero essere all’interno di perimetri di sicurezza ma non lo sono affatto (ventuno i giornalisti uccisi in Medio Oriente nelle prima due settimane di conflitto). Professionisti che hanno la possibilità di condividere “almeno un po’ la vita” di coloro che soffrono al di qua e al di là del muro di Gaza. Senza che ciò condizioni le loro cronache ma anzi le arricchisca. Poi ci sono coloro che trasmettono una empatia per così dire indotta verso una fazione o verso l’altra, in certi casi sincera ma che normalmente scaturisce da precostituite visioni politiche e ideologiche. Sono quelli del “secondo me” e quasi sempre tranciano i loro pre-giudizi accomodati in uno studio accogliente. Nel mercato della faziosità c’è indubbiamente poco spazio per le opinioni che si sforzano di analizzare e distinguere. È anche vero però che se nel talk mancano le voci in contrasto che si sovrappongono dov’è lo show? A proposito della immane strage dell’ospedale di Gaza ha scritto sulla “Stampa” del 18 ottobre Assia Neumann Dayan che “nemmeno i filmati, nemmeno le fotografie, nemmeno i testimoni faranno cambiare idea a chi dice che è stato Israele o a chi dice che è stato Hamas. Quindi”, si chiede la nipote dell’eroe di Israele, “è ancora importante la verità? E a cosa serve la verità se nessuno è disposto a crederci?”.
Prova
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La verità è comunque importante dal momento che è una sola, e non dovrebbe essere così difficile da individuare.
Importante a prescindere da chi è quanti, poi, ci vogliono credere.
A cosa serve?
Serve a sapere che si può raggiungere.
Che non è una chimera come vorrebbero farci credere i manipolatori che hanno interesse a non farla conoscere.
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Apprendo da questo articolo che Floris e’ un “giornalista”, per me e’ una notiziona,anzi uno SCOOP.
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Mi è rimasta fissa nella memoria l’immagine di Floris paonazzo con la bava alla bocca (letteralmente) mentre intervistava la Raggi.
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